LA DANZA DELL'ALBERO - 2008 olio su tela 55 x 85
LA DANZA DELL'ALBERO - 2008 olio su tela 55 x 85

 

 

E TUTTO

 

FU....CHIARA

 

 


 

CAPITOLO PRIMO

 

HO FATTO IL PASSO


 

 

30 giugno 2002 ore 21, 30

Ho scritto finalmente il tuo nome sul mio computer: ho tracciato il solco.

Ho fatto il passo.

Dichiaro al mondo dopo averlo dichiarato a me stessa e poi a te che ti amo.

Affermo di essere una donna omosessuale. Sono orgogliosa, di esserlo.

Lo sapevo da sempre, proprio quella è stata la paura che mi ha allontanato da te quando ci siamo conosciute: ho sentito che tu mi avresti portato proprio qui dove sono.

Ed ora ci sono e ci resto e mi sembra di aver trovato l'approdo.

Nessun uomo mi ha mai fatto provare il piacere con il suo membro, solo le mie mani potevano e l'idea di prenderli, di possederli.

Io assomiglio a loro, non sono una donna, non sono un uomo, sono omosessuale, adesso lo so, adesso sono completa.

Più di un uomo, più di una donna. Così come tu sei e chi mai può capirci? Chi mai può accettarci?

Quale uomo può non restare schiacciato, annientato da tutto questo?

Ecco perché ogni rapporto con ognuno di loro è stato solo distruttivo: o fuggivo io o fuggivano loro.

Mentre io sono creativa, io sono sincera, io sono composita, sono piena d'amore.

Tu puoi capire il mio amore, tu puoi amare il mio amore. Tu puoi volere il mio amore. Tu puoi avere bisogno del mio amore.

Tu puoi amarmi.

Forse non lo vuoi, ma puoi farlo. E farti amare da me.

Chiara, come è tutto chiaro finalmente adesso, come la risposta che ho trovato, come la speranza che è appena nata. Come il futuro che è davanti a me.

Chiaro dopo tante tenebre.

Mi batterò per me, adesso, mi batterò per noi e per tutte quelle come noi.

Io voglio fare qualcosa per affermare la nostra razza.

Io voglio raccontare a quelle come noi che non hanno il coraggio di accettarsi come devono comportarsi per farlo. E perché devono farlo.

Aiutami.

Tu sei una bambina, io una donna matura.

Ma mi sento appena nata.

Tienimi a battesimo.

Varami.

Stai con me, amiamoci. Abbandonati a me, lascio che io finalmente mi abbandoni a te.

Se così non fosse allora io davvero non avrei più una riva. Mi sentirei sputata fuori da me stessa. Non saprei più dove andare.

Dammi la mano e vieni via con me.

 

Ecco il rito della trascrizione dei nostri messaggi telefonici.

Vorrei che fosse una verginità ma nella mia mente lo è.

Te l'ho detto che sei dilagata dentro di me.

Ed ora ti tengo sotto la mia pelle.

Così affido alla memoria della carta le nostre parole, gli emblemi del nostro amore.

Ed è giusto così.

Sorgo dalle acque.

 

 

CAPITOLO SECONDO

 

UNA TELEFONATA

 

INATTESA

 

15 giugno sera inoltrata.

Sola nella mia cucina sentivo il vuoto riempirmi, un vuoto pieno di tanti nomi maschili, troppi.

Di tanti visi, di tante storie inutili, dannose, aride.

Eccitazioni e piaceri che facevano male, che lasciavano un retrogusto così amaro da nauseare.

Ma qualcosa io dovevo trovare, io sapevo che qualcosa c'era e andavo avanti.

Così come sono io, senza paura, a testa bassa, senza interruzione, senza inibizioni.

Senza vergogna perché io non facevo nulla che la mia coscienza mi dicesse sbagliato.

Non mentivo, l'intento era dichiarato. Non rubavo, prendevo solo quello che mi veniva donato. Non violavo, perché erano giochi senza alcuna prevaricazione.

Amavo quello che facevo, lo trovavo importante, insostituibile e c'ero fino in fondo.

Per quanto potesse sembrare perverso, io cercavo e donavo solo amore.

Se non poteva essere mio l'amore del cuore, se dopo tutte le mie storie naufragate, nessuno poteva o voleva condividere con me il sentimento al quale io avevo dedicato la mia vita, allora mio sarebbe stato l'amore dei corpi.

I corpi hanno una musica, i corpi hanno parole. Hanno un fluire, hanno un'essenza.

Muti, avvinghiati nel piacere, innalzano un inno alla vita che non ha secondi fini, che non ha menzogne.

Che vive di impulsi non schiavi della mente illusoria.

I corpi sono schietti, i corpi sono onesti.

Chiedere e donare il corpo mette al riparo dalle menzogne degli esseri umani, taglia la gola alle falsità di chi, in nome dell'amore, entra solo per rubare, dominare.

Io, quello sentivo allora chiaramente e di conseguenza mi comportavo.

Ma la mia via, quella, non l'avevo ancora trovata.

 

Così, a tarda sera, che era quasi mezzanotte, stavo al fresco di una estate giovane giovane ma già assai calda e respiravo i miei pensieri muti.

Il cellulare squillò.

Lo presi in mano, era appoggiato sul tavola di fianco a me e lessi il nome di chi mi stava chiamando. Non erano certo inusuali chiamate a quell'ora: magari qualche amico aveva avuto desiderio di me.

Il nome che lessi mi scosse di stupore: Chiara.

Un amico comune ci aveva fatto incontrate a gennaio di quel 2002, un uomo fatto che andava gloriandosi di avere una giovanissima amica lesbica in cerca di signore mature.

Bene, io ero decisamente una signora matura e un incontro del genere mi attirava immensamente.

Gli chiesi allora di mettermi in contatto con lei e lui mi propose una pizza insieme.

Mi recai al luogo dell'appuntamento, in una cittadina poco lontana dalla mia. Arrivando gli telefonai e lui mi disse che mi stavano aspettando all'interno del locale, così entrai e li cercai con gli occhi tra i pochi tavoli occupati in quella serata infrasettimanale.

Quando la vidi, che mi guardava, dato che mi aveva vista arrivare, tremai.

Mai avevo visto una creatura così bella.

Come raccontare il volto di un angelo? Come descrivere il viso di una bimba? Come narrare la malia della seduzione sciolta dentro due occhi? Come cantare la meraviglia di una donna appena sbocciata?

Non ebbi e non ho parole adatte, solo posso ricordare il turbinio dei miei pensieri:

bella, bella, bellissima

pura

maliziosa ammiccante

dolce

amara selvatica

felina

rosa e spina spina e rovo rovo e prigionia

un giunco un'erba al vento della sera

calamita baratro illusione oblio

droga oppio assenzio

profumo sorriso di viola

E gli occhi suoi, dove gettarmi a capofitto, perdermi, né più desiderare di ritrovarmi.

 

Il passo incespicò ma comunque riuscii a raggiungere il tavolo, mi sedetti e vidi che la mia emozione era evidente, che lui e lei ne erano eccitati, ma che lei ne era toccata e felice.

Mangiammo bevemmo parlammo.

Lui scomparve.

Ogni tanto provava ad inserirsi e a riportare il discorso verso il suo desiderio, un incontro a tre, ma invano.

Noi parlavamo, io l'ascoltavo, le parlavo, lei mi ascoltava, mi parlava: sembrava che non vi fosse altro.

I suoi occhi erano sempre più profondi ed io sempre più a fondo mi immergevo in essi, bevendo la loro luce.

Le parole erano facili, così facili. Così combaciavano, come fossero nate dalla sua e dalla mia bocca cucite insieme.

I suoi pieni nei miei vuoti, i miei pieni nei suoi vuoti.

Aderimmo.

Alla fine della cena lui mi invitò a salire con loro nella sua macchina per continuare a parlare più intimamente.

Mi chiese, sfrontato e desideroso di concludere, se lei mi piacesse ed io risposi sorridendogli, senza dire una parola.

Mi disse di prenderle la mano ed io obbedii come un automa, ma davvero non desideravo altro, solo, una timidezza improvvisa mi bloccava, come avessi paura di sporcarla ma anche come se per afferrarla avessi dovuto sporgermi troppo da una altura scoscesa e precipitare di sotto.

Ma presi tra le mie la sua diafana mano infantile e dolce di studentessa del primo banco, di allieva di pianoforte e lei me la donò, abbandonandola come una regale concessione.

Palpitava come una colomba, quella tenera mano ed io portai il palmo alle mie labbra e vi deposi un casto lievissimo bacio, perduta in un coro mai udito, mai neppure sognato.

La voce di lui mi riscosse: le stava chiedendo se lei volesse darmi un bacio.

La vidi quindi avvicinare il suo viso al mio e posare con un moto fuggevole ma ardente, per un attimo brevissimo che continuò a ritoccare sulle mie labbra, le sue labbra in un contatto di seta.

Poi si discostò ridendo, distogliendo gli occhi da me, adducendo scuse di ora tarda e la volontà di rimandare ogni altro contatto.

Chiese di essere riaccompagnata a casa ed io scesi dalla macchina restando ferma lì accanto per guardarli partire e cogliere il suo saluto con un cenno della mano ed un ultimo penetrante sguardo.

Mentre guidavo verso casa avvolta in una sensazione di irrealtà e sospensione mi giunse un suo messaggio. Ce ne scambiammo diversi, anche quando io ero già nel mio letto, frastornata, sognante, rapita, incredula felice.

Al mattino dopo arrivò presto il suo buongiorno, ma io non risposi.

Quel baratro era troppo profondo.

Mi dissi che la fanciulla era troppo giovane e che non sarei stata io a profanarla in giochi senza amore: lei ventun anni, io quarantasette.

Mi dissi che non ero la donna adatta per lei: piena di problemi, ammalata, povera.

Sapevo che avrei sofferto. E così non le risposi.

All'amico dissi la verità, quello che pensavo e rifiutai altri incontri.

Di certo la piccola Chiara si offese al mio silenzio e così cadde il sipario su tutto: possibilità, desideri, paure.

 

Così, quella sera del 15 di giugno, leggere il suo nome sul display fu un colpo basso che io accusai per intero.

Ero sguarnita, senza difese: la regina nera non aveva né alfieri né cavalli né torre che le salvassero la vita dall'attacco improvviso. E così la regina bianca ebbe vinta la partita interrotta.

 

Chiara stava piangendo.

Al telefono la sua voce era quella di una bimba sola e triste. Mi raccontò che aveva bisogno di parlare con qualcuno, che aveva scorso i numeri della sua rubrica e che si era soffermata sul mio nome, interrogandosi, poi, d'impulso, aveva schiacciato il pulsante della chiamata.

E fummo là, voce nella voce, in un attimo, come quella mano di colomba non avesse mai lasciato la mia.

Mi raccontò di un uomo maturo, un professore, di un incontro, di un amore breve e tormentato, di scelte di quell'uomo che sentiva, troppo e a ragione, il peso della sua giovane età, di un sogno che sembrava vero, di nostalgia e sconcerto a collocare l'amore per un uomo nella sua certezza omosessuale che datava già diversi anni. Mi raccontò di disagi e desideri, di impeti e ripensamenti. Era smarrita e molto dolente.

Io allargai le mie grandi braccia e lei vi si adagiò dentro.

 

Era quasi mattino che ci separammo, salutandoci con accorata tenerezza, la sua voce che aveva preso da un po' il colore del sonno e la mia, che aveva del tutto carpito il colore dell'amore...

 

Coup de foudre.

Quello il mio modo di innamorarmi ed amare. Da sempre.

L'incontro è per me un calice di vino ambrato dolce e liquoroso che la mano del destino mi porge e che io bevo, d'un fiato, ritrovandomi così: ebbra, senza più avere il tempo di tirarmi indietro, senza poter fare calcoli ragionamenti, senza la possibilità di conoscere la persona di cui mi innamoravo.

Come quella vita, quel viso, io li conoscessi da sempre, come tutto io già sapessi, pur se nulla sapevo, come non ci fosse paura incertezza.

Ave Caesar, morituri te salutant.

E via, incontro alla morte per folgorazione con il sorriso sulle labbra, la vita tra le mani, il passato dietro le spalle, il futuro a tappeto per i suoi piedi.

 

Così fu, anche con Chiara, soprattutto con Chiara.

E, ancora una volta, dopo Riccardo, il tramite di quell'amore furono i messaggi telefonici, tra un cliente e l'altro, tra uno spostamento e l'altro, tra una suo impegno e l'altro, intercalati da lunghe lunghissime telefonate, soprattutto a notte fonda, fin quando la sua voce si spegneva nel sonno.

Pochissimi furono gli incontri, tra noi.

E un altro modo di raccontare questa storia io non trovo se non attraverso quei messaggi e gli scritti che fiorirono per lei, allora, che io le leggevo al telefono, con voce sussurrata ed emozionata.

I primi messaggi sono parziali, forse non pensai subito di salvarli. Solo qualche giorno dopo cominciai a farlo in modo sistematico. Ma oggi ripropongo una versione romanzata di quanto accadde, ovviamente cambiando i nomi delle persone e delle località per la protezione della privacy. Ma anche gli accadimenti, le parole.

Tutto resta filtrato dal mio ricordo.

Sono passati 10 anni e moltissima acqua è passata, violenta e tumultuosa, sotto il ponte della mia vita. Il mio ricordo è una lente che deforma. Troppe parole sono state scritte su di me, sul mio modo di narrare le mie storie d'amore, sul mio modo di presentare il comportamento dell'altra parte in causa.

Quello che qui narro è una storia, come la ricordo io, come mi piace e posso ricordarla.

Quello che è avvenuto veramente, quello che è stato scritto davvero io, non lo ricordo più.. non esiste più, non lo riporto più, non ha più importanza.

Non desidero offendere nessuna delle donne e delle persone che ho amato e siccome proprio quello ogni volta accade, come ho già scritto, le mie storie non sono autobiografiche e vere, ma il filtrato della mia mente e della mia sensibilità.

Che dicono essere malata.

E ciò vale per questa storia ma anche per quelle narrate in precedenza.

Preferisco pensare di essere malata che malvagia. Da anni sono stata dichiarata malata di mente, ed io non l'ho mai nascosto, mai, a nessuno. L'ho scritto e dichiarato dovunque.

Pur la mia mente sembri lucida, non lo è.

Ma il mio cuore non è malvagio, eppure se il mio modo di agire crea dolore nelle persone che ho amato ed amo, correggo le mie dichiarazioni.

Nulla di vero c'è, in quello che scrivo.

Solo il frutto di una fantasia troppo fervida, troppo sofferente.

Se volete leggere, sognare, soffrire con me, siete i benvenuti.

Ma nessuno è mio carnefice: io lo sono di me stessa.

 

CAPITOLO TERZO

 

UN BIANCO BATTELLO


 

16 giugno – 19;01

C.: - No, non hai osato... Mi sono svegliata presto e sono andata al parco. Torno ora... In coma. PS. Non ci si abitua mai a certe cose.

C.: - E tu l'hai sentito il mio desiderio posarsi li.......?

 

19 giugno – 13;05

A.: - In pausa. Ti penso. Mescolerei sorrisi e parole guardandoti negli occhi, agognando il tocco leggero della tua mano. Ricordo la dolcezza delle tue labbra.

C.: - Si. Sai, credo di averti sognata, questa notte. È stato un sogno confuso di cui ricordo poco, ma ho la netta sensazione di averti sognata.

A.: - Ero in una grande officina. Caldo. Rumore assordante. Ovunque scintille dai saldatori curvi sui loro ferri anneriti. Lamiere e colpi di martello. Ed ecco su tutto il volo di una farfalla.

 

22 giugno – 00;10

A.: - Come vedi sono un'apprendista nel fare la corte alle tenere cerbiatte. Goffa ed incerta. Ma stasera avevo deciso che ti avrei baciato. Fai conto che stia posando le mie labbra sulle tue. Tu, cosa fai?

C.: - Fra pokeristi ed altre categorie varie, sto pensando..... A come sarebbe stato....

A.: - Certamente ci avrebbero guardato tutti con sorpresa e poi ognuno mi avrebbe invidiato desiderando essere al posto mio. Quando poi la mia mano sarebbe salita a cogliere il tuo piccolo seno......

 

03;04

C.: - Scusami ma ho un po' di gente... un po' rompiballe, della serie: mi fai questo, voglio quello.... mi dai quell'altro... Solo ora respiro un attimo. Non volevo affatto interrompere... E se sapessi che non stai dormendo ti direi: continua!....

 

14;17

C.: - Sono sotto il 'mio' Conero e dovrei essere felice. Ma ho un senso di vuoto dentro. Forse dovuto al fatto che sono qua con persone che con me non hanno nulla a che vedere. O forse dovuto al fatto che questo posto è davvero magico e dotato di una fantastica malia avvolgente solo se condivisa con l'Amore. Sono felice di esserci, ma la tristezza spesso mi avvolge tramutandosi in folate di vento caldo intriso di salsedine e di odori magnifici.... Un bacio.

A.: - E vorresti che ci fosse qualcuno che ami a dividere quella emozione con te. E guardando due che si baciano ti senti portare via. È vero, così accade. Ma l'amore ha vie tortuose ed abnormi motivazioni. Il nostro cuore è incomprensibile. Amore della madre. Amore del padre. Braccia che ti cingono e che ti sollevano. Amore del compagno nella buona e nella cattiva sorte. Perduti. Mai avuti. E in più noi non sappiamo mai se sarà un uomo od una donna che ci ruberà quel sospiro che ci allargherà il cuore e ci riempirà di luce gli occhi. Vorrei davvero che noi potessimo, perché ti sento così comprensibile.

C.: - Non guardando due che si baciano, ma guardando un paesaggio stupefacente come quello che fa perdere i miei occhi in questo momento.

 

22;33

C.: - A cosa stai pensando? Non essere triste, fantastica un po' con la mente. Gioca con lei e parti... Dove e cosa vorresti fare , in questo momento?

A.: - Vorrei essere con te su uno di quei bellissimi battelli bianchi che costeggiano i fiordi norvegesi. Appoggiate alla balaustra di prua guardare la costa verdissima sfilare via. Tenerti con un braccio stretta a me e sentirti con la spalla contro il mio petto. Abbiamo cenato bevendo birra danese ed un leggero rossore ti colora le guance. Sei bella e negli occhi tuoi luminosi si specchiano gli alti speroni di roccia e si frangono le lunghe onde fredde del nord in mille spume bianche. Alzi il viso verso di me per ricevere un altro degli innumerevoli baci che poso sulle tue labbra morbide e dolci. La tua lingua si insinua nella mia bocca ed io bevo la tua saliva che mi ubriaca più di un qualsiasi forte liquore. Passo la mia mano tra i tuoi capelli e sento l'asciuttezza della tua nuca. Premi contro di me, aderendomi tutta. Sento il tuo pube che mi cerca ed i tuoi capezzoli ergersi sotto la camicetta leggera. Li sfioro con le dita poi li cerco con le labbra dopo che il bottone che li imprigionava si è arreso alle mie dita. Ti sento sospirare e la tua pelle diventa dolcemente increspata. So che mi desideri. Ti guido allora nella nostra cabina. Lentamente ogni bottone cede alle mie insistenze e ti trovo finalmente nuda di fronte a me. La tua pelle ha un sapore di fiori e di miele ed io ne percorro ogni lembo con la mia lingua e ne frugo ogni recesso. L'incavo della tua gola si tende sotto i miei baci, il seno e i fianchi fremono sotto le mie carezze. Le tue lunghe infantili delicate cosce si schiudono per me. Sento le tue labbra più intime aprirsi al mio tocco e non resisto. Voglio baciarle e bere il tuo piacere. È il bacio più bello che mi sia stato concesso. Ti abbandoni e deliri di effluvi mi annebbiano la mente. Grande sale in me una febbre insinuantesi in tutte le mie fibre. Ti bacio e suggo, ti tocco e penetro in te con le dita i pensieri i desideri. Mi culla il suono dei tuoi gemiti e mi porta lontano. Dove tu arrivi alfine, portata dal mio amore e dall'odore del mare. Ed è un luogo meraviglioso e cangiante, un nido intimo e profumato dove possiamo cullarci nella più antica ninnananna. Senza mai slacciare le nostre mani.

C.: - Senza parole. Solo con fremiti profondi addosso..... mi hai estenuato.... e tu, come ti senti?

 

23 giugno – 01;42

C.: - Sono tornata da mezz'ora e sto appoggiando il mio corpo caldo e completamente baciato dal sole sul letto. Ieri sera ho dovuto spegnere il cellulare perché la batteria si stava scaricando velocemente e non avevo il carica batterie con me. L'ho poi riacceso solo per telefonare ai miei. Tu come stai? Che starai facendo? Sai, alla fine sono stata bene....

A.: - Ciao! Stavo dormendo..sono contenta che tu ti sia divertita....

C.: - Scusami se ti ho svegliato, domani poi ti racconto. Comunque non mi sono divertita, ho cercato di stare bene. Ma sei arrabbiata con me forse perché non ti ho più detto nulla? Scusami ancora per averti svegliata. Sinceramente pensavo tu fossi sveglia... e poi ne avevo voglia...Ti bacio.....

 

  • Ero così accesa di lei ma ancora lottavo contro me stessa. Ogni sua parola mi entrava dentro con un'eco che abbatteva ogni mia residua resistenza. I pensieri non avevano più un luogo se non accanto a lei. Ma la sentivo così sfuggente. E questo mi spaventava, mi faceva arrabbiare. Era come una bambina monella che gettasse il sasso e poi nascondesse la mano. Ed io sentivo quanto pericoloso fosse per me quel suo modo di essere. Mi spingeva lontano dalle mie rive sicure, mi incitava mi portava ad avanzare e poi mi lasciava completamente sola in quell'oceano sconosciuto ed in tempesta.

  • Anche quella notte, dopo che la mia fantasia si era accesa ed il desiderio di lei era diventato lancinante e mi ero scoperta raccontandole il mio desiderio ed il mio sognare ad occhi aperti, non mi aveva più risposto. Non sapevo con chi era, cosa facesse. La gelosia pungeva, l'ignoto mi toglieva certezze. Perché non mi rispondi, Chiara, domandavo al cellulare muto. Così mi ero addormentata, stranita e sfinita da ore di attesa inutile e senza risposta. La domanda che mi torturava era: fa un gioco innocente o...... così non risposi. Se poteva sparire così lei senza una spiegazione, lo potevo fare anche io. -

     

17; 36 - le ore passavano nel suo e mio silenzio. A pomeriggio inoltrato un suo messaggio lo ruppe. -

C.: - Che cosa starai facendo? A cosa i tuoi pensieri saranno rivolti?

A.: - Avvolta in pensieri tumultuosi ed in uno scompiglio più totale. Come stai?

C.: - Scompiglio? Spero che sia uno scompiglio che, come profumi di primavera, porti nella tua mente un'ondata di... effimero piacere...

 

19; 44

C.: - Sto pensando tanto. Molto. A tutto ciò che mi gira intorno. Prima stavo scrivendo, poi ero al lavoro ed ho avuto parecchia gente al circolo. Ora, davanti ai resti di un tramonto infuocato ancora penso.....

A.: - Io pure ho avuto una giornata molto piena e non ho ancora finito. Mi fermo guardare i resti di un tramonto infuocato. E penso........

 

24 giugno – 00;47

C.: - Speravo di sentirti, oggi. Notte...sogni eccitanti......

 

  • Non l'avevo cercata, non le avevo telefonato. Ancora i baluardi di difesa erano forti in me.

  • Ancora mi vedevo con il mio ultimo amico, Luciano, un camionista grande e grosso con due immensi occhi azzurri . Era il gigante buono delle mie giornate da quasi un mese. Ovviamente sposato ed infelice con la moglie, cercava in me quello che il suo matrimonio non gli aveva mai dato.

  • Io in lui cercavo un rifugio per i miei pensieri che altrimenti avrebbero vagato solitari e disperati. Sapevo che non c'era futuro per noi, sapevo benissimo che lui non sarebbe mai stato il mio compagno e, alla fine non mi importava affatto. Avevo ben capito che non ero certo adatta a nessun genere di legame duraturo. Ma la sua presenza riempiva la mia solitudine, mi dava un rifugio, una certa qual sicurezza.

  • Come scommettere tutto su quella enigmatica sfuggente ragazzina? 


    CAPITOLO QUARTO

     

    GIOCHI DI PAROLE

     

    25 giugno - 00; 17

    A.: Questo è un gioco di parole con le iniziali del tuo nome.

    Creata dall'acqua indomabile

    Helix perlacea

    Idioma sinuoso

    Avvolgente segreto

    Rara geometria

    Annuncio di meraviglia.

     

    02;28

    C.: Mi piacciono molto i tuoi messaggi. Non ti ho risposto prima perché ho avuto gente finora, sono al lavoro. Ma adoro i tuoi messaggi.....

     

    03;35

    C.: Arma penetrante

    Rapisce le scintille di cuori in amore

    Inaudita bellezza dell'anima

    Arpeggi di violini suonati dal vento

    Nata con languida carne

    Naturale luce di diamante sempre viva

    Avvolgente fluido di animo femminile.

    Vale lo stesso gioco? Attendo risposta, anche domani... sogni di diamante....

    A.: Chiedo una cosa al cielo

    Ho ancora un desiderio?

    Amare!

    Rara fortuna

    Amare te........

    Certo che è valido, continua, ti prego... tu, nei miei sogni....

     

    25 giugno – 09, 46

    A.: E nonostante la notte insonne sono al lavoro..... Buongiorno, piccola....

    C.: Come mai hai passato una notte insonne? Ti ho forse svegliata io con i miei messaggi? Non ti scrivo più a quell'ora! Ma sai, la tentazione era attraente e spregiudicata.. Buon lavoro!

    A.: No, non ti preoccupare, ben altro mi ha tenuta sveglia. Ed ora vorrei vendere qualcosa anche a te....

    C.: Ma tu non mi devi vendere nulla!! Se non profanare la mia mente ' illibata '…

    A.: Ma tutti quanti abbiamo qualcosa da vendere. Io vorrei che tu comprassi da me: brividi, dolcezza, costanza. Potresti pagarli con baci e sorrisi e battiti del tuo cuore illibato.

     

    26 giugno 13;04

    A.: Quanta sofferenza si agita in me! Che neppure sa sfociare in lacrime. La mia mente spesso si smarrisce ed il mio cuore ne resta soffocato, da quella profonda solitudine che arpiona e devasta la mia vita dal giorno della mia nascita.

    C.: Quanto mi spiace leggere queste parole! Vorrei che le lacrime della tua sofferenza potessero unirsi per creare un oceano immenso nel quale immergersi per farsi trasportare lontano dalle onde irruenti e travolgenti del tuo cuore. Lo vorrei davvero perché la sofferenza si esaurirebbe. Un bacio...

     

    27 giugno 03;22

    A.: Quello che sto vivendo con te sta dando la definitiva spallata alla mia eterosessualità. Parlare con te al telefono, sentire la tua voce essere ovunque mi fa desiderare di non vivere altro...

    C.: Una spallata alla tua eterosessualità??? Ma non eri uscita con Luciano? Spero tu non stia male. Telefonami quando vuoi. Un bacio.

     

    • E infatti ero uscita con Luciano e quella fu l'ultima volta che mi unii carnalmente ad un uomo. Ma quella sera era tutto diverso, tutto inutile e vuoto. Persino la sua dolcezza suonava stonata. Non vi era più desiderio in me di lui e di nessun uomo in generale. Quello che solo vedevano gli occhi della mia mente erano il viso i capelli, il corpo flessuoso di Chiara.

    • Lo dissi al mio amico e vidi dapprima l'interesse accendersi sul suo viso, dato che pensò che io volessi solo raccontargli una mia avventura erotica, l'ennesima. Ma poi, mentre ascoltava le parole di evidente amore ed ammirazione che io pronunciavo per la bella fanciulla, egli capì che la nostra storia era finita, capì che il mio cuore era rapito. Non mi conosceva molto, ma abbastanza da vedere il mio radicale cambiamento. Mi chiese, mi fece promettere di non abbandonarlo del tutto. Io lo guardavo con dolcezza, quel gigante generoso e dal cuore candido. E gli promisi di restargli amica, di uscire eventualmente ancora con lui. Le nostre passeggiate mano nella mano nella folla incurante delle cittadine di mare dove ci nascondevamo fra tanti per non essere notati, mangiando un gelato oppure semplicemente in silenzio, vivendo uno spicchio di vita diversa per entrambi, gli erano care e necessarie. Ed avevano allietato i miei tristi giorni dopo le recenti e numerose delusioni. Ma come potevo ancora desiderarlo, quasi amarlo, se vi era solo lei nella mia mente e in ogni mia fibra?

    • E soprattutto, come avrei potuto amare di nuovo un altro uomo quando una donna era entrata così di prepotenza in me ed aveva fatto tabula rasa di quanto avevo trovato a lei intorno?

    • Come potevo desiderare il corpo di un uomo quando il corpo di Chiara mi accendeva inesorabilmente?

       

    13; 28

    A.: Piove. Amo i grigi delicati e perlacei della pioggia... le nuvole si scontrano in cielo come nella mia mente inedite considerazioni...

    C.: Anch'io adoro l'acqua che scende dal cielo plumbeo! Perché inedite considerazioni?

    A.: E' come se qualcosa virasse dentro di me. È come voltarsi indietro ed accorgersi che vi è solo il nulla....

     

    20;07

    A.: Stasera sono a cena con i miei figli. Spengo il cellulare per un po', perché dobbiamo parlare di diverse cose. Troppe cose da riaggiustare nella mia vita.....

    C.: Ti sono molto vicina, anche se nella realtà non posso fare nulla. Ti bacio.

     

    22;16

    A.: Mi sono concessa un piccolo intermezzo dalla discussione e sono venuta a scriverti, ma poi torno e spengo di nuovo il telefono. Mi chiedo e mi dico che solo la morte potrà portarmi un po' di pace..

    C.: No! Non solo la morte lo può! Io vorrei aiutare in qualche modo il tuo morale a tornare a risplendere. Telefona appena accendi il cellulare. Ci conto.

     

    28 giugno – 02;32

    C.: ' Amo. Di conseguenza, sono. '. E' la frase finale di una cosa che ho scritto io. Comunque vada, penso che tu abbia ancora tanto amore da dare e da ricevere. E che non potrai privartene così. Ti dedico quella frase.

    A.: Tutto il mio cuore

    Ignaro di paralisi

    Attendeva te, luce

    Mai conosciuta

    Ornamento di vita.

    C.: Il tuo messaggio è bellissimo. E e le iniziali di quelle parole... racchiudono così tante emozioni! .. io vorrei... non vorrei... Io temo. Confusa... ma felice.....

    A.: ' Amo. Di conseguenza, sono. '. Vale forse per me? Si, dal giorno in cui ti ho incontrata...

    tu confusa, io estatica. Meravigliata attonita. Tremo, ma più non temo... Tremo... d'amore....

    C.: Grazie. Sai volare con le parole. Metti l'universo in uno scorcio di vita. Fai volare...

    A.: Voliamo insieme. Ci aspettano cieli puliti e profondissimi, dei quali non avvicineremo mai i margini. Che saranno degna cornice a quello che ci unisce. Tu, mia parte d'infinito.

    C.: Come volo verso di te, così temo. Il tempo è divenuto mio nemico.

    A.: Datti tutti il tempo che ti serve, non ho fretta. E, anche se mi struggo di te, non desidero altro che la tua felicità, perché se tu sei felice, io lo sono. Ma lascia che te lo dica: è musica. Ti amo.

     

    • Ti amo.

    • Mai lo avevo detto ad una donna. L'avevo pensato, sentito dentro di me, sussurrato, scritto e poi cancellato, nelle poesie che la notte scrivevo al femminile per poi correggere al maschile il giorno dopo, quando la luna era tramontata ed il sogno aveva lasciato il campo ad una realtà che di me, della vera me, nulla sapeva e nulla viveva.

    • Lo ripetei, per ore ed ore, inebriata, tramortita dalla forza di quelle due piccole parole che tante altre volte avevo pronunciato: ma mai ne avevo conosciuto il vero sapore.

    • Ti ami, Chiara, cantava la voce della mia mente, del mio cuore, dei miei sensi. Ti amo, Chiara, ti amo, si ti amo...

    • E come avevo potuto vivere lontano da quella emozione? E cosa avevo potuto provare se non avevo mai provato ' quello '?

    • Era un tamburo nel petto.

       

    17;14

    A.: Il mio cuore sta continuando a battere all'impazzata. Lo sento sforzarsi dentro il mio petto. Ma cosa mi hai fatto? Non ho mai provato una emozione così...

     

     

     

    CAPITOLO QUINTO


    AMMALATA

     

    Quale destino si para di fronte a noi, agli esseri umani non è dato di sapere.

    Quella sera mi giunse una telefonata che mi calò addosso come una mannaia.

    Era Roenato.

    Un giovane uomo con il quale avevo avuto una storia e che mi aveva lasciato da due mesi o poco più.

    Era un giovane intelligente, arguto. Tra noi era nata una sintonia notevole ed immediata.

    Si disse innamorato di me. Io lo ricambiai.

    Fu passione ed allegria, fu libertà, fu dolcezza. Sembrò di nuovo che la mia vita avrebbe riaperto i suoi battenti ma... ma lui non era stato sincero con me. Me lo confessò molto dispiaciuto una sera, pochi mesi dopo ed io avevo già visto che lui era cambiato, nei miei confronti.

    Non mi amava. Per lui era stato solo sesso. Lui era una uomo infedele che non voleva legarsi. Mi aveva mentito perché aveva temuto di non avermi.

    Ma era evidente che il suo desiderio nei miei confronti era scemato.

    Mi chiese scusa e se ne andò.

     

    Soffrii. Ancora soffrii.

    Ma ormai non ci credevo più neppure io... che mi importava? Di uomini ce ne erano tanti che mi avrebbero desiderato, che mi avrebbero sorriso, parlato. Sapevo benissimo che cercavano solo il mio corpo ma, alla fine, era meglio così.

    In amore e per amore gli uomini dicevano le più grandi inutili infami menzogne.

    E così venne Luciano.

    Ma Renato mi diede una notizia che mi ammutolì: aveva la sifilide.

    Mi disse che avrei dovuto farmi visitare perché era molto probabile che l'avessi contratta io pure.

    Chiuse la telefonata in fretta ed io rimasi annichilita ed incredula, immobile per diversi minuti con il telefono tra le mani.

    Succedeva a me? Stava succedendo a me?

     

    Sifilide.

    Che brutta parola.

    Evocava postriboli, donne di malaffare, puttane puttanieri.... una umanità inferiore, sporca e depravata.

    Evocava morte, follia, emarginazione.

    Come poteva accadere a me? Come io potevo far parte di tutto quello?

    Eppure si, io ne facevo parte.

    Non sapevo cosa fare, ero terrorizzata e schifata di me.

    Telefonai ad un amico medico. Non lo sentivo da tantissimo tempo, ma sapevo che avrei potuto contare nella sua discrezione.

    Egli mi ascoltò costernato ma mi consolò. Mi disse che era una malattia che aveva avuto una recrudescenza negli ultimi tempi, che ve ne erano moltissimi casi in giro tra la gente comune, la gente ' per bene '. Che era assai facile venirne in contatto. Mi disse che le cure ora erano risolutive, che i rischi che si correvano una volta non erano più attuali, che sarei guarita completamente senza nessuno strascico e in fretta.

    E mi consigliò di recarmi subito al pronto soccorso, dichiarando il mio sospetto. Che là mi avrebbero fatto gli esami del caso ed un dermatologo mi avrebbe visitata e dato la terapia adatta.

    Le sue parole mi consolarono alquanto e quindi immediatamente feci come mi aveva detto. Ma con un senso di immensa vergogna.

    Dentro di me pensavo: cosa dirò a Chiara?

    Dovevo dirglielo, assolutamente.

    Immaginavo che non avrebbe più voluto vedermi e questo mi spezzava il respiro e mi lanciava lancinanti dolori nel petto. Ma dovevo dirglielo.

     

    Le telefonai mentre in una sala d'attesa del pronto soccorso aspettavo che mi chiamassero.

    Le spiegai molto semplicemente quello che mi stava succedendo e le dissi che volevo salutarla.

    Ringraziarla di quanto mi aveva fatto vivere e provare.

    Chiederle scusa della mia povera vita, poiché ero assolutamente certa che lei avrebbe meritato ed avuto tutto il meglio, che di certo non ero io.

    E darle il mio addio.

    Ma Chiara mi stupì. Mi disse che no, non accettava di separarsi da me. Che voleva starmi accanto. Che mentre avevo pronunciato la parola ' addio ' qualcosa le si era lacerato dentro.

    Mi disse di stare tranquilla, consolò le mie lacrime che a profusione scendevano lungo il mio viso mentre le parlavo, incurante dello sguardo di chi mi scrutava con curiosità o pena nella affollata sala d'attesa.

    Mi disse che aspettava mie notizie, di chiamarla appena ne avessi avute.

    E quelle sue parole furono come il sole che squarciasse il buio più fitto, all'improvviso, immediatamente prima io mi schiantassi a piena velocità contro una forte muraglia, dandomi così la possibilità di fermarmi in tempo, evitarla e sfuggire a morte certa.

    Chiusi la telefonata e fui chiamata in visita.

    Raccontai a testa bassa e con un filo di voce l'accaduto ad un medico che non si scompose affatto, anzi, mi confermò quanto mi aveva detto il mio amico.

    Mi fu prelevato il sangue per l'esame di laboratorio poi fui inviata dal dermatologo, che constatò l'assenza di lesioni. Mi spiegò che solo alcuni, gli uomini di solito, sviluppavano lesioni, mentre altri, come nel mio caso, almeno all'inizio, ne erano esenti.

    Mi disse che avremmo dovuto aspettare l'esito degli esami che sarebbero stati pronti tre o quattro giorni dopo. Che per il momento avrei ovviamente dovuto evitare qualsiasi genere di contatto sessuale ma che non vi era pericolo di diffusione del treponema attraverso mani o normali contatti di comune convivenza. Mi consigliò comunque di non bere in bicchieri o recipienti comuni e di tenere asciugamani solo per me.

    Mi sentivo così vergognosa di quanto mi stava succedendo che avrei voluto sprofondare. Mentre ero in visita mi giunse un messaggio di Chiara che era in ansia per me.

    C.: Come è andata la visita dal dermatologo? Mi chiami appena esci?

    La sua vicinanza mi sosteneva, mi dava coraggio, ma nel frattempo mi faceva sentire ancora più sporca.

    Le telefonai per raccontarle quello che mi era stato detto. Poi mi recai a casa. Era molto tardi, mi misi a letto e ci scambiammo ancora qualche messaggio...

     

    02;46

    A.: Buonanotte piccola. Che dolore provo in tutta questa brutta faccenda. È come mi sentissi in dovere di reprimere i miei sentimenti per te.

    C.: Non ho detto che devi reprimerli...

    A.: Ah, solo tu puoi riesci ad anestetizzare questo tormento che sento! Come potrò ricambiare?

    C.: Non devi ricambiare! Sono molto contenta di ' anestetizzare ' la tua sofferenza. Vorrei poter fare molto di più. Vorrei venire a trovarti, domani, ma lo sai che ho paura dei cani.. se venissi li terresti fermi, vero?

    A.: Ma certo che li terrei fermi, li chiuderei in cucina! Ma davvero verresti a trovarmi, domani?

    C.: Mi piacerebbe molto.. vedremo come andranno i veri impegni.. lo sai che mia madre spesso mi da cose da fare per aiutarla sul lavoro... Ma ora riposa, sarai stanchissima. Buonanotte. Sogna il nostro cielo...

    A: Se tu venissi mi faresti morire di felicità... e già non vedo l'ora che sia domani. Ma sono sfinita, devo dormire un po', è così tardi... Buonanotte.. volerò nei nostri cieli, mano nella mano con te...

     

TRAMONTO SUL VECCHIO BORGO - 2008 olio su tela 45 x 75
TRAMONTO SUL VECCHIO BORGO - 2008 olio su tela 45 x 75

 

CAPITOLO SESTO


 

UN FILM A CASA SUA

 

 

29 giugno - 13;44

C.: In questo pomeriggio tedioso in cui devo fare cose mortalmente noiose spero di liberarmi presto per venire da te....

 

  • Ma io dormivo. Stanca da notti agitate per le più svariate ragioni, mentre un malessere strano stava assalendomi, dopo aver lavorato la mattinata ed il primo pomeriggio, ero dovuta tornare a casa perché più non reggevo e avevo assolutamente dovuto mettermi a letto.

     

16;44

C.: Dormi ancora, dolce signora? Io ho finito, ho fatto anche la doccia. Sono parecchio assonnata. Spero di non svegliarti con questo messaggio. Rispondi appena puoi. Un bacio...

 

19;01

A.: Mi sveglio ora e mi sento un po' meglio. Ne avevo decisamente bisogno. Perdonami... come stai, cosa fai?

C.: Se fossi adesso con l'amore dall'altra parte del mondo, sarei la persona più felice del pianeta...

A.: Perché dici questo, Chiara?

C.: Perché mi piacerebbe ' volare via ' con la donna amata. Vorrei sapere cosa stai pensando in questo preciso momento, qualsiasi cosa sia... dove stai ' viaggiando '..

A.: Veramente stavo pensando che vorrei tanto tanto vederti..' Viaggiavo ' col pensiero verso di te...

C.: Voglio farti vedere qualche film, ma ancora non saprei qui in casa come vanno le cose. Sta tirando una notevole burrasca....

A.: C'è tempo ancora per decidere, non è tardi...

C.: Allora vorresti venire a vedere un film da me? Ma se preferissi andare in qualche posto preciso, dillo pure!

A.: Mi piacerebbe molto guardare un film con te. Sai che non forzerei la mano in nulla....

C.: So che non forzerai la mano... allora vuoi davvero venire qui?

A.: Si, ne sarei felicissima, anche se temo di non essere particolarmente frizzante, questa sera... quando vuoi che venga?

C.: I miei hanno deciso di uscire e si stanno preparando. Torneranno tardi. Puoi venire quando vuoi.. ma te la senti di guidare? Non mi importa, sai, se non ti senti particolarmente frizzante. Volevo dirti una cosa da prima: al telefono hai una bellissima voce...

A.: Grazie!! mi fai arrossire.. per fortuna che non mi vedi... allora mi metto in macchina.. sono già pronta.. mentre ci scrivevamo mi preparavo.. a fra poco.......

C.: Stai arrivando? Sei vicina??

 

  • Il cuore in gola, guidavo spingendo al massimo la mia Citroen DS nera, che era vecchia ma ancora in perfetta forma. Sull'autostrada il traffico era stranamente scarso ed il tachimetro segnava i 160. Non volevo perdere più un minuto, avevo bisogno di vederla, di rendermi conto che era vera, che non stavo sognando.

  • La giornata calda stava rinfrescando un poco ma io mandavo al massimo l'aria condizionata: non volevo arrivare tutta sudata. E poi avevo assolutamente bisogno di raffreddare quell'impeto furioso che mi sconvolgeva il sangue.

  • Mi fermai in un autogrill. Volevo comprarle qualcosa, una sciocchezza, ma assolutamente non volevo arrivare a mani vuote. Scelsi tra i vari oggetti una confezione di Baci Perugina: una scatolina blu laccato lucido a forma di cuore. Un pensiero decisamente melenso, ma... ma davvero stavo andando da lei con il mio cuore tra le mani..

  • Mentre cercavo la via seguendo le sue indicazioni e perdendomi un paio di volte nei vicoli e nei sensi unici del centro storico della sua cittadina, le scrissi che stavo arrivando. Leggere la sua impazienza mi colpì forte.

  • E finalmente eccomi sotto casa sua. C'era pure un parcheggio proprio poco dopo il suo portone. Quella doveva essere decisamente la mia serata fortunata. Accostai l'auto e guardai verso la finestra illuminata sopra il numero civico che lei mi aveva indicato. Quella luce mi ferì con una tenerezza inconsueta: lei era lì ed io pure, fra pochissimi minuti, sarei stata nel segreto di quella stanza ancora sconosciuta, con lei.

  • Il cuore pareva volesse uscire e raggiungerla direttamente, senza aspettare che io lo seguissi. Così ruppi gli indugi scesi e suonai ma lei già mi aveva aperto e mi invitava a salire le due rampe di scale che portavano al suo appartamento.

  • Salii volando e già agli ultimi gradini la vidi, in piedi nella cornice dall'uscio, che mi guardava sorridendo.

  • Che bello il suo sorriso! Aperto lieto sincero franco, luminoso leggiadro delizioso.. che bianchi i suoi denti, che lucide le sue labbra, che accesi i suoi grandi occhi scuri, profondi e attenti. Che lucenti i suoi capelli castano scurissimo che, come un'onda di seta, le arrivavano a poggiarsi sul collo. Che flessuoso il suo corpo adolescenziale, così tenero ma forte, sottile senza essere spigoloso. Che nervoso, essenziale il suo lungo collo nudo, dove io avrei voluto solo appoggiare le mie labbra.

  • Mi fermai, leggermente ansante, di fronte a lei che mi tese entrambe le mani in un gesto di accoglienza, mani che io presi e strinsi, quasi fredde pur nella sera calda, mentre la guardavo sorridendo e mi perdevo nel mare in tempesta dietro le sue ciglia.

  • Mi fece entrare in casa, sempre tenendomi per mano, poi mi porse il viso per baciarmi sulle guance, cosa che io lascia fare, ricambiando lievemente il bacio con un fuggevole appoggio delle mie labbra sulla sua gota fresca e morbida.

     

  • Ero lì, con lei, quasi non osavo crederlo.

     

  • Ci guardammo per un lungo attimo, gli occhi dentro gli occhi ed io sentii netto il suo slancio a gettarsi tra le mie braccia. Ma fu un attimo. Come scuotendosi da un pensiero profondo, distolse gli occhi dai miei e cominciò allegramente a parlarmi, chiedendomi di ome fosse andato il viaggio e cose del genere.

  • Io avevo promesso che non avrei fatto nulla, che avrei lasciato l'iniziativa a lei e quindi assecondai il suo distaccarsi dal quella corrente che era fluita attraverso i nostri sguardi, rispondendo altrettanto allegramente alle sue domande e dissimulando la fatica di non stringerla impetuosamente tra le mie braccia e baciarla con passione.

  • Chiara mi mostrò tutta la sua casa: un bell'appartamento in stile lievemente demodé, con pavimenti di marmo lustri e tirati a cera come usava diversi anni prima, un arredamento caldo e sobrio ma di qualità ed assai curato con punti luce in angoli strategici ed accurati tocchi di eleganza nel colore pastello dei tendaggi che riprendevano quelli delle pareti e dei tappeti. Un po' dovunque verdi piante ben curate testimoniavano l'amore per esse della madre di Chiara ed accrescevano il fascino di quel grande appartamento.

  • Sempre chiacchierando animatamente, di certo per dissimulare l'emozione, preparò un drink in cucina in alti bicchieri lisci di cristallo: vino bianco e succo d'ananas, il tutto molto fresco, quasi ghiacciato, adattissimo alla serata ancora calda e al tremito che mi agitava nel profondo dello stomaco: di certo un goccio di vino mi avrebbe sciolto un po'.

  • Poi mi guidò sul balcone per mostrarmi il ' suo ' angolo.

  • Un arco di mattoni a vista immettevano dal salone in un vastissimo terrazzo, che sembrava più che altro un lussureggiante giardino pensile: ovunque piante fiorite, rampicanti di rose e glicini, piante grasse e un grande albero che cresceva al centro del giardino sottostante e che appoggiava la sua chioma in un angolo del balcone, dove si stringeva in una piccola nicchia prima di terminare e dove si trovavano alcune poltroncine di vimini con cuscini morbidi di un fresco tessuto bianco a fiori azzurri e giallo tenue. Chiara mi fece accomodare su una di quelle e si sedette su di un basso pouf, tirandolo vicino a me.

  • La notte era morbida e il blu sembrava di velluto risplendente. Alla luce di un lampione non troppo invadente i tetti tutto intorno disegnavano uno scorcio decisamente bohemiene. Toccammo i nostri bicchieri per brindare al nostro incontro e lei si perse a rincorrere ricordi sui coppi vecchi che le correvano di fronte. Mi raccontò di quando, bambina, a volte si avventurava, se nessuno guardava, dato che ciò le era stato espressamente proibito, a passeggiate lungo i cornicioni, che per fortuna erano assai ampi, per spingersi più in alto a guardare le stelle o il volo delle rondini al crepuscolo.

  • Mi raccontò di una piccola casa delle bambole che da poco era stata portata in soffitta e che aveva allietato i suoi giochi proprio in quell'angolo di terrazzo. Mi narrò di gatti e storie di passerotti e rondini di nido cadute per un temporale e poi imbeccate a mano con pazienza da lei fino alla liberazione nei vasti cieli di quella gentile parte di Romagna che dava verso gli appennini Tosco Emiliani.

  • Io la guardavo nella penombra, affascinata dal suo discorrere allegro e facile, bevendo ogni parola dalle sue labbra come fossero lo stesso vino fresco che tenevo tra le mani nel bicchiere che andava via via perdendo il suo gelo, scaldato da un calore che mi salica da dentro che era quasi un dolore, sottile ed invadente.

  • Di nuovo i nostri occhi si attrassero come magneti e le parole di Chiara rallentarono il loro spumeggiante ritmo. Di nuovo sembrò che lei non riuscisse più a vincere il desiderio di abbandonarsi alla mia muta richiesta d'amore, ma di nuovo si riscosse, alzandosi all'improvviso ed invitandomi ad andare a visitare la sua stanza.

  • E di nuovo io la seguii docilmente, reprimendo il mio impulso ed il mio ardore.

     

  • La sua era un cameretta da teenager che recava ancora i segni di una infanzia non lontana, con vecchie bambole ormai abbandonate ma ancora conservate ad accucciarsi su mensole od angoli della libreria stipata di volumi e volumetti di ogni genere e tipo. Mi mostrò la sua collezione di fumetti a tema omosessuale nei quali, con disegni un po' ingenui, giovani e bellissime fanciulle si innamoravano le une delle altre in storie sempre nuove e rocambolesche. Io, che ero una appassionata di fumetti e ne avevo io stessa una nutrita e vasta raccolta dagli anni sessanta fino ai novanta, non avevo mai visto quei giornaletti e me ne stupii. Il mondo dei manga giapponesi mi era allora sconosciuto e ciò denotava la differenza netta d'età tra me e la mia giovanissima amica.

  • Mi mostrò anche un suo manoscritto, un romanzo che aveva appena terminato e per il quale stava cercando, fino a quel momento invano, un editore. Mi chiese se avessi voluto leggerlo ed eventualmente apporvi delle correzioni, qualora lo avessi ritenuto necessario, cosa che io accettai con immenso piacere e commozione.

  • Poi estrasse un cassettone sotto il suo lettino coperto da un allegro trapuntino a geometrie di colori vivaci, ricolmo e stipato di cassette vhs. Anche quelle erano tutte a tema lesbico, con i titoli scritti in bella ed ordinata grafia culla costola esterna: alcune erano state registrate direttamente dalla tv, altre duplicate da qualche amica.

  • Mi lesse diversi titoli facendomi il riassunto a grandissime linee delle storie che avrebbe voluto mostrarmi, poi ne scelse due e mi invitò a seguirmi i là, nel salottino, sul grande divano coloro panna che ci guardava invitante e sornione. Mi fece accomodare alla sua destra, inserì la cassetta, la fece partire e si sedette accanto a me.

  • Io la guardavo sorridendo, quasi trattenendo il fiato, mentre, con movimento agile e leggero, venne come volteggiando ad accoccolarsi al mio fianco.

  • Quella sera Chiara indossava un paio di pantaloni a vita piuttosto bassa, di fresco cotone bianco ed una semplice maglietta azzurra, fine e morbida, con una ampia scollatura rotonda, che lasciava vedere le sue belle spalle e l'elegante curva del suo collo.

  • Agli orecchi portava piccoli brillantini di Zswarowsky che rifulgevano al cangiare della luminosità dello schermo.

  • Il suo profumo era un po' amaro, come di bergamotto, che rendeva un po' piccante la naturale dolce fragranza della sua pelle diafana.

  • Il lipstick con il quale aveva lucidato le sue labbra grandi e morbide e così ben disegnate aveva il sentore della pesca.

  • Io avevo allungato un braccio, quello dalla sua parte, sulla spalliera del divano, che era davvero assai comodo ed accogliente e lei venne con naturalezza ad appoggiarsi in quell'incavo creato dal mio avambraccio ed il mio seno. Si sfilò le ballerine nere ed appoggiò i piedi sul cuscino, dopo aver raccolto ad angolo sotto di sé le lunghe gambe da fenicottero rosa.

  •  

  • Il film cominciò a dipanare le sue prime scene: una storia di un incontro casuale tra una giovane e bellissima fanciulla ed una matura bella signora in una libreria che, con la scusa di un unico esemplare del libro desiderato fortemente da entrambe, procurò loro l'occasione di cominciare a frequentarsi prima, innamorarsi poi per finire al fine a letto in una scena di amore saffico piuttosto esplicita e disinvolta.

  • Io e Chiara ascoltavamo in un assorto silenzio i dialoghi della commedia leggera, interrotto a volte da sue delucidazioni o scherzosi commenti, ma il vero dialogo che io sentivo era quello dei nostri corpi così vicini.

  • Il suo peso, dapprima appena appoggiato contro di me, poi via via abbandonato sempre di più, il suo leggero peso aveva come la forza di una marea inarrestabile, di una piena, di una fiumana. Il suo profumo mi entrava nelle narici fino a raggiungere ogni mio recondito luogo mentale e stordirmi completamente, quasi fossi ubriaca, cosa che non poteva assolutamente essere dato che il drink giaceva quasi intatto nel bicchiere imperlato di gocce sul basso tavolino di fronte a noi.

  • Lentamente Chiara era scivolata un po' verso il basso fino ad appoggiare la guancia direttamente sul mio seno. La mia mano corse ai suoi capelli, come chiamata da una forza inoppugnabile. Come seta lucida e viva le ciocche si inanellarono intorno alle mie dita, scorrendo, trattenendosi, incantandomi a quel tocco che era allo stesso tempo così puro e così sensuale.

  • Mentre sullo schermo si svolgevano scene di incontri e di baci delle prime schermaglie amorose tre le due protagoniste, i miei occhi vagavano da quelle al volto di lei, ogni tanto incontrando di nuovo il suo sguardo per attimi di una potenza devastante.

  • Ma sempre lei poi li distoglieva, come quel contatto le divenisse insopportabile.

  • Sempre più la sentivo abbandonarsi contro di me, come se volesse entrarmi dentro.

  • La mia mano correva la linea del suo mento e della sua delicata spalla.

  • Le protagoniste del film si stavano baciando ormai appassionatamente ed era assai esplicito come sarebbe finita la scena, dato che già qualche bottone di camicetta stava lasciandosi sedurre da dita golose e all'improvviso Chiara sollevò la sua mano per accarezzarmi il volto.

  • I sospiri dal televisore sottolineavano una scena di passione piuttosto coinvolgente ed io posai la mia mano sullo stomaco della mia dolce giovane amica. A quel tocco la sentii vibrare e fremere, come percorsa da un lungo brivido. Il calore del suo corpo emanava attraversi la fine maglietta e mi entrava tra le dita correndo tutto il braccio fino ad arrivarmi in gola e nel ventre, acceso di un fuoco e di una tensione potentissima.

  • I sospiri delle due attrici dietro lo schermo catodico erano diventati gemiti ed il mio respiro era corto e spezzato, il suo respiro appena sussurrato. La mia mano scese sotto il cotone della maglietta e colse il nudo della sua pelle elastica ed un po' tesa, dolce morbida setosa vibrante.

  • La sua mano, mentre il suo viso si girava di nuovo per guardarmi intensamente negli occhi, corse al mio seno in una lunga leggerissima carezza.

  • Fu un contatto di diversi secondi che durarono quanto un'era geologica ed un nanosecondo durante i quali io l'amai, l'amai disperatamente, donandole tutta me stessa.

  • Ma fu una brevissima eternità.

  • La cassetta era finita ed i titoli di coda stavano scorrendo sul video.

  • Chiara si era alzata improvvisamente in piedi, guardando allarmata l'orario sul display del suo cellulare, posato sul tavolo poco lontano. Girò il viso verso di me ed i suoi occhi mi dicevano: Vattene.

  • Mi sentii precipitare da una altezza infinita. Ancora il tocco della sua mano sul mio seno bruciava come un marchio a fuoco.

  • Ma io pure mi alzai: ' Si è fato tardi, vero piccola? Forse è meglio che vada, non vorrei che i tuoi tornassero e mi trovassero qui. ' esclamai, mentre le sue parole mi dicevano di fare con comodo e mi esprimevano il dispiacere che io dovessi andarmene ma quegli occhi ardenti mi ringraziavano della mia repentina decisione di farlo.

  • Solo allora ricordai di non averle ancora dato il piccolo oggetto, che giaceva dimenticato nella mia borsa, così, sulla porta che lei stava per chiudere alle mie spalle, lo presi e glielo misi in mano voltandomi immediatamente e cominciando a scendere le scale senza che lei avesse la possibilità di dire altro.

  • Per un attimo ancora avevo sperato che lei avesse almeno sfiorato le mie labbra con un bacio, per un attimo incredibilmente gigantesco ma ovviamente Chiara non lo fece.

  • Mentre scendevo le scale sentii la sua voce che entrava in quella nera ovatta che mi aveva all'improvviso avvolto al suo alzarsi dal divano e mi diceva: ' A domani! Grazie di essere venuta, buon viaggio verso casa. Mandami un messaggio quando sei arrivata. '

    ' A domani tesoro, rispondeva la mia voce di sua iniziativa senza che il mio cervello glielo ordinasse, ' grazie a te della bellissima serata, scusami del disturbo. Si, ti scrivo appena arrivata a casa...'

  • Ed ero fuori in strada e avevo chiuso il pesante portone d'ingresso di quella palazzina dalle mura giallino sabbia ed avevo infilato le chiavi nella serratura della portiera della macchina ed ero seduta sul sedile, a motore spento a fari spenti ed a pensieri spenti.

     

 

CAPITOLO SETTIMO

 

LO DIREI A TUTTI

 

 

Restai sotto casa di Chiara qualche minuto in silenzio.

Mi dispiaceva infinitamente andarmene da lì, era come staccarmi da un filo che mi dava energia, che mi trasmetteva qualcosa di indicibilmente bello.

Ma poi feci partire il motore della macchina e lentamente, in modo assai diverso da come ero giunta, mi misi in viaggio.

Cinquanta chilometri di autostrada e di notte per pensare cosa fare: il suo rifiuto mi faceva molto male ma ugualmente portavo la stimmate della sua mano sul mio seno.

Che emozioni contrastanti mi aveva dato quel nostro incontro: mi ero sentita attrarre in modo potente quanto mi ero sentita respingere, come se quella forza che correva tra me e Chiara fosse una duplice entità contrapposta e distinta.

Ma, pochi minuti dopo che avevo imboccato la A 14, a quell'ora molto libera e scorrevole, il telefonino si illuminò.

Era lei, la mia piccola Chiara che, evidentemente dispiaciuta dal suo comportamento e in totale lotta contro se stessa, mi mandava l'usuale segnale perché io la richiamassi.

Stemmo al telefono per tutto il viaggio e poi ancora quando ero già giunta a casa.

Parlammo tanto. Le raccontai di quanto sentivo la forza di quella mia storica accettazione, di come una gioia profonda mi avesse invaso.

Parlammo di noi, di lei, di tutto, di nulla...

Io le lessi quello scritto che qui compone il primo capitolo e lei rimase fortemente colpita dalle mie parole.

Lei mi raccontò della sua situazione, della fine di un amore che era in corso e che la stava facendo soffrire.

Con voce dolce e partecipe, come si rivolgesse ad una persona per lei preziosa, mi spiegò in parte le ragioni della sua ritrosia: lei e Jenny non si erano ancora definitivamente lasciate, anche se per entrambe era scattato il terreno franco della sospensione della loro storia.

Mi disse che non me ne aveva ancora parlato perché avrebbe voluto darmi una stesura definitiva di quello che si stava rivelando più un tormentone che una storia equilibrata e sana. Che avrebbe voluto dirmi solo che con Jenny era tutto finito. Ma così non era.

Jenny non riusciva a staccarsi da lei ed anche se Chiara le aveva dato pochissime ossibilità di poter riprendere la loro storia con un nuovo inizio, ugualmente non se l'era sentita di toglierle tutte le speranze, anche perché in lei stessa restavano legami con l'altra che lei non riusciva a sciogliere ed il dolore di un distacco era così forte da farle temere di stare sbagliando.

Eppure, ogni volta che si rivedevano, erano litigi e scenate di gelosia dal parte dell'altra e Chiara non sopportava più questo stato di cose.

Allora la cacciava in malo modo e non rispondeva per ore ai messaggi di scuse ed alle insistenti chiamate di Jenny che, pentita delle sue intemperanze, cercava in tutti i modi di riallacciare i fili strappati e di riavvicinarsi a Chiara.

Tutto questo stava durando, con oscillazioni praticamente regolari, ormai da un paio di mesi e lei era stanca, sfinita, confusa, dispiaciuta, desiderosa di interrompere quella agonia ma impossibilitata a farlo.

Mi disse, in preda alle lacrime, che dentro di lei vi era una tale confusione che buttarsi a capofitto immediatamente in una nuova storia d'amore con me, benché la attirasse fatalmente, eppure le risultava, per il momento almeno, impossibile.

Solo l'arrivo dei suoi genitori interruppe la nostra telefonata.

Chiara aveva una vita piuttosto libera ma, dato che ancora viveva con loro e dato che ne era molto affezionata, cercava di comportarsi in modo di non urtarli e di dimostrare loro il suo affetto.

Così, mentre lei accoglieva e salutava i suoi e poi si recava nella sua camera per la notte, io mi misi alla scrivania e scrissi:

 

30 giugno – 01;37

A.: Nel giorno della mia nascita a questa nuova e vera vita e della nascita del nostro amore, tante cose ci siamo dette e tante emozioni sono passate sul filo del telefono. Che poi è un telefono senza fili...

Quando ti ho letto le parole che avevo scritto ti ho sentita qui, vicina a me ed ho sentito finalmente i tuoi occhi fissarsi nei miei. Come non riuscivi a fare stasera.

Ora vado a dormire. Non sarà facile. Troppe cose urgono dentro di me.

Troppe cose che farei, che vorrei fare invece che sdraiarmi sola nel mio letto.

Venire d te, stringere le tue mani. Baciare le tue labbra.

Dormire abbracciata a te.

In attesa di poterlo fare – e spero il prima possibile perché il nostro amore ha bisogno di noi e noi di lui – cercherò di trasmetterti tutto quello che provo con il pensiero costante fisso in te. Circondandoti di tutte quelle cariche positive, eutrofiche, taumaturgiche che il vero amore ha.

Dormi nel mio amore. Riposa tra le mie braccia. Consola tutte le tue lacrime nella certezza che io ci sarò per te.

Da qui in avanti, sempre.

Comunque andranno le cose tra noi, io ci sarò. Puoi contarci.

Buonanotte.

 

- Così mi misi a letto, ma il sonno era davvero l'ultima cosa possibile per me, in quel momento.

  • Immagini vorticavano nella mia mente; i suoi occhi, le sue mani le sue labbra. Sentivo ancora i suoi capelli, quella seta viva, così viva, tra le mie dita.

  • Le sue parole risuonavano nella memoria, le sue lacrime a stento trattenute nel raccontarmi di Jenny.

  • E poi quel suo attrarmi e respingermi con pari intensità, che ancora si muoveva in me come un pendolo di dolore e amore, amore e dolore.

  • Non riuscii a trattenermi e in piena notte le scrissi. Sapevo che se fosse stata addormentata non avrebbe udito il sordo ronzio della vibrazione con assenza di suoneria e quindi non l'avrei svegliata. Ma ugualmente avevo bisogno di raggiungerla con il mio pensiero, avevo bisogno che le mie parole, almeno quelle, potessero essere libere di correre accanto a lei, volare sui tetti delle case addormentate, in gara col vento e con le nuvole e posarsi sul suo cuscino accanto alla sua guancia per accarezzarla, silenti ed innamorate.

  • Ma le scrissi anche perché la paura mi pungeva tenacemente: la paura di illudermi, la paura di perderla.

 

04;22

A.: Ho fatto il salto. Mi sembra impossibile e persino impensabile tutto quello che ho avuto prima di te. Sii sincera, ti prego, con me. Se devo aspettare lo farò ma se pensi di non potermi amare, dillo, prima che sia troppo tardi. Non ti so spiegare in poche parole quello che provo. Ma sei bella agli occhi miei come mai nulla prima. Sono innamorata....

 

  • E, con il telefonino stretto nella mano, finalmente mi addormentai, senza accorgermene, che l'alba era davvero vicina.

  • Mi destò il suo messaggio: erano più delle otto, il sole era già alto, io avevo mille cose da fare, una stanchezza incredibile e nessuna voglia di farle....

     

08; 38

C.: Ho avuto una notte strana. Quando abbiamo chiuso la telefonata mi si è scatenato un mal di testa furioso che però già sentivo da prima, da quando eri con me, anche se assopito dalla tua, dalla nostra presenza. Ho preso un calmante.. mi sono addormentata..ho sognato...

A.: Hai sognato me? E cosa facevamo? Ma come va la testa, stamattina? Mi spiace che stavi mele, avresti dovuto dirmelo! Tu sei stata innamorata, allora mi capisci: per te farei qualsiasi cosa. Soffrirei ma sarei ugualmente felice. Ma non mandarmi via...

C.: Ho sognato, ho sognato molto. Non voglio che tu soffra, non voglio che tu pensi male di me. Ti ho spiegato in che situazione interiore mi trovo. Sarò sempre sincera, con te...

A.: Si mi hai spiegato ed io ti credo. ma...Dio! Desideravo così disperatamente di baciarti. Non so come ho potuto sopportare il tuo rifiuto. Ma ti amo e per te vale anche soffrire. Ma hai sognato me?

C.: La testa va così... Non ti ho detto nulla perché ero frastornata, emozionata eccitata... E tanto trattenuta... non sai quanto. Non era un rifiuto il mio. No.

A.: Ma perché trattenuta? Non vuoi il mio amore? Non lo hai sentito, il mio amore?Dimmi cosa devo fare. Cosa vuoi che io faccio. Sarò brava. Tutto, per te, tutto....

Trovarmi vicino a te, guardare la tua mano sulla mia, non osare guardarti troppo negli occhi per non perdermi. Il tuo seno. E poi tu mi hai sfiorato. Non sai cosa ho provato....

Se mi vuoi aspetterò. D'altronde non posso fare altro che aspettare. Ma ti amo. Ti desidero spasmodicamente. Non solo il tuo corpo! Voglio il tuo amore, i tuoi pensieri..

Amore mio, penso e provo mille emozioni contrastanti. Quando sono andata via mi sono detta: Non mi vuole. Avrei pianto. Ma avevo sentito il tuo desiderio, a tratti il tuo amore.

C.: Mi spiace molto se pensi questo, molto.

A.: Ti ho detto che io sono quella del giorno dopo! Oggi do la testa nel muro. Ti voglio! Sto sbagliando a dirtelo? Mi odi, mi detesti, mi ami, mi vuoi? Vuoi il mio amore? Rispondimi!

 

09:41

C.: Ti ho spiegato il perché: volevo, ma non ho osato. Non credere che sia stato facile. Per quello che ti ho detto. Sono confusa ma non ho paura. Ho sentimenti contrastanti... Comunque... desidero......

A.: E' l'incertezza, è la paura di perderti: non potrei. Sarebbe durissimo. È lo strazio di un no che ora non merito...

C.: Perché hai pensato tutto questo? Credevo avessi capito qual'era il punto... Se avessi saputo cosa tu stavi pensando, ti avrei parlato ancora e ancora... ti avrei fatto sentire la mia verità: attraverso i miei occhi, i miei sguardi, a volte sfuggenti. Quelle carezze impercettibili....

A.: Ho capito, ti capisco, ti rispetto. Scusa se ti sto forzando, ma... mi hai visto? Non è foia, la mia. Non perderesti dolcezza tenerezza, la centuplicheresti, con i miei sguardi, con le mie labbra...

C.: Lo so! Ma il problema non sei tu! Sono io che mi faccio troppi viaggi mentali....

A.: Va bene: accetto tutto. Sono qui. Puoi fare di me ciò che vuoi, quando vuoi. Ti dono il mio amore e la mia maturità. Puoi contare su di me in qualsiasi momento.

 

13;15

C.: Dove vorresti essere, ora? Sai, ieri sera ti ho guadata andare via......

A.: Vorrei essere con te, in qualsiasi posto, ma con te. A riempirmi gli occhi del tuo viso. Mi vuoi? Sai, sto leggendo il tuo manoscritto e mi sta fornendo diverse spiegazioni....

C.: Che spiegazioni ti ha dato? Sono contenta di avertelo dato e che tu lo stia leggendo...

 

  • Quel suo libretto di 200 pagine poco più. Lo divorai in pochissimo tempo, come davvero inghiottissi ogni parola.

  • Chiara narrava di una storia d'amore sfortunata, di appostamenti solo per vederla entrare ed uscire di casa, di una folta capigliatura di lunghi capelli ramati, di silenzi di incomprensioni.

  • Mi aveva confessato che in parte quello che aveva scritto era veramente accaduto. Uno dei suoi primi amori saffici che rimase a lungo inconfessato, platonico, molto sofferto.

  • In uno stile elaborato e complesso lei dava stura al canto del suo cuore che agognava colei che non poteva avere né mai avrebbe avuto...

  • Ed io, mentre leggevo, mi struggevo pensando, desiderando che tutto quell'amore mal riposto e rimasto senza sostentamento e corrispondenza, lei avesse potuto riversarlo su di me, così che io ne sarei stata travolta, ebbra di felicità, sarei impazzita d'amore e di gioia...

  • Mi trovavo tra le mani la vita ed il cuore di Chiara. Volevo capirli e cogliere di essi la vera essenza che di certo la ragazza aveva riversato nelle sue parole.

  • Così leggevo e facevo paragoni tra quanto narrato per iscritto e quanto vissuto di lei..

  • Ma ugualmente io le avevo dato dei miei scritti da leggere, poesie, pagine di diario, quindi.....

 

15;34

C.: Mi piace come scrivi, moltissimo....

A.: Io sto leggendo te e tu me: siamo entrate nei segreti delle nostre anime. Io lo sto facendo coi passi dell'amore. E sono io colei per la quale sono scaturite queste tue parole bellissime che passano dai miei occhi e restano nel mio cuore.

 

15;56

A.: Ho scoperto, ma forse lo sapevo già ed ho voluto dimenticarlo, che l'amore per i maschi è molto simile, caso per caso. Amare una donna è molto diverso. Sento che sto ritrovando la mia realtà.

A.: L'ho finito. Ne riparleremo a lungo, se vorrai. Voglio rileggerlo, capirlo meglio. L'ho bevuto per averne uno sguardo totale: va riesaminato. Eventualmente limato dal punto di vista sintattico ed etimologico. Dal punto di vista letterario è valido: regge. È significativo, originale, interessante. Vuoi arrivare in fondo. Presentato adeguatamente al mondo lesbico, secondo me avrebbe eco e successo. Il tuo linguaggio è inedito, intelligente. Sorprendente. Hai un futuro, secondo me. Quello che ho provato io, leggendolo, vorrei dirtelo a voce. Non ci può stare, qui dentro. Solo ti dico: ci sono io, ora. Forse già mi ami. Io penso di si, devi solo accettarlo. Ma io ti amo e lo so. Lotterò per averti.

 

17;19

A.: Sono orgogliosa di amarti. Lo direi a tutti, anzi, lo farò. Io non rinnegherò nulla del mio amore per te. Amo Chiara. Figlia del vento e della notte. Porta della mia vita.

 

17,38

C.: Ora posso stare al telefono...

 

  • Le nostre telefonate..... Che magico sentore scaturiva da esse, che affinità elettiva, incantesimo e sortilegio, fluido alchimista, predestinazione, speranza. Entravo in quelle telefonate con tutta me stessa e non ne uscivo più....

  • Nelle nostre telefonate Chiara mi raccontava tutto delle sue giornate, di quello che faceva, delle sorelle dei genitori e di Jenny.

  • Era stata da lei, prima, era entrata in casa quasi con prepotenza ed aveva cercato di costringerla contro una parte, di baciarla senza il suo consenso. Ne era sorta una lite. Ma, nonostante questo, la mia gelosia era furiosa.

  • Espressi parole molto dure contro quella donna che faceva soffrire la mia amata: che amore professava, come poteva dichiararlo tale se era capace di simili violenze e portatore di sofferenze così acute? L'amore non era solo felicità?

  • Ma io sapevo bene che non era così: che l'amore era tormento, era il dolore più grande che mai essere umano potesse provare.

  • Cercai di provare pena e comprensione per la mia rivale, ma non mi riuscì affatto....

 

18;10

A.: Ho un amico scrittore affermato, veramente bravo. Siamo amici dal liceo; lui potrebbe scrivere la prefazione al tuo libro.

Hai ragione tu: io la odio perché è stata lì con te, ti ha avuta. Non sopporto di pensare alle tue labbra che la baciano, alla tua mano che la tocca. Soffro. Queste sono pene d'amore.

 

18;48

A.: Non riesco a stare lontana da questo telefono. Penso al mio messaggio che ti raggiunge e ti sfiora con le sue onde elettromagnetiche, sono le mie dita che disegnano sulla tua pelle il mio amore.

 

21;01

C.: Sono un po' triste e malinconica. Tu stai bene?

A.: Ero al telefono con Luciano, mi ha chiesto di vederci ed io avevo accettato. Mi dispiace vederlo soffrire per me. Ma poi mi son resa conto che stavo sbagliando, che non mi importava nulla di vederlo, anzi, mi metteva in profondo disagio verso ti te. Così gli ho mandato un messaggio ed ho annullato il nostro appuntamento. Non avevo nessuna intenzione di stare con lui, anche per il motivo che tu ben sai, gli avevo messo come condicio sine qua non di comportarsi con me esclusivamente come un caro vecchio amico, ma ugualmente mi sono sentita di tradirti, anche solo vedendolo per un gelato. È così lontano quel mondo dal nostro. Così tanto lontano che sempre io mi chiedo come abbia potuto...

C.: Puoi vedere Luciano ogni volta che vuoi... ti capisco e immagino.... certo che questo non si intona a certi tuoi discorsi.....

A.: Adesso sono triste io: tu non credi alla sincerità del mio amore, pensi che sia incostante. Ti capisco. È difficile anche per me accettarmi e capire ogni cosa di noi. Potevo tacerti tutto ma non lo trovo giusto, mettimi alla prova, dammi una possibilità. Forse è il mio amore che stavi aspettando. E, dopo tutto quello che ho vissuto, è un amore particolare.....

C.: No, io non penso che il tuo amore non sia sincero. No, affatto. Non ho detto questo. Ho detto che ti capisco. Sono solo due modi differenti di esprime l'amore... Non è come hai pensato. Non essere triste......

A.: Non mi giudicare... Anche io, alla tua età avevo il mondo tra le mani e certezze in tasca. Ora, solo zattere a cui aggrapparmi. Se deve essere, lascia che sia. Stai con me......

 

1 luglio 02;02

A.: Buona notte, amore mio. Tante emozioni oggi, riposa. Non so come potrò dormire, ci proverò. Sei qui con me...

 

09;18

A.: Buongiorno! Come stai? Come ti avevo preannunciato non ho quasi chiuso occhio, stanotte. Sono in coda per ritirare il referto. Ho paura, molta. Mi sento così diversa, stamattina. Quando ti telefono ti racconto.

A.: L'esito non è ancora pronto: solo domani saprò. Ancora un giorno di agonia. Vorrei parlarti. Mi fai uno squillo quando hai un minuto per me?

 

09;48

C.: Sono qui. Ho passato una notte strana, eri qui.......

 

11;29

A.: Sgridami, dimmi che non devo fare così! Devo lavorare, rientrare nei miei ritmi. Oh, ma come posso? Obbligarmi a non pensare a te anche solo un attimo è come strapparmi qualcosa...

A.: Amore mio.. Come è dolce dirlo a te. E completo e stupefacente. Non l'ho mai detto prima a nessuna donna: tu cogli questa mia verginità. È un trionfo dentro di me, ma mi struggo...

A.: Non farmi soffrire così, ti prego. Ho bisogno di vederti, questa sera. Farò la brava, te lo prometto. Ti guardo, ti tengo la mano, parliamo. Devo sentire la tua voce. L'altra sera ha lasciato delle profonde abrasioni nel mio cuore. Solo tu puoi curarle, lenirle, blandire la mia insicurezza. Non dirmi no. Ma tu non desideri vedermi? Hai il cuore così freddo?

 

12;29

C.: Non ho il cuore freddo!! Voglio solo fare chiarezza dentro di me. Sai che ho una situazione attuale che non mi fa stare bene, anzi, il contrario. Ed è una situazione che mantiene molti strascichi dentro di me. Nella mia più profonda interiorità....vorrei....

C.: Starai guardando tutte le donne che ti passano accanto. Mi piace questa tua ' rinascita '… molto...

A.: Si, le guardo. Anzi, le scruto per leggere dentro di loro. E questo fatto che io potrei amarne qualcuna, apre nuovi orizzonti. Non sono più come prima: sono finalmente una lesbica. Vorrei dirlo a tutti....

C.: Quante ne potresti amare???

A.: Touche!! allora riesco a scuoterti in qualche maniera! Nessuna, amor mio! Se ti rendessi conto di quello che sto provando per te.. Sei tu la mia donna... E' l'universo lesbico che mi ha preso....

A.: Tu vorresti tante donne.. Io vorrei solo te! Cosa devo fare per farmi amare da te?? Dimmelo!!!!!!

C.: Non ho detto tante donne, ho detto tante cose! Un bacio.....

 

13;41

C.: Vorrei sapere a cosa pensi, come vivi.. Vorrei catturare i tuoi pensieri. Stringerli.. Tenerli tra le mani.....

A.: Vedi che ti sto dicendo più o meno tutto quello che provo, a costo di essere ingombrante. Sono in delirio. Di orgoglio di me stessa, di incredulità, d'amore per te... Ho tantissime cose da dirti.

Tra le tue mani hai molto di più dei miei pensieri: tutta la mia vita, tutto il mio futuro passa ora per le tue mani. Dipenderà da te molto di quello che io sarò, da oggi in poi.

 

14;52

A.: Ma Carmen Consoli è una di noi? Ho appena sentito una sua canzone per radio: ' baci rubati ' credo.. dice: ' Mia dolce bambina …' Mi si apre un mondo inesplorato, dai risvolti inediti..

C.: Sto andando a lezione di inglese.. Quanti pensieri avvolgono la mia mente...Dopo voglio sentirti.

A.: Vedi, io contemporaneamente scrivevo a te! Ti chiamerò, fammi uno squillo quando sei libera.. A dopo, piccola...

 

15;30

A.: Ho telefonato a due amici, Giovanni, omosessuale dichiarato e Fiamma, eterosessuale infelicissima e ho detto loro di noi. Sono stupiti ma approvano. Vorrebbero tanto conoscerti. Oddio, come sono FELICE!

 

  • Ricordo bene quel giorno...

  • Era come il mondo si fosse acceso, tutto fosse lucido colorato, nuovo come appena spacchettato da una confezione regalo.

  • Era come fosse il mio compleanno e Natale e le vacanze tutte insieme. Era come sognare, svegliarsi ed accorgersi che non era un sogno ma la realtà.

  • Gli uomini erano all'improvviso completamente spariti.

  • Non ne vedevo più uno e un esercito di donne, belle interessanti, vive attraenti importanti, popolasse la realtà attorno a me.

  • Vedevo un paio di gambe con una gonna appena sopra il ginocchio camminare frettolosamente davanti a me su tacchi da impiegata

  • e immaginavo le mani di quella sconosciuta nell'atto di vestire i suoi collant, dei quali sentivo persino la morbidezza tra le dita, calzare le scarpe basse ed uscire di casa. Il ticchettio di quei tacchi si accordava al battito del mio cuore e quei gesti immaginati avevano un sapore di favola, quasi mistico.

  • Nel lunotto posteriore di un'auto che mi sfilava davanti nel traffico lento della tarda mattinata, una bionda ciocca posata negligentemente sulla spalla di una giovane, della quale non vedevo il viso, mi colpiva con tutta la tenerezza dell'assistere ad una nascita.

  • Come se proprio le mie mani avessero pettinato, quella mattina stessa, quelle bionde chiome, aspirandone con voluttà il profumo di buono.

  • Ero in ognuna di quelle donne, come intessuta nei loro geni, nel loro scandire del tempo, annessa ai loro pensieri.

  • Ero la giornata di tutte, ero lo sguardo che le coglieva estraendole dalla massa per dare loro risalto e dignità.

  • Ero la voce che cantava dell'amore trovato, appreso, riconosciuto. Che, approdata finalmente dopo un lunghissimo viaggio alle rive natie dell'isola di Lesbo, riconoscessi l'idioma del canto di benvenuto che le figlie e le ancelle porgevano al mio tornare inatteso, dopo anni e anni di parole incomprensibili ascoltate e lette.

  • La felicità mi marciava nelle vene con passo di danza e di carica di cavalleria ed era difficilmente contenibile.

  • Mi sembrò che tutto quello che avevo vissuto fino a quel momento avesse perduto colore e giacesse, ormai inutile e stinto, alle mie spalle, come un vecchio dagherrotipo sfuocato ed ingiallito dal tempo.

  • Telefonai ai miei amici e li travolsi con le descrizioni della sua bellezza, della sua intelligenza, della sua meravigliosa essenza. Li commossi con il narrare loro la grande felicità dopo il così grande e lungo dolore di parte del quale loro erano stati spettatori rattristati e impotenti.

  • Giovanni era gay dichiarato, conviveva da moltissimi anni con il suo Ernesto ed io sentii dentro che pure a me ora sarebbe potuto capitare una fortuna del genere, sentii che io ora avevo imboccato al direzione giusta.

  • Come fossi ferma ai blocchi di partenza da 47 anni ed avessi accumulato tutto lo slancio di una grande folle attesa e stessi scattando in quel momento con una forza di propulsione da missile nucleare lanciata nel cielo infinito del mio amore, delle giornate da vivere, delle emozioni da provare, dei sogni da realizzare, ognuno dei quali avevano un solo nome: Chiara.

  • E a lei rivolgevo il mio estatico sorriso e scrivevo, parlavo tutte le parole del mio cuore ebbro e traboccante.

 

19;50

A.: Sto pensando alle donne che hanno avuto rapporti sessuali con me. Il loro piacere è stato evidente e completo, sia per quelle alla loro prima esperienza, sia per le altre. E mi chiedo perché non ho capito prima, non ho accettato prima... ma l'amore, l'amore con una donna, amare te... è una realtà che mi era sconosciuta, una dimensione neppure immaginabile, fino ad ora...

A.: Ho incontrato per strada una bellissima ragazza con un meraviglioso pancione. Ma tu non vorresti mai avere un figlio? Cosa dev'essere avere una donna che aspetta un figlio da te!?!

C.: Dev'essere stupendo... Spesso mi è capitato di pensarvi. E qualche tempo fa ho desiderato di avere un figlio...

C.: Anche io ho dato moltissimo piacere a donne alle loro primissime esperienze. Una volta una signora russa che non sapeva provare il piacere che con le sue stesse mani con me raggiunse vette altissime...

A.: Uno a zero per te, palla al centro. Accuso il colpo con eleganza, ma mi sono sentita fremere ovunque. Ho bisogno di una doccia fredda. Vorrei essere un uomo per mettere dentro di te nostro figlio.....

A.: Oh, Chiara, ti desidero follemente... facciamo l'amore. Ti voglio. Voglio baciarti morderti succhiarti, vederti godere sentirti vibrare sotto la mia lingua. Fammi quello che fai a lei.....

C.: Non mi piace gloriarmi di quello che facevo con altre persone, però stavolta .. ci voleva... L'ultimo tuo messaggio l'ho trovato molto travolgentemente sconvolgente

C.: Si..........................

 

1 luglio – 21;39

A sera, nella mia camera silenziosa, scrissi per lei nel mio diario:

 

Te l'ho detto e te lo ripeto: oggi è stata la più bella giornata della mia vita.

Telefonare agli amici, dir loro che ti amo.

Dir loro quale grande conquista ho ottenuto: aver trovato finalmente la mia vera natura.

Aver trovato l'amore che cercavo e che aspettavo da sempre.

Sentire la loro gioia per me, la loro comprensione, la loro vicinanza. Sentirli dire che si, tu puoi stare nella mia vita, che noi possiamo essere accettate. Ed attese.

Chiara. Chiara. Chiara. Chiara...

Passo le ore a raccontarmi il tuo nome ed è un suono così coinvolgente...

Guardavo le donne, si, anche se sei gelosa. Ed io adoro sentire che sei gelosa!

Ma le guardavo lo stesso, come se le avessi viste per la prima volta..

Guardavo i loro seni, le loro gambe, il modo di vestire, di gesticolare.

E la ragazza col pancione che mi ha fatto desiderare immensamente l'unica cosa che noi non potremo mai avere: un figlio nostro.

 

Chiara, Chiara, ma vedi come mi hai sconvolto? Ma senti quello che dico?

Ma vedi che per amor tuo telefono agli amici e dico loro: ' Fate festa con me, sono lesbica e l'amo!' ?

Ma vedi che parlo di te con mia figlia e lei mi ha chiesto: ' Ma è più bella di me? ' ed io le ho detto che no, non eri più bella di lei, che nessuno era bella come lei, ma dentro di me urlavo che tu eri bella come lei e che eravate le più belle creature sulla terra!

E poi, si, adesso, il desiderio si fa fuoco dentro di me. Cresce con la consapevolezza, cresce con l'accettazione. È come un sollievo, come un'inondazione.

E mi freme la pelle e tengo gli occhi socchiusi perchè quello che provo sbatte contro le mie pareti.

Io voglio tutto di te. Voglio tutto da te. Sei mia e di nessun'altra. Sono tua. Lo sono stata da quel primo momento quando i tuoi occhi hanno guardato i miei.

E non è servito a nulla tentare di scappare via.

Tu fai discorsi strani che non si accordano alla forza del mio amore. Per quello non li capisco.

Tu dice che devi capire, ma che c'è, da capire?

Noi ci amiamo.

Quale altro nome daresti a questo sentimento?

Quale altro nome daresti a quello che ti preme?

Se tu sentissi la tua voce quando mi parli: trasuda d'amore per me.

E le tue mani, sabato sera, erano un racconto d'amore.

Tu le trattenevi, ma loro mi cercavano. Tu non volevi, ma loro mi volevano.

Non devi smettere di voler bene a Jenny. Non devi rinnegare la vostra storia d'amore. È stata bella. È stata preziosa.

Ma ora è finita: ti ha portata a me.

Ed ora ci sono io, ci sei tu. Ci siamo noi.

Lascia il letto già orfano di lei ed abbandonati tra le mie braccia. Oh, tienimi tra le tue.

Fammi tutto, Chiara, fammi morire di te. Lascia che io assaggi e poi mi nutra del tuo cibo dolcissimo.

Sarà la mia bocca che ti dirà definitivamente quello che ancora non vuoi sentire.

Selle tue labbra, nella tua bocca, sul tuo collo, sul tuo seno. Sulla tua schiena. Tra le tue gambe.....

 

LA SOSTANZA DELL'INFINITO - 2008 olio su tela 35 x 45
LA SOSTANZA DELL'INFINITO - 2008 olio su tela 35 x 45

 

CAPITOLO OTTAVO

 

L'INCUBO DIVIENE REALTA'

 

 

 

2 LUGLIO 07;11

A.: Buongiorno! Ti scrivo dal mio letto avvolta ancora dalle mie smanie notturne. Sono stravolta. Stanchissima. Ho farneticato tutta la notte di te, di noi. Né sveglia né addormentata. Il malessere di te ingigantito da questa malattia che mi sento dentro. Sono divorata. Da te, da lei. Amore, sono pronta ad affrontare qualsiasi pena per te ma se puoi accorciare questa agonia, ti prego, fallo. L'incertezza, la lontananza di te mi distruggono. Buona mattinata, ti scrivo a pranzo. Pensami. Io di certo non potrò fare altro.

A.: Sei stata con donne che hai amato molto di meno di me, che non hai amato affatto. Dimmi che non ti perderò. Dimmi che ti avrò. Stai con me, Chiara, io ti sposerò.

 

09;49

C.: Ho aperto gli occhi da poco. Ho passato una notte a tenerli aperti, poi socchiusi, poi di nuovo aperti, senza mai addormentarmi veramente... anche io, come te. Ti penserò e ti sarò vicina più di quel che non immagini....

 

11;34

C.: Mi mancano le colorite sensuali tonalità della tua voce.....

 

13;08

C.: Sono lì...

A.: Grazie, amore mio.

 

- Fu il giorno del verdetto: verso l'una, all'orario di sportello, mi recai a prendere la risposta degli esami di laboratorio che stavo aspettando, dopo aver cercato di lavorare un po' la mattina, che alcuni clienti attendevano urgentemente la mia visita per fare ordini di materiali.

A quei tempi lavoravo come agente di commercio per una grossa azienda di ferramenta e visitavo artigiani vari, falegnami, fabbri, edili e simili, al loro laboratorio o cantiere od officina, cercando di raggiungere il tetto di fatturato che mi permetteva ad accedere al mio stipendio fisso forfettario che era di duemila euro, più rimborso spese ed incentivi se avessi raggiunto fasce di fatturato più alte .

Avevo un catalogo molto valido con più di 20.000 articoli.

C'era voluto un corso per imparare le caratteristiche di ognuno di essi e inoltre mi ero già fatta una notevole esperienza sul campo, visitando, girando cercando...

Era un lavoro che mi piaceva molto.

Sempre in contatto con uomini che lavoravano in proprio ed avevano fatto del loro lavoro la ragione di vita. Si stava a discutere per ore sulle caratteristiche tecniche di un prodotto nei confronti di un altro, ma anche per tirar giù un centesimo nella fornitura di migliaia, a volte centinaia di migliaia di tasselli, viti, tubi di silicone, particolari di assemblaggio per mobili e tutta la gamma di prodotti anche chimici e cartacei che erano collegati a questa fase della lavorazione.

Ero l'unica donna – agente di quei prodotti che circolava nella vasta zona di due comuni importanti della Romagna ed ero accolta sempre con piacere da questi artigiani.

Io allora avevo una discreta presenza, mi vestivo con tailleur a pantaloni, camicette, un leggero trucco, capelli ramati freschi di parrucchiera. Avevo una vecchia macchina ma ancora elegante ed aggressiva, una macchina che era stata davvero una ammiraglia, quando venne fuori. Quindi non ero una persona che passasse inosservata.

Mi piaceva soprattutto entrare dai falegnami, nei loro capannoni caotici e pieni di segatura e polvere di legno ovunque, dove il profumo del legno appena tagliato mi entrava, aromatico e resinoso, nelle narici, riempiendomi di ricordi di foreste del nord, di acque fredde e limpide, di trasporti su grandi camion o vagoni ferroviari.

Ma anche dai fabbri mi piaceva andare, dove, tra ferri anneriti di saldatura, scintille e rumori assordanti, tra mani sporche che io stringevo con naturalezza e rispetto, sigarette, occhiali di protezione e guanti di poliuretano, sembrava che il mio ingresso portasse una ventata di grazia femminile e di bellezza.

Il fatturato minimo richiestomi fino ad allora era sempre stato raggiunto con facilità ed anzi avevo ricevuto incentivi e vinto piccoli premi di gare interne tra noi colleghi della stessa regione ed anche tra tutti i colleghi a livello nazionale. Quindi avevo una scaletta giornaliera molto intensa, con 10 / 20 appuntamenti programmate in una consuetudine di cadenza di visita quindicinale o settimanale, a seconda delle esigenze del cliente..

Fino a quei giorni ero stata puntuale, precisa, molto agguerrita ed entusiasta.

Lo stipendio era assai buono, dopo anni ed anni di problemi economici terribili e quindi stavo facendo di tutto per darmi da fare.

Troppi debiti, insoluti, ritardi di pagamento, troppe spese, troppe necessità dei miei figli che ancora, a parte la più grande, studiavano.

E poi, io ho sempre amato lavorare.

In ogni impegno in cui mi sono coinvolta ho sempre cercato di dare il massimo di me stessa.

Il 2000, con i tentativi di suicidio per la crudele delusione datami dalla storia con Riccardo, i ricoveri, le cure che mi avevano massacrato e piegato fin quasi a spezzarmi, la difficoltà di accettare le prime esperienze di visioni di vite passate e di altre dimensioni, il grande dolore per l'aver chiuso la mia ditta di vendita itinerante e i derivanti deliri economici e legali, tutto quel fardello pesantissimo che stavo portando sulle spalle sembrava essersi allontanato.

Non prendevo quasi più psicofarmaci, pur restando in contatto con il mio psichiatra per saltuarie visite, avevo avuto questo valido ed importante incarico venendo scelta su diversi candidati ai primi del 2001 e quindi ero proprio motivata a non lasciarmi sopraffare un'altra volta dalle tempeste della mia vita.

 

La storia con Chiara stava mettendo in crisi il mio iter lavorativo ed io non me lo potevo permettere né lo volevo ma lo sconvolgimento che lei aveva portato nella mia vita mi aveva tolto totalmente la necessaria concentrazione ed aggressività.

E quello che mi stava accadendo a livello fisico aveva dato il colpo di grazia alla mia possibilità di lavorare.

Quindi quella mattina cercai di recuperare i giorni perduti, andando a visitare i clienti che sapevo mi stessero aspettando per fare ordini certi ed urgenti, ma lo feci anche per dare una tregua ai miei pensieri che stavano diventando ossessivi ed alla paura di quel verdetto che sapevo, ero certa, sarebbe stato funesto, pur se una parvenza di speranza ancora mi restava dentro.

 

C'era una lunga fila allo sportello, presi il mio numero e mi sedetti su una scomoda sedia nella sala d'attesa.

Guardavo i visi intorno a me e cercavo di immaginare quali malattie stessero covando, scoprendo, controllando. Molti avevano espressioni sofferenti, altri innervosite.

Io... nel silenzio della paura tremavo ma non osavo programmare nulla: quello a cui sarei andata incontro se la malattia fosse stata confermata mi sembrava così imbarazzante ed insostenibile che non volevo pensarci: lo avrei fatto quando fossi stata sicura.

L'orologio digitale a led rossi sulla parete scandiva i lenti minuti che però passavano inesorabili, mentre dall'altra parte del display scoccavano i numeri dei turni.

86.

Toccava a me.

Mi alzai senza sentire le mie gambe, mi avvicinai allo sportello, consegnai il foglio che recava i miei dati di riconoscimento e ritirai la busta che un'anonima impiegata stanca mi porgeva. Ringrazia, salutai, mi girai su me stessa e con la busta stretta in mano, percorsi il non breve cammino che mi portava, uscendo dall'ospedale, fino alla mia auto parcheggiata in uno degli appositi spazi a pagamento.

Entrai nell'abitacolo, mi sedetti ed attesi qualche minuto ancora, poi con attenzione scollai il bordo della busta, tirai fuori il foglio e lessi:

 

POSITIVO.

 

Il sangue mi si raggrumò nelle vene.

E adesso?

E adesso nulla.

Volevo solo andare a casa, chiudere le finestre, sdraiarmi e dimenticare di essere al mondo.

Invece non potevo. Dovevo andare al centro MTS – Malattie Trasmesse Sessualmente -, consegnare il referto, parlare col medico, farmi prescrivere la cura, ascoltare i consigli, farmi dare la richiesta dell'esame di controllo da effettuare dopo quindici giorni circa.

 

Mandai un messaggio a Chiara:

 

13;47

A.: Il risultato è positivo. Stento a crederci ma così è. So che ti avevo chiesto di vederci stasera, mi avevi detto i tuoi patemi d'animo. Non stare a lambiccarti il cervello. Non verrò. Non voglio crearti complicazioni e soprattutto importi la mia presenza per pietà. Ti amo perdutamente. Ma ho la sifilide. Ti aspetterò tutta la vita. Se un giorno tu mi volessi, io ci sarò. Carezze.

 

Poi, come in uno stato di trance, feci tutto quello che dovevo fare: andai, parlai ascoltai, presi carte, ricette per medicinali, consigli, impegnative, appuntamento per la visita di controllo.

Il medico, molto gentile rispose alle mie domande.

La malattia si poteva trasmettere oltre che con rapporti sessuali non protetti, con i baci e la saliva. I fluidi corporei erano infetti fino a quando l'esame del sangue non avrebbe segnato il regredire della infezione.

Chi avesse avuto rapporti sessuali con me negli ultimi si mesi era a rischio di essersi a sua volta infettato perché il tempo di quiescenza della malattia era piuttosto vario da caso a caso, quindi avrei dovuto avvertire quelle persone di controllare se stesse ed i propri partner.

Mi disse che era praticamente impossibile che i miei conviventi avessero contratto la malattia perché comunque, anche se il treponema poteva passare pure con la saliva, era però piuttosto debole e moriva nel giro di pochissimi minuti se estrapolato dalle mucose nelle quali viveva.

Quindi un bicchiere una posata un asciugamano erano veicoli piuttosto improbabili di trasmissione.

Pensai ai miei figli, come facevo da quando avevo saputo di quanto mi stava succedendo e chiesi di nuovo al medico se fosse il caso far controllare anche loro. Lui mi guardò e di certo lesse nei miei occhi il mio terrore e la mia vergogna e mi confortò: mi esortò a stare tranquilla per loro, ma di tenerli sotto controllo per qualche mese e di insistere che avessero solo ed esclusivamente rapporti sessuali protetti.

Pensai trasalendo che qualche volta io e Gabriele avevamo l'abitudine di bere direttamente dalla stessa bottiglia, che so, un sordo di birra o di coca, passandocela l'uno all'altra. Con Betta questo non succedeva mai perché lei era molto schizzinosa. Per fortuna gli asciugamani erano personali: ognuno di noi aveva i propri .Ma davvero dire loro quello che mi stava capitando mi risultava impossibile.

Confessai questi timori al medico, ma lui mi confortò di nuovo e mi tranquillizzò ulteriormente. Mi spiegò che mentre la malattia era in incubazione non era trasmissibile e che il pericolo di contagio era cominciato da pochissimo, a giudicare anche dal valore abbastanza basso risultato dall'indagine nel sangue. Mi disse che di certo il pericolo più grande di trasmissione era molto recente ma che dal presente fino a tempo indeterminato esso ci sarebbe stato in modo evidente.

Cercai di fare mente locale se io e Lele nei giorni o nelle settimane passate ci fossimo scambiati qualche bevanda, ma non mi sembrava. Non avevamo mai moltissimi contatti, ultimamente, io tornavo assai tardi la sera e quasi sempre loro avevano già cenato, a volte erano già usciti. A pranzo stavo fuori.

Pregai in cuor mio: ' Dio, aiutami. Ti prego. Tutto, ma questo no. '

E Dio, quella volta, mi ascoltò.

 

Ripensai ai mesi passati: avevo avuto rapporti con diversi uomini e qualche donna. Non ce la potevo fare a telefonare a tutti.

Alcuni furono incontri occasionali in un privè ma la maggior parte erano stati tutti rapporti protetti.

E i miei baci io non li concedevo facilmente. Neppure il mio amante storico, Stefano, avevo mai baciato.

Ma, oltre Renato che mi aveva gentilmente donato questo bel pacchetto regalo, c'era Luciano . Lui si, a lui avrei dovuto assolutamente dirlo.

E comunque nella mente avevo redatto una lista di tre o quattro persone a cui l'avrei comunicato, anche per metterle in guardia sul fatto che c'era una recrudescenza di questa malattia.

Ma domani, l'avrei fatto domani.

Stasera avrei chiamato solo il mio povero gigante buono, perchè era assolutamente necessario. E al solo pensiero mi sentivo sprofondare di imbarazzo vergogna, dolore.

 

Ma mi sentivo sempre più male. Come una febbre alta mi aveva assalita. Tremavo rabbrividivo. Le forze mi stavano abbandonando.

Lo shock era notevole, forte, profondo.

Chiara mi squillò e appena mi fu possibile la chiamai, di nuovo seduta in macchina nel parcheggio dell'ospedale.

Non sapevo cosa dirle, mi vergognavo profondamente, ero confusa. Le chiesi di scusarmi, che mi riusciva difficilissimo dire qualsiasi cosa. Lei cercò di farmi capire quanto fosse dispiaciuta ma ogni sua parola era come un cazzotto nello stomaco. Stavo per essere travolta da lacrime irrefrenabili, le chiesi di nuovo di scusarmi, la salutai e chiusi la comunicazione.

Le lacrime ormai avevano rotto gli argini e non potavo fare altro che piangere, il viso tra le mani, appoggiata al volante della mia vettura che ascoltava silenziosa il mio dolore che, come un bomba di profondità, stava squarciando tutto quanto incontrava dentro di me.

Piansi a lungo, poi mi riscossi, cercai come potei di ricompormi e mi accinsi a tornare a casa. Avevo assolutamente bisogno del silenzio e del buio della mia camera dove nascondermi .

Mi fermai in farmacia, comprai i farmaci, le siringhe.

 

Chiara mi mandò un messaggio:

 

18;43

C.: Vorrei esserti più vicina. Credimi.

A.: Tu sei perfetta. Sono io che non posso chiederti questo. Sono malata e pericolosa. Devo starti lontana. È meglio che mi dimentichi, il mio sogno è finito.

 

Finalmente arrivai a casa.

I ragazzi stavano preparandosi per uscire, per fortuna, credo che non notarono neppure il mio evidente sconvolgimento. Dissi loro che avevo un forte mal di testa e che mi sarei messa immediatamente a letto, senza cenare e li salutai.

Mi chiusi in camera mia e chiamai Luciano.

Gli dissi tutto senza tanti giri di parole. Come trovarne qualcuna che potesse minimizzare ed alleggerire quanto stava accadendo? Impossibile.

Lui tacque un istante poi scoppiò in grida: ' Non ci credo, non ci credo, dimmi che stai scherzando, dimmi che non è vero. Puttana! Puttana! '

Chiusi la comunicazione. Che altro dirgli? Che altro ascoltare?

Il mio gigante buono quella sera non lo era più.

So che dovevo capirlo, so che io ero la causa per lui di un problema grosso, dato che sua moglie non sapeva che lui la tradisse e dato che avevano normali rapporti, ovviamente non protetti.

Però io non avevo trattato così Renato. Mi ero dispiaciuta per lui. Perché Luciano non provava neppure un po' di pena per me?

Le sue parole mi rimbalzarono dovunque, si artigliarono come fauci feroci, come artigli crudeli.

Quanto era rimasto in piedi nonostante la bomba di profondità venne dilaniato da quelle sue grida.

 

I ragazzi erano usciti. Senza neppure accendere la luce mi recai in bagno, feci una lunga doccia calda.

Mi sentivo sporca, infangata, miserevole. Cercai di far andare via quello sporco, insaponandomi accuratamente e a lungo e restando altrettanto a lungo sotto al flusso caldo dell'acqua.

 Pensavo alla mia eroina di ' Out of Africa ' il film con Merril Streep e Robert Redford basato sugli scritti di Karen Dinesen Blixen, che lei pure aveva subito l'onta di quello sfregio ed il dolore, l'urto di quel violento morbo. Per lei certo era stato più difficile, il rischio tanto più alto, dato che ebbe solo il 50 per cento di probabilità dei salvarsi e che ciò che le accadde le precluse la possibilità di avere figli ma lei l'aveva contratta dal marito quella malattia infamante e quindi il suo non era stato peccato, ma danno subito.

 Io... beh, io da più di un anno cavalcavo l'onda di quella follia alla quale si dava il nome di trasgressione erotica e di certo non mi sentivo così pura.

 Sapevo benissimo che quelle storie di sesso, quegli incontri occasionali non erano per me che una fuga, un ripiego, una ribellione al non avere accanto a me l'amore a cui agognavo da sempre ed anche se non mi sentivo in colpa, dato che male non ne facevo a nessuno, ugualmente ero conscia di stare dove non avrei né voluto né dovuto stare.

 Le malattie, poi, erano un rischio sottinteso: quando si gioca, si rischia anche di perdere e questo lo sapevamo tutti.

 Luciano.... beh, perché non aveva indossato un profilattico come io gli avevo suggerito?

 Mi disse che lui preferiva così ed io acconsentii: avevamo giocato, avevamo perso. Che senso aveva recriminare?

 Ma ...... le sue parole ancora mi urlavano nelle orecchie e scendevano sempre più nel profondo.

 Ero stanchissima ma così inquieta che non mi riusciva di placarmi, così mi misi al pc e scrissi.

 Per lei, a lei, Chiara, versai fuori tutto quello che avevo nel cuore e che in altro modo non avrei saputo e potuto dirle.

 

2 luglio – 21;42

Ho la sifilide.

Ed è una condanna senza appello.

Non una condanna a morte, che darebbe meglio, così non dovrei provvedere io stessa a quella ormai non procrastinabile bisogna, ma alla pena che assolutamente non posso scontare.

Perderti.

Perché io non ho alcun diritto e non ho nessuna intenzione di farti soffrire.

Anzi, il mio sentimento di madre si rivolta inferocito contro di me a quel pensiero.

 

Perché non posso proporti questa scelta assurda di difficoltà e sacrificio che i tuoi giovani anni non meritano di ricevere.

È uno stupro della tua infinita innocenza.

Perché non posso sperare neppure nei miei più arditi e folli sogni che tu possa provare un amore così grande per me.

Così devo lasciarti andare, convincerti che è una pazzia il contrario.

 

Non obbligarti ad andartene, perché non sono né il tuo professore né Riccardo.

Perché sono convinta che tu abbia il diritto di decidere.

Perché so che comunque io ti potrei regalare abissi d'amore e di felicità come forse potresti non più trovare.

Ma devo mostrarti quale sarebbe il nostro prossimo futuro per un numero indefinito di mesi, forse un anno.

Un anno che a ventun anni è lungo ed importante come dieci.

Noi ci desidereremo aspramente e non potremo averci.

Noi avremo paura per te, per la tua adorata incolumità.

Noi avremo rinunce, limitazioni fortissime.

Noi dovremo sublimare.

Io dovrò essere così giovane da capirti e giustificarti. Tu così matura da tollerarmi.

Ma quale amore grande ed assoluto può mai affrontare tali prove?

 

Ad appena dieci giorni dalla sua nascita?

Così neonato e fragile e così bisognoso di cumuli di felicità?

Il mio, si, perché è la mia ultima spiaggia. Perché comunque io non ho più niente da perdere da tempo, ormai, ed ora fino all'ultima oncia.

Ma tu, bambina mia? Perché devo presentarti un compito così arduo?

Ti ho già accennato queste cose i giorni scorsi al telefono, ma le ripeto qui, per te, per me, per le nostre memorie.

Per questo nostro libro che resterà monco di un lieto fine.

 

Io ti lascio libera.

Sciolgo la promessa che ancora non avevi pronunciato.

Ti benedico e ti ringrazio.

Perché mi hai mostrato la via.

Mi hai ridato una vita.

 

Finito di scrivere queste parole le telefonai e gliele lessi.

Lei le ascoltò in silenzio fino all'ultima ed attraverso l'altoparlante del cellulare passava il suo respiro, il suo soffrire, il suo commuoversi, il suo stringermi a sé, il suo ribellarsi alla mia decisione di interrompere la nostra storia appena nata, la sua immensa pena per me, la sua dolcezza, il suo amore, la sua bellezza.

Mi disse, con un filo di voce, quando io ebbi taciuto, dopo una piccola sospensione che per me durò un tempo immemore, che il suo cuore si stringeva crudelmente al pensiero di dimenticarmi.

 

Parlammo a lungo, lei parlò a me.

Ed io mi immersi nel suono della sua voce.

Più tardi, quando chiudemmo la comunicazione ed io cercavo di addormentarmi, ancora mi scrisse:

 

23;13

C.: Vorrei sapere come stai e a cosa pensi... Vorrei sapere se le nostre parole hanno toccato le tue profondità.

A.: Sto male. Penso a te. Non posso fare a meno di pensare con assurda speranza al tuo cuore che si stringe al pensiero di dimenticarmi. Quello che mi dici si infigge in me come un marchio...

 

CAPITOLO NONO

 

IL REBOUND. MAX E JENNY

 

 

Stavo male.

Uno strano malessere, come qualcosa mi stesse divorando da dentro.

La mia accesa fantasia immaginava quei microorganismi che si stavano spandendo per tutto il mio corpo, li vedeva come piccoli mostri con zanne feroci che mordevano i tessuti dei miei organi interni, poco alla volta, lacerandomi pian piano ma inesorabilmente fino a fare di me una poltiglia sanguinolente..

Sentivo i piccoli microscopici crudeli morsi moltiplicarsi sempre di più e portarmi a stare sempre più male, a sentirmi sempre più debole, come avessi la febbre alta.

Impossibile nascondere il mio malessere ai miei famigliari.

Impossibile andare a lavorare.

Avevo assolutamente bisogno di stare a letto.

Inoltre solo mia madre poteva farmi le iniezioni, che erano una lunga serie e quindi qualcosa dovevo dire.

Facendo ricerche su internet trovai un agente patogeno che aveva sintomi e cure simili, ora davvero non riesco a ricordare più il nome.. se mi viene in mente lo aggiungerò.

Il quadro era piuttosto calzante, anche le possibilità di ricadute, la necessità di effettuare controlli periodici e la possibilità di dover ripetere la cura.

Fu un immenso sospiro di sollievo che esalai: davvero la realtà non la potevo affrontare.

Non sono solita mentire e non amo farlo, ma quella fu una delle volte in cui lo feci, anche perchè mentendo non facevo male a nessuno, anzi.

La realtà avrebbe fatto soffrire sia mia madre che i miei figli, per questo ringraziai il cielo di aver trovato una giustificazione più che plausibile al mio malessere.

Quella fu una menzogna pietosa che non mi pentii mai di aver detto.

Troppo dolore ho seminato dietro i miei passi, troppo, per non aver saputo mentire quando sarebbe stato più saggio farlo.

Quella volta lo feci. Se qualcosa dovrò pagare per quello, sono pronta.

Anzi, forse l'ho già pagato.

 

 

3 luglio 00;07

A.: Lui è con te? Perché un uomo tanto stupido deve essere così fortunato?

 

01;15

C.: Si, lui c'è e fino ad ora ho avuto anche parecchia gente al circolo. Mi manca da morire la tua voce... Dopo potrei telefonare, quando vado a casa alla fine del lavoro?

A.: Si, quando vuoi....

 

Max era colui che ci aveva fatto incontrare.

Che personaggio!! Aveva solo qualche anno meno di me, ma era tutto tatuato. Era un culturista e, tra le varie cose, faceva anche il buttafuori in una grossa discoteca dei paraggi. Sempre in mezzo a maneggi di vario genere, tesseva una tela intorno a Chiara di cui molto presto io mi avvidi e che cominciai ancor prima a detestare.

Lui era innamorato di lei.

Lo era da tantissimo tempo, dato che si conoscevano da diversi anni, più o meno da quando lei era una teenager.

Già questo mi dava un fastidio tremendo, che un uomo di quella età stringesse rapporti di quel genere con ragazzine così piccole.

Io sentivo profondamente il peso della mia età in confronto a quella di Chiara. Più volte, parlando con lei, avevo portato li il discorso. Lei protestava, diceva che non era affatto una bambina e che sapeva benissimo quello che stava facendo, - e devo dire, col senno di poi, che tra le due quella che aveva le idee più chiare e che era più forte e meno esposta a rischi era proprio lei. - ma io comunque non riuscivo a non sentirmi a disagio, soprattutto quando dalla sfera amicale e un po' materna dei nostri discorsi, passavamo all'atmosfera dell'amore vero e proprio e del desiderio fisico, dell'amore del corpo.

Mi interrogavo di come potessi amare e desiderare a quel modo quella ragazza così giovane, che avrebbe potuto abbondantemente essere mia figlia, dato che la mia figlia maggiore era assi più grande di lei. Anzi, facendo un conteggio matematico, Chiara avrebbe potuto tranquillamente essere mia nipote, se mia figlia avesse avuto bambini in età molto giovanile come io avevo fatto.

Eppure il mio amore per quella fanciulla era dichiaratamente e definitivamente un amore completo: il mio corpo la desiderava disperatamente ed il suo rispondeva al mio richiamo erotico ed amoroso.

Ma ora comunque Chiara era maggiorenne già da qualche anno e si dimostrava assai matura, volitiva e difficilmente influenzabile.

Ma Max era entrato nella sua vita quando lei era poco più di una bambina ed io sapevo che il suo non era un affetto paterno, proprio no.

Chiara mi aveva raccontato che fra loro vi era stato qualche contatto erotico e di questo io stessa non avevo avuto dubbi, avendo conosciuto Max prima di lei ed avendo visto quali fossero le sue attitudini ed abitudini. Per lui non vi erano tabù.

Ero altresì certa che ora e da tempo ormai questi contatti, che io consideravo assai impuri, erano cessati e Chiara me lo aveva assicurato. Ma ugualmente io sapevo che lui stava facendo di tutto per trovare il sistema di tornare a letto con lei.

Accidenti, proprio per quello me l'aveva presentata!! Così come precedentemente mi aveva fatto conoscere un'altra ragazza, un po' più grande di Chiara, con la quale ebbi qualche incontro.

Anche quella volta lui cercò di intrufolarsi tra noi, ma non vi riuscì perché noi preferimmo incontrarci da sole.

Quindi la sua costante presenza accanto a lei mi ingelosì subito. E lui, di riflesso, si ingelosì di me.

Chiara non gli aveva detto cosa stava succedendo tra noi.

Ma lui, vedendo che ci sentivamo spesso, aveva di certo mangiato la foglia.

Cominciò per quello ad essere più invadente e più presente del solito, facendomi reagire in modo sempre più infastidito alla sua costanza, perché mi sottraeva parte del non molto tempo che lei poteva dedicare a me ma soprattutto perché immaginavo che lui le avrebbe presentato altre donne, prima o poi, sempre che non lo stesse già facendo, dato che io non ne ero sicura.

La mia impressione era che Chiara non fosse del tutto trasparente per quanto concerneva i suoi rapporti con lui.

Sentivo questo loro legame, che era piuttosto forte, come una cosa malata, una cosa negativa per lei, anche se certo tra i due era lui che soffriva pene d'amore.

Di certo lui la desiderava e non poteva averla. Però le era spesso vicino. Stava ore intere al bar - circolo dove lei lavorava per pagarsi gli studi, inoltre, se lei doveva andare da qualche parte, fare commissioni o altro, si offriva spesso di accompagnarla con la sua macchina o con la sua moto, con la scusa di aiutarla o di accelerare i tempi nel traffico convulso delle ore di punta.

In questo modo lui era spesso, troppo spesso tra i piedi.

E questo aveva cominciato a farmi dannare.

 

01;52

C.: Dormi? Come stai? Ti disturbo? Se hai voglia possiamo sentirci ora, così dopo ti lascio dormire.

A.: Mi ero assopita, ma ti stavo aspettando. Non so come sto, male direi. Ma come disturbi!? Se sei l'unica mia ragione di vita!!

 

La notte, al telefono, lei era mia.

Come se, messo fuori tutto il resto: famiglia studio lavoro Jenny e Max, finalmente lei ritrovasse la nostra dimensione.

La notte era il nostro contenitore.

I minuti scorrevano lenti ma fluidi e così ci trovavamo che era passata un'ora, poi due, poi tre, poi l'intera notte e noi stavamo ancora parlando né avevamo esaurito gli argomenti .

Ci trovavamo che lei crollava dal sonno ma ancora volevamo stare lì, a vivere il nostro mondo magico.

Di cosa parlavamo?

Lei mi raccontava le sue giornate passo passo, i suoi sentimenti le sue emozioni.

I bisticci con la sorella minore, i nervosismi con mamma, la complicità con il padre. Il grande affetto per la sorella maggiore e la nonna. I nipotini ,che spesso badava quando la loro madre aveva degli impegni. Erano piccoli ed erano bellissimi, vivaci, deliziosi indisponenti capricciosi incredibili. Mi faceva spesso parlare al telefono con il più grandicello, che dimostrava una spiccata simpatia per me tanto che, quando si trovava solo con la sua dolce zietta, le chiedeva se potevano telefonarmi. Che bello parlare al telefono con quel cucciolo...

E poi, pensare che era come fosse una parte di Chiara, dato che avevano in comune una grande affinità genetica, me lo rendeva estremamente prezioso. Il più piccolo, Filippo, era più timido e ritroso e non parlava con me volentieri: a mala pena mi salutava, ma il dolce ed intelligentissimo Davide era uno spettacolo della natura.

Così, nelle nostre lunghissime telefonate, Chiara mi raccontava sempre gli accadimenti giornalieri che riguardavano anche quelle piccole vite.

Poi c'era la storia con Jenny.

Poco a poco Chiara cominciò a sentire il bisogno di parlarmi di lei, di quello che lei le faceva vivere, dei loro frequentissimi litigi, dei ritorni e delle brevi tregue. La mia piccola sentiva notevolmente il peso della sofferenza dell'altra, si sentiva in colpa di infliggergliela, di non amarla più. A volte poi era confusa, non sapeva più bene quello che provava.

Da tre anni stavano insieme. Jenny era stata la sua prima storia seria e duratura: Chiara aveva creduto che sarebbero state insieme tutta la vita.

Mi diceva che lei era stata certa di essersi innamorata di Jenny, mentre, fino a quel momento, a parte la storia platonica che aveva narrato nel suo libro, erano state le altre, innamorate di lei a ricercarla, richiederla adorarla attenderla per anni.

Mi raccontò che c'era un amica, Claudia, che da anni era innamorata di lei, che non aveva altre storie, né le cercava.

Claudia sapeva che Chiara non l'amava. Tra loro non vi era mai stato nulla, eppure lei era così presa ed innamorata che si accontentava si starle vicina come amica, di poterla vedere, di ascoltare i suoi racconti.

Claudia era un'altra presenza costante nella vita di Chiara, ma di lei non fui mai gelosa, anzi, provai sempre un senso di grande affettuosa pena per lei, immaginando la sua sofferenza ed anche ammirando la forza di quel suo amore silenzioso e rassegnato.

Ma esse erano coetanee ed io confidavo che ben presto Claudia, la giovane e prorompente vita di Claudia, avrebbe avuto il sopravvento e l'avrebbe spinta a cercare un nuovo amore, una donna che l'avesse corrisposta per avere la sua parte di vita vera.

 

Tutte queste dinamiche che si muovevano nella giornata di Chiara ci davano tantissimi spunti di cui parlare.

Lei mi confidava i propri pensieri, si confrontava con a amia visione della vita, mi chiedeva consigli. Si faceva consolare quando era triste, si sfogava quando era arrabbiata, mi poneva domande quando era incerta. Ed io ero così felice di tutto questo perché mi sentivo importante, per lei, perché potevo prendermi cura di lei, proteggerla, perché così ero nella sua vita.

 

Io pure avevo tante cose da raccontarle: il mio burrascoso a volte sconvolgente passato, il mio difficile presente. Ma di certo era più lei a confidarsi con me che il contrario.

Io... io troppo spesso non me la sentivo di buttarle addosso tutti i miei problemi, come se mi vergognassi della mia povera vita. Le avevo raccontato delle mie difficoltà e disavventure, certo, non volevo nasconderle nulla e lei mi aveva ascoltato con grande interesse, mi aveva fatto domande alle quali avevo risposto sinceramente. E giornalmente le dicevo tutto quello che facevo ma era la sua vita che mi interessava, era di lei che volevo riempirmi.

 

E poi c'eravamo noi.

Ci raccontavamo il nostro amore, o meglio, io le raccontavo il mio adorarla.

Le leggevo quello che scrivevo per lei, i miei iperbolici sogni, i miei accesi sentimenti, i miei vibranti desideri, i miei azzardati progetti.

Ma questo lo leggerete nel dipanarsi della storia......

 

Così la notte non dormivo.. parlavo con lei, pensavo a lei. Di giorno cercavo di portare avanti i mie doveri, ma il mio pensiero era fisso su di lei.

Lei era diventata tutta me.

 

 

03;26

A.: Quante cose sto sognando... A tavola con noi, parli con i miei figli, siete amici... addormentarmi tra le tue braccia con le tue coccole che mi donerebbero finalmente pace.... Ho bisogno di smettere di soffrire, almeno un po', almeno per qualche ora: sono pericolosamente vicina al limite. Come mi faresti le coccole mentre mi addormento? Vorrei che tu appoggiassi la testa contro la mia spalla in modo da inebriarmi del profumo dei tuoi capelli e mi raccontassi con la tua morbida dolce amata voce del nostro amore infinito...

 

03;50

C.: Si, le farei a te, quelle coccole... sai .. sto andando a casa ora.. non finivo più di rimettere tutto in ordine.....

 

11;50

C.: Buongiorno! Sto per fare una doccia fredda che calmi i calori ed i bollori di una notte in cui ho sentito passare l'amore attraverso le mie corde vocali ed i fremiti del mio cuore. Lei come sta, dolce signora?

A.: Difficile da dirsi, con così poche parole. Ma dopo aver letto le tue, ubriaca di felicità. Vado da mia madre a fare l'iniezione. Quando posso chiamarti? Ho bisogno di sentire la tua voce.

 

14;16

A.: Buon pranzo! Mi ero assopita qualche minuto ma non mi riesce ad abbandonarmi al sonno. Mi sono svegliata di soprassalto con spasmi violenti e tutto di me che si contraeva. Ho male ovunque. Non credo che tu possa fare di più di così, per me, ma sto malissimo. Posso chiamarti un attimo?

C.: …. Sono stanchissima: ho finito ora di fare tutto quello che dovevo, stamattina. Ora devo dormire un po'... quando mi sveglio, posso telefonarti? Tu come stai? La tua iniezione? Hai... voglia di sentirmi? ….. Io tanta ….. a dopo, dolce signora......

C.: Oh scusa, si sono accavallati il mio messaggio con il tuo. Stai così male? Mi spiace nemmeno tu sai quanto.... Si............

 

L'iniezione di antibiotico che mi era stata prescritta e che mia madre mi inoculò ebbe una forte azione di rebound, come mi fu spiegato.

Il mio corpo reagì alla cura come se stesse aggredendo un nemico, tanto questa era invasiva. Quindi ebbi una forte febbre, quasi quaranta, tremiti fortissimi di freddo, dolori in tutto il corpo, spasimi e contrazioni tetaniche nei muscoli delle gambe e delle braccia. Restai sola, senza dirlo a nessuno, chiusa nella mia camera a tremare e a scuotermi, sconvolta ed incapace di chiedere aiuto, senza le forze per un qualsiasi movimento volontario, solo scossa e bruciante di febbre. Durò un paio d'ore, poi passò, lasciandomi sfinita....

 

18;58

A.: Ho dormito un po'. Sto meglio. Parlare con te è miracoloso. Ti amo, credimi.

C.: Sono felice di essere per te ' miracolosa '… davvero tanto...

A.: Lo sei davvero. Ti penso continuamente. Non faccio altro. Sono sdraiata, completamente senza forze, ho ancora un po' di febbre ma sono così felice. Ho l'impressione di non avere più problemi.....

 

21;12

A.: Ti prego, non andare a dormire prima che ti abbia chiamato. Ho bisogno di passare la tua voce sulle mie sofferenze.

A.: Ma fa un effetto così grande aver trovato la propria strada? Aver smesso di lottare contro se stessi? Vorrei tanto che mi raccontassi come è stato per te... posso darti la buonanotte?

 

22;49

A.: Sei con lei, vero? Fa male.

 

4 luglio – 00,52

A.: Non dormo. Penso che ci voleva una donna per farmi sentire donna per la prima volta. E vedi:, ho ragione io: tu ami ancora lei, già me, per sempre lui... l'amore è infinito. io.. solo te.....


CAPITOLO DECIMO

 

SITUAZIONI AVVERSE

 

 

Quando ci conoscemmo, io e Chiara, io affermavo di essere bisessuale.

Avevo amato uomini, in modo profondo e totale, aggiungendo al sesso con loro anche i moti del cuore e dello spirito. Avevo amato donne, ma sempre in modo disgiunto: quelle che avevano avuto il mio cuore e la mia anima non avevano avuto il mio corpo e viceversa.

Fino ad allora i miei innamoramenti per persone del mio stesso sesso erano stati totalmente platonici e silenziosi, senza essere espressi ma rimanendo costretti nell'ambito della struttura amicale tra donne, che prevede affettuosità e mancanza di pudore, l'una verso l'altra. Ma chi aveva avuto il mio corpo, le donne con le quali avevo fatto l'amore fino a quel giorno, - ed erano diverse, - di nessuna di loro ero stata innamorata.

Per questo motivo non ero riuscita a coniugare i miei sentimenti e le mie situazioni.

Che qualcosa mi mancasse, mi sfuggisse, c'era. Io sapevo che avrei potuto vivere altro. Ne ebbi la conscia percezione, che fu una vera e propria illuminazione, verso i 22 anni. Avevo conosciuto Silvia e ne ero perdutamente innamorata. Per più di venti anni lo sono stata. Ero la sua ombra la sua confidente, il suo appoggio, il suo paggio, il cavalier servente. Ma lei non mi amava. Non glielo dissi mai, come da copione, anche se lei l'aveva capito perfettamente.

Si lasciò amare.

Mi bistrattò seguendo le ondate del suo carattere impositivo e duro. Era una donna di una intelligenza micidiale, perfetta come un bisturi.

Per me era una dea, irraggiungibile. Lavorammo insieme come socie per qualche anno, poi mantenemmo un contatto strettissimo. Le perdonai di slancio e senza problemi ogni sua angheria, soffrendo in silenzio. A sua disposizione per tutto. Allora ero sposata con Carlo e lui ne era, ovviamente e giustamente, geloso. Io di certo non avevo mai amato lui come amavo lei.

Ma anche lei non poteva essere mia.

Però il sentimento che provavo per lei mi diede la netta percezione che altro vi era a disposizione per me, un altro mondo che il mio cuore conosceva benissimo ma la mia vita non aveva ancora vissuto.

Sarebbe stato logico che, dato che questo processo mi portò a separarmi da Carlo, io avessi cercato un'altra donna.

Ma come avrei potuto, amando lei? Nessuna avrebbe potuto prendere il suo posto. E così incontrai Antonio, me ne infatuai immediatamente e cominciò la mia seconda unione con un uomo, che poi divenne mio marito e padre di due miei figli.

Amai Antonio? Si, lo amai. Ma quello che provai per lui, pur se molto forte e coinvolgente, non era il vero amore.

La presenza di Silvia era costante anche tra noi, lui pure ne era geloso, nonostante io e lei ci frequentassimo meno dato che con lui non vi era nessun feeling. Ma quando mi sposai lei ed il suo amante, che era mio amico, furono i miei testimoni.

Ed il mio cuore sapeva benissimo che avrei voluto, sarebbe stato più giusto, se all'altare lei avesse preso me come sposa.

Ma anche allora quelli erano pensieri un po' sepolti, come sotto il pelo dell'acqua.

La consapevolezza di me fu solo Chiara a darmela, lei fu colei che unì il mio cuore al mio corpo.

Di certo tutta quella frotta di amici -amanti che mi ruotava intorno non poteva esserle gradita.

Non vi è cosa più dolorosa per una donna omosessuale amare una donna che si congiunge ad uomini. Io lo so bene, lo so cosa esplode dentro quando si sa che un uomo può toccare, possedere il corpo della donna che si ama.

È una rabbia feroce, non solo una gelosia, è un dolore vero, come vedere qualcosa contro natura.

Si dice che l'omosessualità sia contro natura, invece lo è non essere se stessi, lo è congiungersi carnalmente a qualcuno che non si ama e che non ci è congeniale secondo l'orientamento della nostra psiche.

Non credo nella bisessualità. È una mia personale convinzione e so che molte donne ed uomini invece ci credono. Io so per esperienza che si possono amare persone dei due sessi, so che l'amore ha molte sfumature ed espressioni. Ma ugualmente so che un solo modo è quello giusto. Un solo amore può renderci felici.

Si può amare molte volte durante una vita, oppure una sola, oppure mai.

Questa è una cosa personale. Ma sono convinta che solo amando colei o colui che ci fa vibrare completamente si possa dire che si ama, che si è sulla via giusta.

Certo, per chi non ha le idee chiare, per chi ha una personalità molto composita come la mia, può essere difficile capire come si è veramente, ma, alla fine, arriva quella persona che accenderà la luce.

Così, alle preoccupazioni che Chiara mi esprimeva riguardo il mio modo di essere io risposi :

 

 

4 luglio – 09;04

A.: Buongiorno! Non so se dormi ancora, non vorrei svegliarti, ma non resistevo più. Oh Chiara, quanto ti amo! Ed è un amore così diverso! Vorrei dirti tante cose, soprattutto una è importante...

C.: Buongiorno a te! Dimmi pure quella cosa che volevi dirmi....

C.: No, non hai ragione tu, lei non la sto amando più, la fiamma di lei si sta spegnendo. E la tua... l'unica... si sta accendendo....

 

10;08

A.: Non mi importa assolutamente più nulla di Riccardo, Rodolfo, Luciano, Filippo e gli altri. Dirò loro di non chiamarmi più, non voglio che la loro presenza possa farti soffrire. Vorrei che tu fossi sicura di me. Quello che mi hai detto è la cosa più bella che io mai mi sia sentita dire. Lacrime stanno scendendo dai miei occhi: di commozione, di felicità. Vieni da me, oggi? Dimmi di si!!!

A.: Sento dentro di me questa lotta titanica della mia vita che risponde all'aggressione vigliacca che non meritava. Voglio vivere. Per te, per noi. Lotteremo insieme per l'amore. Una aggressione che ho ricevuto proprio lì, nell'unica mia parte che era rimasta accesa. Questo sarebbe stato l'attacco finale e definitivo. Ma ci sei tu: Dio esiste.

A.: Noi saremo paladine di noi stesse, del nostro diritto all'amore. Del diritto che hanno le donne omosessuali come noi siamo, di vivere senza gli uomini. Saremo esempio di coerenza nella nostra realtà. C'è una frase che mi martella in testa da giorni ormai: orgoglio omosessuale. Ora so cosa vuol dire, ora so per la prima volta nella mia vita perché sono venuta al mondo, qual'è il mio scopo.

 

10;55

C.: Sei tutta sola oggi pomeriggio?..........................

A.: Penso proprio di si, se vieni tu, i ragazzi usciranno. Ma se non puoi o hai da fare, non ti preoccupare, farò rimanere uno di loro per farmi compagnia e starmi accanto se mi sentissi male di nuovo.

A.: Ma sei davvero sicura che non l'ami più? Lui non mi fa paura, ma lei tantissimo. Ho capito cosa rappresenta per te: ella ha incarnato il simbolo della tua omosessualità. È per questo che fai tanta fatica a distaccartene.

C.: Perché dici questo? In che modo potrebbe aver incarnato questo simbolo?

A.: Nello stesso modo in cui tu lo sei per me: amore saffico consapevole e completo del corpo e dell'anima. Scelta di vita.

C.: Ma lei ed io siamo così diverse.. E si è visto negli sviluppi della nostra storia. Era un amore a metà, è durato sei mesi. Poi c'è stato il mio continuo affetto, la mia continua presenza, la mia onnipresente offerta d'aiuto. L'amore è passato in secondo, anzi che dico? In ultimo piano. Non credo proprio che questo sia l'AMORE.

 

11;34

C.: Come stai? Hai la febbre stamattina?

A.: Non ho la febbre ma mi sento piuttosto male. Mi sento aggredita, divorata. Amare vuol dire anche aiutare, esserci... E poi l'hai detto tu, ci credevi. È stato un traguardo. Non devi rinnegare ciò che hai provato e stai provando per lei, non è giusto. Non lo voglio, ti ho detto quanto ti capisco. Ora vorrei solo che tu accettassi il nostro amore.

C.: Io non lo sto rinnegando! Anzi, sto dicendo che per me è difficile accettare la fine di un sogno in cui ho creduto tanto, in cui ho speso tante energie. Ma ti sto anche dicendo che è stato un amore a metà. Sono una persona molto passionale che ha fatto del Vero Amore un ideale, l'unico obiettivo importante.

A.: Resta sempre aggrappata ai tuoi sogni. Non rinnegarli mai, inseguili sempre. A volte si avverano. Io, ora, ne ho raggiunto uno, il più importante. Chiara, piccola, la mia non è una scenata di gelosia: ho cercato di farti capire che mi faccio carico dei tuoi problemi, che mi importa di te, di quello che provi, che non ho paura di parlare sinceramente. Che rispetto ed accetto....

C.: Possiamo sentirci tra una decina di minuti? Ho voglia di sentire la tua voce, i tuoi innumerevoli pensieri accavallarsi con i miei...

 

11;58

A.: Ti chiamo......

 

12;05

A.: Hai ragione tu: siamo un groviglio. Sono affamata di quello che pensi, di quello che provi.

 

12;30

A.: Hai capito che c'era Betta con me, vero? Ti amo, Chiara. Grazie che vieni da me, oggi. Spero che il tempo che ci separa passi in fretta...

 

13;12

A.: Se saremo sole, come spero, oggi vorrei guardarti, nuda... Scoprirti accarezzarti dolcemente, me lo permetterai?

C.: Ho il mio ciclo, oggi, preferirei di no, se però non la prendi come un'offesa.. Ti offendi?

A.: No, ma non pensavo a nulla di profondo. Solo guardarti, bella come sei. Accarezzarti dolcemente. Conoscerti. Ma tranquilla, tutto come vuoi. A me le mestruazioni non importano, non sono un uomo! Agli uomini fanno schifo, le nostre cose. Noi siamo sorelle. Io sono madre. Perché pensi possano darmi fastidio? Non dimenticherò neppure per un attimo la mia malattia. Ma ti AMO!!

C.: Lo so bene che non sei un uomo!!!!

 

14;08

A.: Scusa scusa scusami! Credevo che il mio desiderio... Oh, non so... Non ci capisco niente, non so come si fa con una donna.....! Vieni tranquilla, non ti toccherò nemmeno, promesso!

 

 


INNAMORARSI - 2010 olio su tela 60 x 90
INNAMORARSI - 2010 olio su tela 60 x 90

 

CAPITOLO UNDICESIMO

 

4 LUGLIO – 15;37

 

 

4 LUGLIO – 15;37

C.: Sono felice di essere qui.

 

Lo scrisse sul mio pc, seduta sullo sgabello al quale io mi mettevo per scrivere, mentre io le stavo di fianco e guardavo le sue dita posarsi sulla mia tastiera come se le posasse su di me.

Lo scrisse sul file dei nostri messaggi e pensieri, su quello che volevamo far diventare il ' nostro ' libro, una promessa che io sto mantenendo ora.

 

L'entrata di Chiara nella mia casa fu qualcosa che, pur a distanza di dieci anni, io non riesco a trovare ancora le parole per descrivere.

Fu come la luce entrasse nella mia vita, quella vera, quella di tutti i giorni. Fu come mi alzassi di un gradino, mi elevassi. Fu come trovare un fiore tra i rifiuti.

In contatto telefonico per darle le indicazioni stradali, ero sull'uscio quando la sua macchina nera arrivò.

Elegante, femminile, disinvolta, fluida, splendente, sorridente uscì dall'abitacolo e fece quei pochi passi che la separavano da me.

Non toccava l'asfalto mentre camminava.

Il mondo intero la portava sul palmo della sua mano.

Io, docciata e rivestita del mio tailleur migliore, un leggero trucco, come fossi pronta per andare ad una festa, ad un appuntamento importantissimo, le feci ala per sorpassare il portoncino che dava nel mio appartamento.

Quanto avrei voluto vivere in una bella casa, invece che in quella casetta appena decente di cui abitavo in affitto tra stanze più bagno e cucina al piano terra! Come avrei voluto avere pavimenti artistici, tappeti persiani, mobili eleganti, divani, cuscini, preziose suppellettili, decorativi soprammobili per accoglierla.

Non che io vivessi in un luogo squallido, non che vi fosse sporco polvere, disordine, di certo no. Io ho sempre tenuto, fino alla mania, alla pulizia di ogni mia casa. Non che non vi fosse un certo gusto nella scelta dei mobili. Vi erano poi piante, fiori, oggetti come soprammobili che mi erano cari e che io ritenevo belli. Quadri alle pareti, fotografie, i miei trofei, le mie vittorie in campo della cinofilia un po' dovunque, ma.....

Ma quello che era arrivato fin lì era quanto sopravvissuto da uno sfascio generale della mia vita, da un disastro economico, da un trasloco da una casa di mia proprietà di 350 metri quadrati ad un appartamentino di 80.

Ed erano passati bimbi cuccioli gatti cani su quelle mobilie ed avevano lasciato i loro segni indelebili sui miei mobili laccati bianchi con gli sportelli a persianine, come piaceva tanto a me.

Avrei voluto avere una alcova, invece che un letto fatto con i due lettini a castello dei miei bimbi, che avevano preferito altro quando erano diventati grandi. E magari un grande armadio guardaroba di legno nobile invece che uno a ponte, per risparmiare spazio, impellicciato di formica opaca, comprato per due lire in qualche Mercatone.

Quella era la mia casa dignitosa ma che recava i segni della mia difficoltà economica.

Eppure lei entrò e tutto fu diventò così bello, come non lo era mai stato.

Ogni piccolo particolare risaltò quando Chiara, dopo aver salutato uno ad uno con una certa titubanza, data la sua paura, ma con grazia, i miei cani e gatti, che avevo chiuso in cucina perché non la seppellissero al suo ingresso con le loro feste, posò lo sguardo o le mani su di loro.

Guardò tutto, si fece mostrare tutto, come volesse entrare in ogni cosa, come volesse lasciare il suo segno, come volesse inglobare tutto il mio passato.

Sorrideva, sembrava spigliata, ma io sentivo quanto fosse emozionata.

Io, io non sapevo neppure dove e chi fossi.

C'era solo lei, solo lei.

 

Mi disse che voleva scrivere al mio pc, qualcosa sul nostro ' libro ' in composizione, così si sedette sul pouf quadrato ed imbottito di stoffa giallo scuro, fratello del divano che stava in cucina.

Mentre lo faceva io mi sedetti accanto a lei. Le mostrai un po' di fotografie, anche se allora non era ancora cominciata la follia fotografica che venne negli anni successivi con i telefonini e che portò tutti gli italiani, tutti gli abitanti di questa terra e me, a scattare e scattare, immortalando qualsiasi cosa.

Oggi nel mio pc ci sono migliaia di foto. Allora erano molte meno, per fortuna!

Chiara guardò commentò, io ogni tanto le accarezzavo i capelli con un gesto lievissimo.

Poi presi io il posto ' di comando ' al pc e feci quello che le avevo promesso: cancellai tutte le foto, le poesie i racconti erotici e non, che riguardassero le mie storie con uomini.

Avevo una abitudine, una volta, come un piccolo dono che facevo all'interessato o interessata: scrivere una poesia per lei o lui.

Ne avevo decine. Alcune erano semiserie, altre maliziose, altre erotiche, altre nostalgiche, altre innamorate.

Una ad una le misi nel cestino del pc e quando furono tutte imprigionate lì dentro, le mie parole impure scritte per uomini che non le avevano di certo meritate, vuotai il cestino con un gesto un po' plateale, come ripulissi una intera vita di qualcosa che mai avrebbe dovuto esservi contenuto.

Mentre facevo quello, lei mi venne dietro, posò le sue mani sulle mie spalle, mi carezzò i capelli e poi aderì completamente contro la mia schiena.

Sentii le sue forme entrare in me.

Lei spinse, sporse il pube contro il centro della mia colonna vertebrale.

Fu come arrivasse a penetrarmi l'anima.

Cos'ero io, cos'erano i miei giorni vissuti, cos'erano i miei pensieri, gli averi, le azioni?

Erano nulla.

Vuoto pneumatico nel quale Chiara entrò e tutto soffuse di se stessa, riempì fino a far traboccare quell'orcio vuoto che ero stata senza di lei.

In quel momento divenni anfora greca con preziose figure di donne in peplo, nere su terracotta.

 

Mi alzai, colta da una emozione irrefrenabile e feci per abbracciarla, ma lei si oppose, si schernì, gettando un intero ghiacciaio sul mio incendio furioso.

Cercai di dissimulare, di non mostrare il dolore che mi paralizzò.

Mi scostai immediatamente da lei senza dire una parola, volgendo il capo perché lei non guardasse il mio viso.

Lo sapevo che ero ammalata, non l'avrei baciata, volevo solo accoglierla tra le mie braccia, come si accoglie un essere amato e tanto atteso, finalmente giunto da un così lungo viaggio interstellare.

Perché, Chiara?

Perché ti rifiutasti, ti scostasti da me?

Perché?

Quante volte avevo amato ed ero stata rifiutata? Quante volte e quanto a lungo le mie braccia erano rimaste orfane, vuote come conchiglie abbandonate su di una spiaggia silenziosa e solitaria, percorsa solo dal freddo vento di tramontana?

Così tante che non feci altro che accettare il mio destino.

Mi riscossi e ripresi a parlare sorridendo, come nulla fosse accaduto.

Decidemmo di uscire e di andare da mia madre.

Non ero in grado di guidare. Ero debole e malferma, stanchissima, pur se accanto a lei avevo dimenticato ogni mio dolore, problema, difficoltà, malessere.

Dovevo farmi l'iniezione e lei volle accompagnarmi.

Mia madre accolse colei che le presentai come una mia amica, molto tranquillamente. La ringraziò di avermi accompagnato fin da lei, dato che stavo così poco bene. Mi praticò l'iniezione, ci trattenemmo ancora un po' a chiacchierare con lei, mostrai a Chiara le foto di me e mio fratello bambini, che aveva mia madre, dei miei nipotini.

Poi tornammo a casa.

Il mio ricordo si ferma qui. Per quanto mi sforzi non riesco a farmi venire in mente altro, né cosa poi successe di nuovo a casa, anzi, ora mentre scrivo, mi è venuto in mente che quando rientrammo trovammo Lele che era venuto a cambiarsi o non so più per quale ragione.

Gli presentai quella famosa Chiara di cui sentiva parlare in continuazione da giorni. Il mio ragazzo allora aveva 16 anni e fu molto spigliato, gentile con quella bellissima ragazza, amica della madre.

Lele era abituato a frequentare ragazze più grandi di lui, di certo provò ammirazione ed interesse per lei, come mi confermò poi, la sera.

Ancora non sapeva....

Ma non ricordo altro.

Di certo Chiara se ne andò ed io lascio alle parole scritte allora il compito di continuare la storia.

 

18;45

Te ne sei andata. L'iniezione brucia da morire. Sento la febbre che già sta salendo.

Ma quello che mi fa più male è vederti andare via....

No, no! ….... Io sono felice!

Sei andata via, ma tornerai. Io verrò da te, presto. Prestissimo.

Tu mi ami, tutto il resto non conta.

Ti rivedo qui nella mia camera. Come sei bella, Chiara.

So che te lo dicono tutti da sempre. Ma, Dio!, non c'è altro modo per dirtelo.

Da giorni penso al paragone da offrirti: ' Sei bella come... '. ma non c'è nulla a cui osi paragonarti. Tutte le cose più belle sfigurano al tuo confronto. Forse qualche quadro famoso... Ma no, nessuno, niente.

Quando ti guardo negli occhi sento il mio sangue liquefarsi. Quando ti tocco è come prendere una scossa elettrica.

No! basta! Quante cose banali ti sto dicendo!!!!

E' perché quello che provo non è narrabile.

Si può raccontare fino ad un certo punto ma oltre, la parola umana non ha abbastanza significato.

Sta arrivando la febbre. Sento già gli spasimi dell'effetto rebound.

E sono la donna del giorno dopo.

Domani saprò raccontarti quello che provo vicino a te. Ora sono troppo scossa.

Quando ti sei appoggiata alla mia schiena... Ti giuro non ho mai provato nella mia vita una emozione così forte.

Quando ti ho stretta tra le mie braccia... MA....

Forse so perché non riesco a scrivere quello che vorrei.

Sono arrabbiata. Furibonda.

Mi hai respinta. Mi hai mandata via. Hai resistito al mio desiderio. Ti ho sentita tremare. Ma non ti sei arresa.

Non sei ancora pronta. La mia malattia. Hai paura. O non so cosa.

Questo mi fa vibrare di rabbia sorda ed impotente.

Questo brucia più della forte medicina che mi morde le carni.

Mi resisti.

Ed io sono senza difese. Come sempre io devo soccombere. Devo sottostare. Devo aspettare.

Aspettare non è il mio forte.

Ti desidero assurdamente. E non è solo il tuo corpo quello che desidero così forte. Quello che di più vorrei è che tu ti abbandonassi finalmente in modo totale al nostro amore. Non mettessi più recinzioni tra di noi.

Io muoio dal bisogno di sentire che hai deciso.

Perché non l'hai ancora fatto.

 

19;54

C.: Sto per andare a casa. Appena girato l'angolo di casa tua oltre a stringermisi il cuore mi si è spento il telefono e l'ho avuto così finora. Era ultra – scarico. Poi sono passata dal circolo. E sono arrivata a casa solo ora. Vorrei sapere come stai e a cosa pensi.... Dopo ci sentiamo? Hai la febbre?

 

20;25

C.: Non mi rispondi? Sigh....

C.: Puoi stare dieci minuti al telefono con me?

 

Ma io mi ero addormentata, sfinita e travolta dalla febbre altra e dopo terribili assurdi tremori. Il suono dell'arrivo dei messaggio sul mio telefonino, il mio primo, uno dei mitici Motorola neri con lo sportellino, grandi come un mattone, allora era come un piccolo verso di uccellino, un piccolo fremito.

Troppi ne arrivavano ed io dovevo per forza di cose dissimularli. Per quello non avevo sentito l'arrivo di quelle sue richieste.

Ma ugualmente qualcosa risuonò nella mia mente, la sua voce passò le barriere di quella crisi da medicinale, mi svegliai, lessi, la chiamai, parlammo.

Chiara sapeva come rincuorarmi, quando voleva e poi il solo sentire la sua voce per me era un elisir....

 

21;19

A.: Non sono più infelice. Le tue parole mi hanno rincuorato. È che ho il terrore di perderti. Ho il terrore di non piacerti. Ho il terrore che tu mi lasci. Ho bisogno dei tuoi si.

 

22;22

A.: H ho appena finito di parlare con Rod. Ho chiuso con il passato.. la via è libera, larga, finemente lastricata ed accuratamente pulita. Per te, amore mio. Per i tuoi piedi.

 

23;55

C.: Mi piace sentire questa tua ferma decisione. Sai, sono stanchissima anche questa sera. Ma quando mai mi riprenderò? Sono così stanca, soprattutto mentalmente. Perché sto provando una miriade di sensazioni... Che alla fine estenuano. Fisicamente, mentalmente. Eroticamente.. E tu, dolcezza, come stai?

A.: Difficile da dirsi. Sono sballottata tra la più folle delle felicità e la più nera delle depressioni. Posso chiamarti? Vorrei tanto parlare un po' con te? Mi manchi...

 

5 luglio – 00;00

C.: Sai, prima, immersa tra i tuoi fogli, leggevo di te. Leggevo le tue storie, le tue conturbanti e dissetanti parole attorcigliate tra di loro. Scritte per tante persone diverse.... si......

 

E quando Chiara mi scriveva quel ' Si......' io venivo scossa come uno straccio sbattuto da una mano fuori da una finestra.

La mia colonna vertebrale veniva percorsa da onde vibrazionali che si ripercuotevano in ogni mio neurone, togliendo forza e resistenza ad ogni mio muscolo.

Quel ' si ' mi riempiva di fede in lei e quello che stavo provando per lei, di speranza che finalmente la mia vita avrebbe cambiato binario.

Leggevo quelle due lettere sul display del cellulare e mi frantumavo d'amore.

04;22

A.: Voglio vedere i tuoi occhi. Voglio sentire la tua voce. Voglio camminare per strada allacciata a te e vedere la gente voltarsi e guardarmi interrogativamente.

A.: Non so di che sanno le tue labbra. E in tante le hanno assaggiate. Non ho mai avuto i tuoi sospiri e chissà che te li avrà strappati. Non mi hai mai detto' ti amo ' e chissà quante volte lo avrai detto invano. Hai visto i miei occhi? Laghi di passione. Oceani d'amore. Volgiti a me, desiderata isola, intravista spiaggia di salvezza non ancora raggiunta. Da pace ai miei pensieri che senza di te non hanno più riva....

 

05;18

A.: Oh Chiara, Chiara! Cosa mia hai fatto? Mi hai detto che non ti piaceva che io.... da sola..... Ed ecco che non ci riesco più! Guarda l'ora... mi sono svegliata ed addormentata cento volte. Farnetico. Ti voglio! E nulla può spegnere questa fiumana di fuoco....

 

09;42

A.: Buongiorno! Sveglia da un'ora. Dormi ancora? Come sempre mille cose da dirti, da chiederti. Ma una su tutte: posso venire al circolo, stasera? E poi: perché io e te possiamo andare in giro tranquillamente devi lasciare lei, vero?

 

5 luglio 09;50

Quella del giorno dopo.

Che ora era stanotte, quando abbiamo smesso di parlare e ti sei abbandonata al sonno?

Non so, non l'ho guardato. Molto tardi. Ed erano quasi le cinque che ti ho mandato quella ' poesia ' e poi l'altro messaggio ancora dopo.. Nel mezzo, smanie e farneticazioni. Poi un po' di sonno stremato. E sveglia troppo presto per aver così poco dormito.

Non mi ha svegliato nessuno. Il pensiero di te, mi ha svegliato. Quando è emerso appena un po' dalle nebbie del sonno, ecco che mi ha scosso violentemente e di scatto mi sono seduta sul letto.

' Chiara ' mi sono detta. ' Chiara c'è davvero. È la mia donna.

 

Ecco come stanno le cose. Ecco quello che è successo in una settimana:

Mi sono innamorata di te.

Ho capito finalmente, accettato di essere una donna omosessuale e non bisessuale.

Tu ti sei innamorata di me ed hai deciso che mi vuoi.

Ho la sifilide. Sono stata malissimo.

Ho chiuso tutte le porte col passato: Riccardo Rodolfo Stefano Luciano Corrado Luca Filippo Edwin.....

Quando penso di fare all'amore non penso più ad un membro, di chiunque fosse, penso a te. Sei tu che mi accendi.

Non è poco in così pochi giorni.

E in più non mangio nulla, segno inequivocabile del mio stato...

Vorrei dirlo a tutti. Ho mille programmi da realizzare con te: scrivere questo libro, buttarmi, stringendo la tua mano, nell'affascinante mondo lesbo, iscrivermi all'associazione gay della mia città.

Imparare ad essere una donna omosessuale.

 

Imparare ad amarti bene senza farti soffrire.

Imparare di nuovo ad essere felice.

 

Che programma impegnativo.

Forse la cosa più difficile è senz'altro l'ultima.

Ma tu mi insegnerai........

 

CAPITOLO DODICESIMO

 

MI AMI?

 

5 luglio 10;08

C.: Buongiorno a lei.... Sarei lieta di rispondere a tutte le sue domande, dolcezza.....

 

11;34

Al telefono con te. Perfusa di una felicità sottile e maliziosa che si spande nelle mie vene con la tua voce che dalle mie orecchie si installa nel mio cervello e butta fuori tutto il resto. Ma......

Ma. Alla mia domanda: ' Mi ami? ' non hai risposto.

E poi, incalzata dalle mie altre domande, so quanto impietose, mi hai detto che non hai ancora deciso nulla.

Ed io, stamattina, ero così sicura che tu avessi deciso tutto. Ieri sera no, ero molto incerta, ma poi, questa notte al telefono con te, tutto si era appianato in me.

Ed invece sbagliavo. Come sempre, sbagliavo.

Il terrore si è impadronito di me. Sto tremando fisicamente.

So che non è giusto per te, coinvolgerti in questo mio dramma personale. Capisco quale grande pressione ti stia facendo. Capisco che sto sbagliando, che ti sto facendo del male. Mi odio, per questo.

Ma Chiara, se tu mi dicessi di no........

Non ti sto ricattando. Non sai quanto mi sto disprezzando mentre scrivo questo , perché lo scrivo per leggertelo e non per uno sfogo solitario.

Vedo chiaramente quale rete ti sto tessendo intorno. Come tanto somiglia a quella che ti ha tessuto intorno lei.

Amore è dare. Non chiedere.

Io lo so.

Ma perderti non è una prospettiva plausibile, per la mia vita.

Casomai ti servisse ancora una prova da parte mia, eco che te ne voglio dare una.

Vuoi che stiamo senza vederci e sentirci fino a quando le cose non siano chiare, per te? Fino a che non hai deciso?

Pensi che allentare la pressione di questo nostro rapporto così massivo e stretto possa aiutarti?

Sono disposta a fare questo, volentieri. Dimmelo tu....

 

NNONONONONONONONONONONONONONONONONONOOONOONNNNOONONOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

... si.....

 

Ma quello rimase poi uno sfogo solitario.

Tutto il mio passato mi incombeva addosso.

I rifiuti improvvisi e senza un motivo di Antonio, Rodolfo, Renato, Corrado ma ancora prima, il rifiuto di mia madre, di mio fratello, mi rendevano così povera, così insicura che, benché io sapessi perfettamente di stare sbagliando, eppure non potevo non provare quello che stavo vivendo.

Come si può con la mente cambiare ciò che prova il cuore?

Impossibile.

Almeno per me lo è, impossibile. Lo era allora, lo è oggi.

Il mio gorgo, il mio mulinello era e non è possibile venga imbrigliato con la forza della ragione.

Non lessi quelle parole a Chiara, perché le sentivo profondamente sbagliate ed ingiuste ma l'energia che usciva da me, prodotta da me, era quella: di una richiesta fortissima.

Parlammo.

Poi con i messaggi......

 

11;27

A.: Scusa tesoro se non capisco. Il tuo è un meccanismo così lontano da me. Hai visto come l'amore per te mi prende totalmente e tutto mi sia chiaro e facile. Rispetto i tuoi sentimenti ed ammiro molto questa tua difficile coerenza. Ma te lo devo dire che non so come potrei affrontare perderti. Non ho mai amato nessuno come amo te. Ma anche nessuno mi ha amato così. Sei la dimostrazione che la mia vita ha un valore. Ti attendevo da sempre. Grazie che sei arrivata. Ancora una cosa: io mangio per riempire un vuoto di cui solo il cibo può sedare un poco la dolorosa invadente disperante voce. Ecco perché non mangio più.

 

Io attendo qualcuno da sempre, che non è mai arrivato.

Dentro di me questa attesa è, scritta a caratteri cubitali. Più volte nella mia vita ho creduto che colui o colei che stavo attendendo fosse arrivato. Più volte ho sentito quella voce di predestinazione negli incontri che ho avuto.

Certo ogni incontro è un appuntamento. Certo ognuno di noi è atteso. Ed io, che ho aperte porte che altri hanno chiuse e sprangate, sentivo questo nettamente.

A quegli appuntamenti mi sono sempre fatta trovare pronta, completamente disponibile e quello che vi era di mezzo che avrebbe potuto ostacolare, è stato allontanato o rimosso.

Ma chi è arrivato, sempre non era altrettanto pronto, altrettanto disponibile.

Ho amato e sono stata amato molto, ma non sono mai stata scelta.

E questo perdura tutt'oggi.

La mia amara realtà, il mio amaro destino.

Come incolpare chi non ha potuto, saputo, voluto scegliermi?

Come non vedere quanto difficili le situazioni oggettive di chi ho incontrato?

Come non vedere i miei difetti, i miei errori, le mie difficoltà, le mie sofferenze?

L'ho scritto più volte: più amo e più allontano chi amo.

Quale micidiale miscela sono io?

Eppure amo, eppure do e faccio tutto quanto mi è possibile.

Mai per fare del male, mai.

Mai per ferire, offendere, tradire.

Io non sono di qui.

Le mie regole non sono le vostre. Non sono state le loro.....

 

12;55

C.: Mi è arrivato il tuo ultimo messaggio.. Vuoto! Me lo rimanderesti, per favore??Non posso pensare di non leggere i tuoi più preziosi pensieri...

C.: ….... Si......

A.: E' la risposta ad una delle domande di stamattina?

C.: Ad una.

C.: Si....

A.: Mi basta, il resto verrà. Sto piangendo.

C.: E' da quando me lo hai letto che penso. Penso alla soluzione ' momentanea ' che mi hai proposto. Penso che potrebbe andare, o forse no. Forse si.. Forse no. Forse si... Che confusione!

C.: Perché piangi?

A.: Perché hai di nuovo riacceso la mia vita. È un momento fondamentale. Non ti angustiare. Calmiamoci un attimo. Se sei sicura di quello che hai detto, il resto non ha nessuna importanza.

 

15; 37

A.: Vita mia, sono da Francesco – (il mio terapista psicologico, filosofico, naturale) – Spengo il telefono. Quando sono da lui il mondo deve stare fuori. Ti chiamo quando esco. Se vuoi. Quante nuove emozioni, a girare per strada! Baci.

C.: Aspetto te. Buona seduta.

 

17;10

A.: Francesco mi ha chiesto se sono sicura che tu non stia cercando la mamma. Gli ho risposto che pensavo di no. Sbaglio? Ah, mi ha dato un titolo di un libro da leggere insieme: ' Anime compagne, anime gemelle '. Credo che pensi che noi lo siamo. Come è lenta questa sera. Non so dove sbattere la testa. Il muro non è abbastanza duro. Via, lavora... io sopravviverò.

 

17;58

A.: Che male fa oggi, l'iniezione! Penso a ieri. Alla tua mano posata dolcemente sulla mia ' bua '. vorrei che tu ora fossi ancora qui con me. Mi passerebbe subito. Mi mandi un bacio?

 

18;58

C.: Scusami tesoro. Mi ero addormentata, mi sono risvegliata ora. Certo che ti mando un bacio. Te ne mando uno, ma efficace.... Come stai? Sei con Betta?

 

19;02

A.: Amore, sto così. Ma la tua dolcezza mi sommerge. E mi culla come braccia morbide e profumate. Grazie. Sono con Betta. Ma posso chiamarti solo cinque minuti?

 

21;22

A.: Raramente ho provato la gelosia, nella mia vita. Ora ho scoperto quanto morda. Non è giusto che loro siano vicini a te ed io qui, a languire senza di te. Consolami!! Dimmi che io ho di te ciò che loro non avranno mai!!

C.: No, loro non l'avranno mai! Mai!!

A.: Ti amo.

 

22;36

C.: Perché sbatti la testa contro il muro?

A.: Perché mi sembra insopportabile stare lontana da te. Perché mi sto chiedendo quanto tarderà la tragedia. Perché ho una paura fottuta. Perché ti desidero da impazzire. Ti voglio...

 

23;08

Mi hai detto che mi ami. Ed io mi sono sentita morire. Di felicità. Ho pianto.

È stato bello oggi parlare di te con Francesco e poi con la mia amica Roberta. E sentirti dolce, innamorata. Fai sogni erotici con me come protagonista. Mi sono sentita così sicura: il mondo è stato mio.

Ti ho detto che non ho fretta, che sarò diversa.

Ma non è vero!!!!!

Io ho troppa fretta! Io ho paura che tu mi dica che scherzavi. Che ti sei sbagliata. Ho paura che tu stia giocando, che tu ti stanchi subito..

E sono qui, in casa, ammalata, febbricitante, col mio disco preferito che mi si scioglie nel sangue e ti amo da impazzire e devo fare la persona matura, perché è questo che tu ti aspetti da me ed anche io. Ma cosa cazzo c'entra la saggezza con l'amore????

Non c'entra niente. Non è coniugabile.

Io sono qui. E vorrei essere lì. E dovrei essere lì.

Tu dovresti volermi lì.

E non capisco, cazzo, proprio non riesco a mettermelo in questa testaccia dura e sorda come tu possa stare lontana da me.

Accidenti, non lo capisco.

Alla faccia del self control!

Mi hai spiegato tutto: Jenny, il bel sogno sfumato e tutto il resto..

Ma dove lo metti, l'amore per me?

E, accidenti, questa è una frase che io ho già sentito. E sono io quella che si sente dire sempre di no.

E non è giusto. Cazzo, non è giusto. No, non è giusto!!

E sto pestando su questi tasti come la colpa fosse loro e se non mi calmo tiro via tutto.

Perché i miei sogni non si avverano mai.

E adesso piango.

 

23:30

A.: Oggi ti ho detto che non avevo fretta. Ho sbagliato. Niente di più sbagliato. Sto soffrendo troppo. Mi ami? Se mi ami, allora mi vuoi. E allora prendimi. Come io prendo te. Non mi ami? Allora mollami. Ma non puoi tenermi a bagnomaria. Non con tutto questo dentro. Decidi. Sei grande, per decidere. Chiamami quando l'hai fatto. Da ora sono in silenzio stampa.

C.: Ma come? Oggi mi hai detto che saresti stata serena, che stavi bene... E ora? E io non ti tengo a bagnomaria. Ne abbiamo parlato tanto. Poi mi hai detto che capivi. Poi mi hai fatto una proposta, poi mi hai detto che eri serena, che non avevi fretta.

A.: Ho sbagliato sono stravolta. Scusami. È più forte di me. Quelli sono discorsi saggi. Questo è amore. Ho la febbre. Piango. Ho i brividi. Tu sei là. Io anche dovrei essere là.

C.: Hai la febbre? Mi spiace da morire non essere lì con te.. Qui piove. Io adoro la pioggia. Vedi che se tu fossi venuta, poi ti saresti sentita male? Vorrei essere io, lì.

C.: Non capisco. Certo che riesci a farmi scuotere. In tutti i sensi.

A.: Anche tu mi scuoti. Non so cosa mi ha preso. Forse è stato il discorso della prostituta. Mi è salita una cosa dentro, incontenibile. Capisco perché quelli che stanno vicino a te sragionano! La febbre io l'ho di te!! La mia proposta è ancora valida, se vuoi. Ma decidi. Perché io muoio.

 

Quel pomeriggio avevo chiesto a Chiara di poter venire nel circolo. Come una comune cliente. Avrei bevuto qualcosa, sarei stata semplicemente lì, con lei, senza nulla dire o fare. Una presenza come tante. Avrei potuto divenire abituale e nessuno ci avrebbe fatto caso, dato che quella era la prassi, in quel posto. Avrei giocato a a carte, magari. O semplicemente sarei stata a guardare la tivù. Così facendo sarei stata insieme a lei. Poi, quando avrebbe staccato, avremmo putto stare insieme, anche solo dieci minuti. Ed io sarei stata felice. L'avrei accompagnata a casa con la mia macchina in modo che non dovesse fare un discreto tratto di strada a piedi nella notte. Non volevo altro che stare vicina a lei. Guardarla. Sentirla parlare. Non volevo altro.

Ma lei non volle.

Poi ci fu quello strano discorso di quella donna che lei mi raccontò.

Tra i vari clienti che andavano regolarmente al circolo dove lavorava Chiara c'era una prostituta.

In genere la clientela di quel posto non era della miglior specie. Giocatori d'azzardo, avvinazzati e altre piacevolezze del genere.

A me non piaceva affatto che lei stesse in mezzo a gente così. Sapevo bene come poteva venire guardata e concupita e questo mi faceva diventare matta. Non tanto per gelosia quanto piuttosto perché io sentivo quelle persone sporche per lei. Lei era pura, per me, avrebbe dovuto stare solo in mezzo a persone pure. Invece a lei piaceva, quella gente. Questa prostituta avrà un suo ruolo particolare in questa storia.

Quella sera lei fece strani discorsi con Chiara, di amicizia, ma anche di attrazione che quella provava nei suoi confronti. Chiara mi raccontò la scena. Mi disse che l'altra aveva bevuto e che le si era messa vicina, molto vicina, che l'aveva abbracciata.

Io non ho nulla contro le prostitute. Se la loro è una scelta di vita e non son costrette, - ma quale di loro non lo è, in un modo o nell'altro? - io le rispetto. Ognuno è libero di fare ciò che vuole, di se stesso. Io pure avevo appena vissuto un periodo nel quale avevo conosciuto in modo biblico molti uomini e donne ma mai e poi mai avevo preso denaro, in cambio.

E non che in quel periodo non ne avessi bisogno e non che non mi fu proposto.

Mi capitò più volte di ricevere offerte di denaro per concedermi a persone per fare giochi strani. Ma io assolutamente rifiutai.

Ci pensai sopra: avevo molti debiti, molti problemi e mi erano state offerte cifre interessanti ed anche la possibilità di ripetere, ovviamente, la cosa.

Mi dissi che ero una stupida, che potevo risolvere così facendo molti dei miei problemi ma davvero non potei.

I miei incontri di sesso avvenivano per piacere, per erotismo, per curiosità. Io comunque mettevo amore, un amore di certo particolare ma era amore.

Non sentivo di mancare di rispetto né a me né ai miei partner.

Accettare denaro era tutta un'altra cosa, per me.

E così non lo feci mai. Mai assolutamente.

Ora quella donna mi faceva paura, destava la mia preoccupazione e la mia gelosia: Chiara era molto giovane....

Pensare che quella era là, accanto a lei, che l'insidiava, mi fece improvvisamente ammattire.

 

6 luglio - 00;22

Non so cosa mi sia successo. Ero sincera, oggi, mi sentivo serena e tranquilla. Ero convinta di quello che ti stavo dicendo. E poi, stasera...

Vedi che ho buttato all'aria tutto quanto, per te e sarei pronta a fare di più, se fosse necessario.

Io non ero già lesbica. Sto facendo cose mai fatte. Per andare dove non so assolutamente. E non ho nessun dubbio. Sono davvero matta.

Tu devi solo dirmi che mi ami e che vuoi stare con me. Sai cosa ti aspetta, per quanto riguarda te. Sai come funzioni.

E non lo fai.

Per una storia già finita. Per una storia mai iniziata.

Ecco perché penso che tu non mi ami. È più forte di me.

E questo mi fa impazzire.

Perdonami, bambina. Hai la capacità innata di sconvolgere la gente. È un compito molto impegnativo. Una cosa dura da sopportare, immagino.

Sembra folle anche a me, la mia reazione. Ma tant'è: la provo. Ed assolutamente non passa.

Spero di non averti spaventata troppo.

Ma, ti giuro. lo sono anche io.

 

02;11

C.: Come può uno scoglio arginare il mare, anche se non voglio, torno già a volare... Dormi? Come stai? Sei arrabbiata con me? Hai ancora la febbre? Sai, vorrei essere con te e sentire la pioggia scorrere sulle nostre emozioni.

A.: Non dormo. Sto molto male. E non è solo la malattia. Non sono arrabbiata con te. Qui non piove, purtroppo. Anche io vorrei tu fossi qui. Non hai capito il mio sconforto? Non intendi la mia disperazione? Non senti? La non scelta è già una scelta. Questi no sono così grandi che non puoi non vederli. Sai benissimo quanto me che non mi vuoi..

C.: Lo potrei capire sentire, ma oggi mi hai detto cose così differenti!! Come vorrei poter fare luce per te, per me...

A.: Tu sola puoi..

 

03;11

A.: Vuoi parlarmi?

A.: Avevi dubbi per il Professore? Avevi dubbi per Jenny? Perché hai dubbi per me?

C.: Non ti ho risposto perché stavo per chiudere. E volevo farlo in santa pace. Avevo dubbi su di loro. Molti. Il dubbio è sempre stato necessario. Non avevo dubbi quando non amavo. Mi preparo per la notte. Tra cinque minuti ci sentiamo.

A.: Ho tantissimo desiderio e bisogno di vederti. Di guardare nei tuoi occhi. Te lo dico non per forzarti, ma perché è bello dirtelo. Stare vicina a te è la soluzione di tutti i miei problemi. Ho fame di fare cose, con te. Di mangiare insieme. Camminare insieme. Stare in macchina, ascoltare la musica. Guardare le stesse cose. Respirare la stessa aria. Essere vicine. Oggi pensavo che la prima volta che dormiremo insieme, ti spazzolerò io i capelli. Ti chiamo.

 

Parlammo a lungo. Cosa erano le mie paure?

I fantasmi del mio passato.

Il dubbio in sua assenza.

Nella sua voce si scioglievano tutte, come evanescente nebbia evaporata ai primi raggi del sole.

Nella sua voce dolce, sussurrata al telefono mentre, al buio nella sua cameretta, teneva basso il tono per non farsi sentire dai suoi e non disturbarli, data l'ora tarda, io nuotavo, volavo, mi sdraiavo. La bevevo, la mangiavo, la respiravo. La accarezzavo. Mi accarezzava. Mi blandiva. Mi cullava. Mi rapiva. Mi incantava.

Le dissi, quella notte, che mi sentivo come stessi camminando da sempre, funambolo obbligato dal destino senza mia volontà, su di un filo tirato tra due punti invisibili ad una altezza stratosferica. E che era come stessi sempre per cadere giù e morire.

La sua voce fu il cavallo alato che mi prese in groppa e mi portò lontano, in salvo.


05;17

Ho calato dentro di me le tue parole.

Ti credo.

Dammi la mano.

Ecco, sono scesa dal filo.

Il tuo amore è un prato fiorito ed i miei piedi scalzi vi aderiscono saldamente.

Sono in salvo.

Tu mi hai fatto riguadagnare la terra.

Ti prometto che i miei occhi ti mostreranno il cielo.

Insieme lo guarderemo.

 

SONO TRISTE - 2011 OLIO SU TELA 23 X 18
SONO TRISTE - 2011 OLIO SU TELA 23 X 18

CAPITOLO TREDICESIMO

 

QUANDO SARAI..... CHIARA

 

 

6 luglio – 12;29

C.: Adoro quello che mi dici: il tuo desiderio di vita con me lo condivido pienamente. Sono felice che tu abbia questi pensieri, questi voleri. E adoro leggere di te, nei tuoi messaggi. Nella tua mente...

C.: Monday evening is perfect, for you? ( traduzione: lunedì sera è perfetta per te? )

C.: Questo era il messaggio del mio insegnante di inglese... lo avevi capito?

A.: Veramente mi ero illusa che tu mi stessi dando un appuntamento. Non ti nascondo una grande delusione ed un accesso di gelosia.... I professori sono molto pericolosi. Io mi sento tua. Completamente.

C.: Non ti preoccupare! Ho chiuso con i professori. Di qualsiasi genere tipo, marca e modello. E poi spero di poterti vedere, magari prima di lunedì.... Ti bacio.

A.: Ti credo. Quando vorrai vedermi, ci sarò. È da ore che penso una cosa, devo dirtela. Voglio mettere le mie dita dentro di lei e poi portarmele alle labbra. Bere il tuo sapore.

Facciamo l'amore, Chiara! Ho pensato come fare. Non c'è bisogno che tu mi spogli, puoi sempre accarezzarmi sulla biancheria intima. E avresti il mio seno. Potresti baciarlo, le mie spalle, il collo. Io baciare la tua pelle, accarezzarti tutta. Potresti metterti sopra di me e farmi quello che mi dicevi. Potremmo guardarci, vederci godere.... Sto impazzendo.....

A.: Meglio ancora.. Mi è venuta un'altra idea! Potresti usare guanti in lattice. Saresti imbarazzata? Io affatto! Giocheremmo alle dottoresse! Potresti penetrare dentro di me... pensaci. Forse può sembrare poco poetico ma risolverebbe un sacco di problemi. Potresti godere di lei. E io con te. Senza rischi. Li metterei anche io. Così la sicurezza sarebbe totale. Solo le nostre bocche rimarrebbero orfane. Ma i nostri cuori metterebbero tutta la poesia necessaria. E ce n'è davvero tanta. Non lasciare che un sottile strato di gomma ci tenga lontane. Ti desidero pazzamente.

 

Il desiderio di lei...

Sono una donna passionale. I pianeti decidono queste cose di noi, incidendole profondamente nel nostro destino. E non vi è nulla o nessuno che possa cambiare queste linee che ci sono guida per tutta la vita.

Ma i pianeti lo decidono basandosi sul succo delle vite precedenti, sulla traccia del nostro vissuto.

L'amore dei corpi, il tantra, è vita, per me.

Avevo dodici anni quando scoprii il Kamasutra. Non c'era internet, allora, ma tutto si poteva raggiungere, se vi era interesse.

Lo scoprii per caso, davvero non ricordo come, forse ne parlarono su di una rivista di mia madre. O chi lo sa. Io leggevo moltissimo, allora, di tutto. Qualsiasi foglio di carta stampata mi capitasse sotto il naso. Mia zia aveva una cartoleria, libreria. Io passavo lì le ore. Con i soldi della mia paghetta, quelli della merenda risparmiati, compravo libri. Quando mi si voleva fare un regalo e mi chiedevano cosa avessi desiderato, chiedevo libri..

Scoprii il Kamasutra e lo lessi. Lo trovai affascinante e vero, ma anche sentii, pur se in maniera confusa, che io ero così. Che per me il desiderio dei corpi era una questione di vita, di sopravvivenza ma anche di crescita.

Più tardi lessi altri trattati di religioni tantriche, tra cui il Tao.

Il desiderio come fine a se stesso. Il piacere come un'arte. L'ars amandi dei latini.

Negli affreschi di Pompei in una gita dei miei sedici anni mi si mostrò un mondo che io sentivo mio.

Certo le mie prime esperienze erotiche nulla ebbero a che spartire con il mondo sotterraneo che io avevo dentro, ma sapevo che io avevo quell'universo da scoprire.

E nell'arco della mia vita, fino a quel momento, avevo vagato a lungo per quelle strade.

Ma il desiderio di Chiara era un'altra cosa.

Pensare di averla nuda tra le mie braccia e le mie mani era non solo sconvolgente, ma affascinante. Come entrare in una stanza segreta, come possedere qualcosa di rarissimo mai visto da nessuno prima. Ma anche come prendere una nave per un viaggio su mari sconosciuti e su di una rotta che portasse ad isole ignote e meravigliose, dove mai piede umano avesse calcato la sua orma.

Ma anche era amare me attraverso lei. Scoprire me, in lei. Quella che io non ero mai stata. Così bella, così pura. Così luminosa. Era entrare nella luce millenaria di una stella. Era vestirmi di immenso e vagare senza meta per terre dove i fiumi davano latte e miele ed i frutti erano vita ed estasi.

Desideravo il suo piacere.

Desideravo vederla abbandonata, vibrante, perduta, estatica. Desideravo donarle tutta la mia cura, la mia attenzione, essere la sua servitrice, la sua ancella.

Lei la mia padrona.

E nel suo piacere sapevo, sentivo chiaramente come stesse la mia felicità. Quella di cui conoscevo l'esistenza ma che non avevo mai provato.

Perché era il mio cuore, la mia anima che si facevano corpo in modo da poterla toccare.

Le anime sono puri spiriti. Hanno tutto fuorché l'azione.

Le anime non possono toccarsi, baciarsi, accarezzarsi.

Per quello cercano mondi di energia più bassa, perché si possa manifestare, con il rallentamento delle loro vibrazioni, il corpo fisico. Il tantra. Ed attraverso quello, amarsi con un altro linguaggio: quello del piacere.

L'estasi dei corpi è il divino che entra nell'umano.

Una nuova vita giunge con quella unione di corpi, con quel miscelare di pelle ed umori e secreti.

Secreti: la parola è evocatrice: segreti del corpo.

Negli effluvi dell'amore il miracolo di ogni nascita. Negli effluvi dell'amore, la completezza la realizzazione l'enfasi di ogni vita. Almeno, della mia vita.

Così desideravo Chiara e mi accostavo a lei, come entrando in una cattedrale di carne dove sapevo avrei trovato una dea bellissima e luminosa alla quale offrire la mia vita e le mie ore, il mio corpo come sacrificio di sangue e carne su quell'altare d'amore. Per poi offrirlo ancora ed ancora ed ancora, senza fine.

Ma lei di nuovo mi sfuggiva.

13;14

A.: Mi sono ricordata ad un tratto di essermi inginocchiata di fronte a te. È stato un gesto molto simbolico. Esprime perfettamente quello che provo per te. Ricordi? Il mio cuore è in ginocchio ai tuoi piedi.

 

14;53

C.: Ho avuto un fremito che è partito dalla bocca dello stomaco e come un serpente ha avvolto le mie viscere ed è arrivato alla giungla dei segreti.

A.: ….. Amore mio....

C.: … Ma … Non saprei darti una risposta a quello che mi hai proposto. Ne parleremo insieme. Però, non so....

 

13;50

Mi sento meglio. Fisicamente, moralmente. Ho mangiato qualcosa ed il cibo è sceso nello stomaco con gratitudine per la prima volta da giorni. Mi sento ancora molto debole ed ho ancora un po' di tremito ma forse quello è il desiderio di te.

È stato difficile addormentarsi, questa mattina: ero ancora profondamente scossa e sofferente ma le tue parole hanno continuato a scendere nella mia mente facendo lentamente chiarezza, ripulendo delicatamente i bordi suppurati della mia ferita.

' Non sono Renato, né Rodolfo.'

' Questa è un'altra storia, un'altra vita. '

' Ti ho detto cosa provo per te, non cambierò idea. '

' Non verrò al tuo funerale perché se lo fai, sarai tu che hai deciso di stare senza di me. '

' Se lo facessi, per me sarebbe la sofferenza maggiore che tu potresti darmi. '

' Non ho avuto dubbi quando non ho amato. '

' Scendi dal filo. '

 

Chiara.

 

Dicevo ieri a Francesco che il tuo nome è proprio evocativo di quello che tu stai facendo dentro di me.

La tua luce è scesa in me.

Così poi ho dormito e mi sono riposata. Mi sono svegliata e mi sono riaddormentata.

E ti ho aspettato senza incertezza, senza sofferenza.

Ed ora le ore scorrono senza sembrare arroventate.

Grazie.

Ti ho detto che penso che Francesco sia un angelo sceso dal cielo.

Tu, sei un angelo, ne sono sicura. Uno dei più belli.

La tua forza è grande. La tua potenza dolce ed insinuante. La voce del Signore è mescolata alle tue parole.

Non dimenticarlo mai. Comprendi fino in fondo la tua natura. Affronta consciamente il tuo ruolo.

Non svilirti. Non approfittarne.

Hai un grande compito, in questa vita: portalo fino in fondo.

È la tua prova, il tuo karma, come direbbe Francesco.

Prima ho pregato: ho ringraziato Iddio per averti creata. Per averti mi data. Appena in tempo. Mai un salvataggio è stato fatto più in extremis. Ti amo.

 

16,58

A.: Cosa stai facendo? Vorrei parlarti. Non resisto più. Posso chiamarti?

C.: Si.....

A.: Senti questa: ho telefonato ad una mia amica, che si chiama come me, Arianna. E le ho detto di noi. Stupita, contenta, chiacchiere varie.. mi dice: ' Se sei a casa stasera, ti vengo a trovare.. ' ed io si, sono a casa, vieni che ci raccontiamo e lei: ' Così ti presento Roberto..' - il suo nuovo tipo – Gelo dentro di me. No, lui no. Non lo conosco e non lo voglio conoscere. Allora le ho detto che ci saremmo vedute quando lui non ci fosse stato. Non mi è mai capitata una cosa del genere! Però, è potente questa nuova vita, rimescolante. Sei orgogliosa di me? E di te? È tutto merito tuo. Forza, per stasera...

 

 


 

20;00

C.: Stasera rimango qui. Sono molto orgogliosa di te. Quindi non vedi la tua amica?

A.: No. Ci incontreremo quando lui non ci sarà. Mi piacerebbe la conoscessi. È forte. Ha detto che è molto ansiosa di conoscerti. Stai con lei, stasera, dunque? Sigh! Dimmi quando sei libera. Ti amo.

C.: Si....

C.: Hai capito a cosa mi riferivo?

A.: Si, con un brivido profondo. Grazie.

C.: Allora mi capisci... - anche quando parlo di interiora..-

A.: Eccome! Le mie stanno provando tutta una serie di capriole e tuffi carpiati. Da quando sei entrata nella mia vita non c'è più nulla di usuale. Spero di farti lo stesso effetto.

 

  • Ci eravamo sentite al telefono e scherzando o per sbaglio, non ricordo, lei pronunciò la parola interiora.

    Ma davvero era una parola azzeccatissima..

    Ero molto giovane quando sentii per la prima volta quella sensazione. Mi capitò quando ero innamorata del ' mio ' professore, a sedici anni. Quei tempi sono stati per me molto fecondi, egli fu il mio primo amore.

    Il giorno stesso in cui lo vidi la prima volta, sui banchi della prima liceo classico, quindi il terzo anno delle superiori, l'incontro con lui fu così emozionante e devastante che il pomeriggio, a casa, mentre studiavo, pensai alla sua voce, la riascoltai dentro di me e vidi le sue mani. Come le avesse posate in un luogo a me interno che era fisico e che giaceva immerso nelle mie viscere.

    Cosa vi è di poetico nelle viscere? Davvero nulla, direi, eppure esse sono fittamente collegate con le nostre emozioni tanto da contrarsi, muoversi, paralizzarsi, esprimerle completamente.

    Il creatore di tutte le cose ha inventato un mondo fisico e chimico per esprimere i nostri pensieri i desideri, le emozioni: gli ormoni. Che sono appunto: secreti.

    Solo gli esseri umani sanno vedere qualcosa di sporco in queste manifestazioni, qualcosa di immondo.

    Ma la vita è sacra.

    Il sangue, la saliva, le urine, le feci, gli spermatozoi, i secreti vaginali, la placenta, le viscere, il cuore, il fegato, lo stomaco sono la casa fisica della nostra anima, della nostra vita, che è amore.

    Ed io quel giorno sentii le mani di quell'uomo che mi aveva rapito, all'improvviso entrare nel mio profondo ed accarezzare le mie viscere che si raggrumarono, fremettero si spremettero gridarono sospirarono.

    Da allora, con lo svilupparsi in me della capacità di comunicazione telepatica, ho sperimentato tutta una serie di parole delle mie viscere, fino a creare e conoscere un composito, infinito linguaggio.

    Ho imparato a tenere dentro di me chi amo, esattamente come una madre in gestazione tiene la propria creatura prima che veda la luce del mondo.

    Ho imparato ad ascoltare colei, a cullarla a cantare per lei. A farmi udire da lontano.

    Le mie viscere sono diventate grembo. Grembo d'amore.

    Così il suo si veniva accolto da quella mia culla di carne e viscere.

  •  

     

    La mia amica.. ci sto pensando ma non ricordo affatto questo particolare. Sono passati dieci anni che sono stati così colmi e travagliati che tutto non è possibile resti alla superficie della memoria. Credo si trattasse della mia omonima, forse era lei.. ma davvero non ricordo.. se mi verrà in mente, aggiungerò la spiegazione. Che Chiara mi dicesse che era orgogliosa di me mi fa pensare ad un coinvolgimento di qualcuno dei vari giochi maliziosi che allora erano nella mia vita.. ma di più non so dire.. mi spiace! E lo scrivo sorridendo con la completa coscienza di aver vissuto tanto, moltissimo, forse troppo.

    Ed ora, che mi trovo praticamente prigioniera del mio corpo fermo, rivivo quel gran movimento, quella miriade di contatti, di cose da fare.

    Non che ora sia del tutto cambiato, solo è diventato tutto virtuale e telefonico.

    Allora invece uscivo di casa, salivo le scale entravo nelle case degli amici, prendevo la macchina, percorrevo chilometri, sedevo nei giardini, calpestavo le vie, stavo in mezzo alla gente....

 

- Qualche giorno dopo aver scritto queste righe ho trovato un foglio, fuori dal suo ordine cronologico, dove erano riportati i messaggi inerenti a questa parte di narrazione. Ora li ho integrati. Così tutto ha un maggior senso logico. E sono contenta nel constatare che ricordavo bene. Nonostante tutto, ricordavo bene...

 

 

Jenny.

Jenny non mollava. Aveva intuito che Chiara stava tramando qualcosa di nuovo. Lei la conosceva bene, assai più di me e non mollava. Aveva tutta una serie di problemi fisici ed economici, pratici. Infatti morì pochi anni dopo la sua separazione da lei e quando io lo seppi, piansi.

Da Chiara, dai suoi racconti conobbi tutto il calvario di quella donna. Era la mia rivale ed io fremevo contro di lei, di gelosia, anche di astio, perché la vedevo molto invadente, spesso violenta, a volte scorretta, molte volte. Eppure coglievo il suo dolore e non me la sentivo, non potevo odiarla.

Ma di fatto era un ostacolo che si presentava assai ostico. Lei chiedeva a Chiara di vedersi, di parlarsi. Chiedeva spiegazioni, cercava un riavvicinamento.

E così facendo la teneva lontana da me.

Però, su tutto, sulla comprensione, sulla compassione e sulla pazienza, la mia poca stiracchiata pazienza, campeggiava una domanda: Come puoi, Chiara, vedere lei e non vedere me?

Ma la vita mi aveva insegnato dalla nascita che io ero dopo, venivo dopo. Ero sempre e comunque la numero due.

 

7 luglio – 00;07

A.: Comincio a preoccuparmi... Il tempo passa.. Tutto bene? Fammi uno squillo, dimmi qualcosa. Non ce a faccio più.

 

01;22

C.: Sarò a casa tra una ventina di minuti. Spero di sentire la tua calda voce.

A.: Finalmente!! Ti chiamo tra un po'..

C.: Eccomi...

 

03;30

A.: Quello che dai a lei lo porti via a me. Queste ore dovevano essere nostre. Come puoi non saper scegliere tra me e lei? L'amore non ti guida? Forse era valida la proposta di ieri. Forse dovremmo davvero sospendere il tutto. Ti sto facendo troppe pressioni. Forse saresti davvero più serena senza le mie parole. E poi, se tu decidessi di non avere una storia con me, più è tanto quello che abbiamo vissuto, più io.... mi spiace, ma non riesco a tollerare questa tua insicurezza. Ti lascerò tranquilla. Matura ogni pensiero. Dentro di te. Fai quello che devi fare. Ma avere la tua mano tra le mie e vedertela tirare indietro continuamente mi fa ammattire. Quando sarai... Chiara.....

 

12;36

Come passeranno queste ore che mi separano dal mio destino? E quante dovranno essere?

Ho detto a Chiara che non sopporto questa sua incertezza. Non chiude con Jenny. Non mi inserisce nella sua vita.

Non mi dice che mi ama.

Non vuole fare l'amore con me.

Non vuole vedermi.

Non ha senso che io continui premere.

Quello che dovevo dire gliel'ho detto. Che l'amo gliel'ho mostrato.

Non resta che attendere la sua decisione.

Ma io, comunque, ho già preso la mia.

Se lei mi dirà di no, mi ucciderò.

Perché non potrò vivere.

Non con il suo rifiuto.

Non potrei ricominciare.

Non potrei assorbire un dolore così grande.

Non più. Non questa volta.

Sono molto calma. Sono conscia del passo.

Ho capito tutto. Ho bevuto il calice fino in fondo.

Se mi dirà di no, prenderò la macchina e andrò sotto l'albero, quello che ha visto una storia cominciare e finire così miseramente.

Prenderò le ultime pillole che mi restano. Mi stordirò con l'alcol, per attutire la paura. E la farò finita con l'ossido di carbonio del tubo di scarico.

Un sistema pulito. Un sistema indolore.

Non penserò agli altri, a quelli che lascio. Non ho più niente per nessuno. Ho bisogno di lei, per me.

Se non l'avrò, non avrò più nulla. Spero solo nella misericordia di Dio. Nel Suo incommensurabile e pietoso sguardo.

Nel Suo amore.

 

Così adesso ho ore, o giorni, di attesa.

Non la chiamerò.

Non le scriverò. Le ho spiegato tutto.

Lei deciderà quello che le dirà il suo destino. Non amare non è una colpa. Solo una fatalità.

La amo. Desidero che tutti i miei pensieri positivi la avvolgano e la sostengano.

La spingano sulla strada del suo bene.

Ma il mio è un destino crudele.

 

Quanto dolore può contenere un cuore umano? Quanto ne può sopportare una vita?

Quante speranze debbono andare deluse perché il calice sia colmo? Quante necessità devono essere disattese perché si possa ricevere quello che si desidera e di cui si ha bisogno?

La vita umana è un transito. Le anime si incarnano per fare esperienza, per mettersi in gioco, per sviluppare ogni parte della creazione.

Dio, o chi per lui, l'intelligenza creatrice è infinita. Essa contiene tutto e quindi anche la negazione di tutto.

Sperimentare la negazione vuol dire mancare, sbagliare, sporcarsi. Essere deboli. Essere piccoli.

Nella ruota della vita solo il piccolo può divenire grande. Il grande può solo diminuire.

Ma l'esperienza insegna. Ed esattamente di cosa riempirsi per divenire così grandi da espandersi e disperdersi, non reincarnarsi più e restare come energia d'amore nella creazione.

Ogni gradino salito resta. Ma la scala è assai assai lunga.

 

Nata bisognosa sono rimasta bisognosa. Rimasta in attesa tutta la vita. Rifiuto dopo rifiuto, dolore su dolore.

Allora, dieci anni fa, pensavo che non sarei sopravvissuta a quello che mi sembrava il culmine del dolore e della crudeltà del mio destino.

Ben altri culmini ho raggiunto dopo.

Ed è molto probabile che quel famoso fondo io non lo debba toccare mai.

Che la mia vita sia solo soffrire e continuare ad amare.

Scrissi allora quelle righe nel mio diario e non le lessi a lei.

Quel giorno fu interminabile. Poi arrivò il suo messaggio e di nuovo scomparve. Per ore ed ore.

Cosa sono poche ore nel confronto di una vita?

Chiedete a qualcuno che sta affogando quanto è lungo un minuto.

Chiara passava da un impegno e l'altro, da una cosa e l'altra mentre io, ammalata sfinita e innamorata avevo solo lei.

E questa situazione si è riprodotta così tante volte in quello che ho vissuto dopo di lei, soprattutto ultimamente, dato che la mia vita attiva si è fermata, caduta da una scala e rimasta praticamente immobile fino alla fine.

Io mi innamoro in un secondo.

Quando mi succede io sono già al massimo. Sono pronta, decisa. Non ho dubbi. L'amore, inteso come rapporto di coppia, è per me la cosa più impostante. Il resto segue a ruota. I problemi sono tutta affrontabili, se amo e sono riamata.

Ma se qualcuno mi incontra, si fa amare da me e poi, improvvisamente, senza un motivo o anche con un motivo, si strappa da me, io vengo lacerata nel profondo, in quelle viscere che partecipano attivamente a quel sentimento d'amore.

In quel grembo che era culla viva.

Il dolore che provo è indescrivibile.

Solo chi l'ha vissuto può comprendere.

In quel momento già troppo dolore c'era alle mie spalle. E già 5 tentativi di suicidio.

Il pomeriggio, dopo la nostra prima telefonata, io mi recai in montagna, in un luogo molto ameno e dolce, verde, ove un rivo creava una piccola pozza dove d'estate ci si poteva bagnare e dove io portavo spesso i miei bambini.

Si facevano picnic. Era bello.

Quel giorno mi sedetti sull'erba fresca e tenera, trapuntata di fiori, all'ombra di un grande albero frondoso e mormorante.

Le parole con Chiara quel giorno avevano già il colore dell'amore.

Di notte quello era un luogo assai solitario. Ecco perché l'avevo scelto.

Avessi avuto premonizione di quanto mi stava aspettando, di certo non avrei esitato un attimo a mettere in atto il mio progetto.

Che vita è, quella che io vivo?

Eppure sono ancora qui.

E proprio oggi, mentre scrivo, dieci anni dopo, so che non attendo più.

Che chi doveva giungere è già venuto.

Chi doveva andare, è già andato. Io non ho più bisogno di nulla e di nessuno.

Forse ho imparato quello che la vita mi voleva insegnare.

 

INNAMORARSI - olio su tela
INNAMORARSI - olio su tela

nota: nel capitolo precedente ho aggiunto una pagina mancante..lo dico per chi l'avesse già letto e volesse leggere il completamento. chiedo scusa, ma scrivere in diretta ha anche questi piccoli problemi..

grazie..

ari....

 


CAPITOLO QUINDICESIMO

 

SCUSAMI DEL DISTURBO

 

 

7 luglio 14;32

C.: Questo silenzio crescente ed eloquente sta facendo volteggiare i miei pensieri. Ti capisco ma non capisco. Mi capisci ma non mi capisci. Accettiamo ma non accettiamo..... E' tutto così sconcertante: i tuoi messaggi così chiari e sofferenti. I miei pensieri, così addolorati. Le miei azioni, così contrastanti. Non voglio che tu soffra ancora.

A.: Scegli. Dimmi.

C.: Dentro ho già scelto, fuori no.

A.: Cosa ti manca?

C.: Ora, tu.

A.: Vuoi che ti chiami?

C.: Fra un po', sono con le mie sorelle.

A.: Quando vuoi..

C.: Vorrei sempre...

A.: Sempre. Tutti i minuti che mi restano, per te. Nessun altro. Nient'altro. È una promessa. Ti dico si davanti al mio Dio.

 

20;47

A.: Scusa, tanto per non stare appesa a questo telefono per ore ma pensi che ci risentiremo a breve?

C.: Penso di si: tra arie brutte e crisi isteriche varie, credo che riuscirò a sentirti.. - no, dai, sto quasi scherzando. - Ci sentiamo tra un po', così ti dico se devo lavorare. Se vado la circolo sarà verso le dieci. OK? Ti bacio..

A.: Quanta sala d'attesa mi fai fare? Voglio vederti. Questa sera. Non pensi che io stia soffrendo oltre al lecito? Aveva una qualche verità quella canzone che mi hai dedicato? Allora perché tanta diversità dalla realtà? Non c'è posto per me nella tua vita. Sto diventando ridicola. E questo io lo odio più di qualsiasi altra cosa. Ciao piccola. Scusami tanto del disturbo.

C.: Ma cosa significa: ' Ciao piccola. Scusami tanto del disturbo. '????????

A.: Che ti libero della mia ingombrante presenza. Odio questa sensazione di essere di troppo. Un gioco romantico. Belle parole e niente più. Ma dentro quelle belle parole ci sono io!!!!!

 

22;09

A.: Accidenti!! Sono furiosa!!! Qui, appesa a questo telefono che non suone e non so se e quando chiamerai. Si, c'è Jenny che ti rompe e poi Max.. E non è che hai anche un vecchio nonno in carriola da portare a prendere una boccata d'aria? O il cane del vicino a far fare la pipì? Casomai potresti sempre annaffiare le aiuole del giardino pubblico!!!

Questa è una scenata di gelosia, bella e buona!

Oggi mi dici che ti manco, che non vuoi che io soffra più....

C.: Hai offeso la mia intelligenza. Hai offeso i miei sentimenti. Hai offeso quello che provo. Non ti ho mai presa in giro, in nessun modo. Mi feriscono le tue parole. È una ferita lacerante al cuore....

 

 

La nostra prima ' litigata '….

Ricordo bene la furia che mi aveva invaso.

Come spiegare a distanza di anni la mia incapacità di un comportamento che ora mi sembra così assolutamente irrinunciabile?

E inoltre mi chiedo, col senno di poi: sarebbe bastato aver avuto allora la pazienza che non ho trovato?

Il fatto era che lei mi spingeva così lontano e a fondo in me che le attese divenivano insopportabili.

Dopo il pensare di averla perduta, che per me era un dolore deflagrante, dopo averla vista riavvicinarsi a me, dimostrarmi la mancanza che sentiva di me, dopo aver pensato che a quel punto non avrebbe davvero più potuto tornare sui suoi passi, le lunghe ore vuote e silenziose di lei che si snodarono dopo furono insostenibili.

Ero in casa, ancora piuttosto scossa fisicamente e psicologicamente dalla malattia e dalla relativa cura. Il mio pensiero ed il mio totale sentire erano concentrati, inanellati, avvolti a lei, alle sue parole. Avevo fame di vita.

Arrivata a quarantasette anni senza vivere veramente, pur se avevo fatto veramente di tutto, sentivo immensamente il peso e l'importanza di quanto avevo perduto.

E volevo, dovevo assolutamente recuperare.

In me vi era l'avidità di una adolescente alle sue prime scoperte.

Nulla, nessuno se non lei stessa avrebbe potuto tenermi lontano da Chiara e da quanto volevo fortissimamente fare e vivere con lei.

Ma lei era invece in fase di riflusso, in fase di ritiro verso le sue profondità interiori. Verso i ripensamenti, i rimorsi, i rimpianti.

Davvero difficile combinare questi due stati d'animo così distanti e contrastanti.

Così, il suo lunghissimo silenzio dopo quel picco d'amore mi colmò di una amarezza acre e rabbiosa che spumava come fiele.

Sembrava che tutto, tutti, chiunque, che davvero il primo che passava di lì avesse accesso al suo tempo, alla sua attenzione, mentre io venivo scalzata sempre più in basso da questa gente, da questi eventi che mi montavano sulla testa spingendomi sempre più in basso.

Sono sempre stata una persona conciliante ma le mie esplosioni sono piuttosto sentite. In gioventù assai più rade, ora più facili ed immediate.

Quella volta avrei voluto spaccare tutto. Mi sentivo imprigionata in una rete e cercai di strapparmela di dosso.

Ma il risultato fu solo quello di imprigionarmici sempre più perché, passata la sfuriata, annegai nel dispiacere di essere stata sgarbata, impaziente, forse scorretta.

Farla soffrire era insopportabile, per me.

Poi, finalmente, riuscii a chiamarla e, come sempre, quando parlammo ci comprendemmo, ci perdonammo a vicenda.

Le nostre voci si amavano tanto quanto le nostre vite ci allontanavano.

Questo la vita mi ha proposto allora e poi ancora ed ancora.

Il mio amaro destino di amare senza essere ricambiata, di bruciare e dover spegnermi, di attendere quando tutto in me urgeva vigorosamente.

Le donne che ho amato da Chiara ad oggi non hanno avuto nessuna di loro un posto per me nella loro vita.

E questo ha lasciato in me e dietro di me una lunga scia di dolore, di errori, almeno dal punto di vista meramente tattico.

Ma, poiché credo fermamente nella suprema intelligenza e giustizia della vita, vedo che il risultato di tutto questo è il luogo dove era necessario io arrivassi.

Ho fede in questo.

Se ciò è stato vissuto, se quello io sono stata, se questo io sono, ebbene, questo è giusto, pur se possa non sembrarlo, questo è quanto di cui la mia vita, nella sua profondissima incommensurabile profondità, necessita.

E mi affido, dato che sono conscia che la mia mente è del tutto inadatta a farlo, incapace di comprendere realtà così infinite, mi affido a questa volontà energetica che fa di me quella che sono.

Sento il fiume della mia esistenza infinita scorrere e vedo come ogni goccia d'acqua sia assolutamente necessaria e insostituibile.

Quindi, se pure tanta di quell'acqua è formata dalle mie lacrime, io la benedico e ringrazio.

 

23;36

A.: A che serve mangiare, senza di te?

A che serve bere, se tu non ci sei?

Perché dovrei respirare, se tu non ascolterai quel suono?

C.: Non so cos'altro dire..

C.: Se non......

A.: Ti amo.

 

23;48

C.: Tra dieci minuti sarò a casa. Mi sa che mi è venuto il ciclo... Ho tutti i sintomi malefici... sigh.....

A.: E' il guaio di essere donna... Hai tanta bua? Prendi subito qualcosa, quando sei a casa... E quando sei pronta per dormire, avvisami, che ti chiamo per la buona notte... Ho una cosa da leggerti, se vuoi...

C.: Va bene.... Se non è pesa pesa... in negativo, intendo...

A.: No, assolutamente. Non sono così insensibile. A questo punto, questa sera, abbiamo bisogno solo di dolcezza....

 

Chiara tornava a casa dopo il lavoro e si recava in bagno per le sue abluzioni serali.

Più volte mi tenne con sé, ovviamente al telefono e parlavamo mentre io sentivo scorrere l'acqua, sentivo il fruscio dei suoi movimenti ed immaginavo.

Mi figuravo le sue movenze, le tonalità pastello chiaro e luminoso dalla sua pelle, la lucentezza dei suoi capelli sotto la spazzola.

Vedevo i suoi gesti nello sfilarsi abiti e biancheria, seguivo le sue mani massaggiare la sua pelle con schiuma, acqua, creme.

Ed io ero quelle mani.

Io ero quella spazzola.

Io ero il bordo della vasca da bagno sul quale poggiava il gluteo nudo.

Io ero la schiuma che la avvolgeva fino nel suo intimo e la massaggiava cellula dopo cellula.

Io ero l'acqua calda che la lavava dolcemente, portandole via la povere di un giorno, la stanchezza, l'amarezza, la fatica.

E, mentre accompagnavo col pensiero quei suoi gesti, mi struggevo fino alla radice di me.

Il silenzio era desiderio stesso.

La lontananza era un amplesso d'amore e di corpi.

E così, le lessi:

 

Quando ho letto i tuoi messaggi, mi è cascato tutto. Il castello di delusione, rabbia, gelosia, si è afflosciato su di me come un sacchetto di carta vuoto. E mi sono sentita veramente stronza.

Ho preso la mia testa tra le mani.

Poi di nuovo ho letto i tuoi messaggi. Molto eloquenti. Evocativi. Ho sentito il tuo dolore. E mi sono urlata in faccia. Mi sono odiata. Disprezzata.

No, tu non meriti una così sciocca donna. Meriti il meglio.

Non questo groviglio assurdo di dolore e disperazione.

Ma ti amo. E il mio amore vincerà. Su di me, sulla mia vita disgraziata.

Parliamo sempre, non taciamo. Noi, nelle parole, ci incontriamo, ci riconosciamo. Nelle parole ci amiamo, ci troviamo.

Dimmi sempre quello che pensi e che provi. Lo stesso farò io con te.

E niente ci potrà tenere lontane.

Noi ci amiamo. È vero. È così.

Smetti di mettere cose tra di noi.

Jenny.

Insicurezza.

Incertezza.

Eterosessualità.

Paura.

Perché, per una volta che si avvera uno dei nostri sogni, non siamo capaci di abbandonarci ad esso, di viverlo con tutta la serenità e la fiducia degne del caso?

Perché siamo le prime a non crederci?

Solo noi possiamo uccidere il nostro amore, nessun altro.

Se vorremo, lo avremo. Perché c'è.

Ed è bellissimo. È sincero. È grande, è emozionante. È composito.

Chiara – e sempre la meraviglia del tuo nome mi colpisce, mentre lo scrivo -smettiamo di farci del male.

Crediamoci.

È capitato. Proprio a noi.

Veramente.

Questo regalo del cielo. Ed era ora.

 

 

7 luglio – 23;14

Devo ritornare sul discorso del mio passato sessuale.

Sul fatto che io potessi amare alcune donne non ci sono mai stati dubbi, per me. Anzi, ho sempre trovato che questa mia attitudine faceva di me una persona un po' speciale, un po' migliore..

Di lì a pensare che io potessi soffrire il rapporto con gli uomini, certo ce ne corre...

perché io gli uomini li ho sempre cercati, sempre desiderati.

Non avevo capito quanto il mio comportamento fosse in effetti espressione di una ninfomania, quanto fosse l'espressione del rifiuto che provavo per loro e per me.

Che fosse un modo per farmi del male.

Cedere alle attenzioni oscene del prete... lasciarmi scopare facilmente come non avessi nessun valore.

Come non fossi importante.

Come se non potessi sottrarmi al loro disprezzo. Ed al mio.

Mi chiedo perché io non l'abbia capito prima.

Forse è stato per il rispetto della figura di mio padre.

Per non negargli il diritto di vivere ancora accanto a me tramite loro.

Forse è stato quello. Dopotutto mio padre era un uomo, anche se un po' particolare, stando a quello che dice mia madre.

Sciolto questo pegno con il suo amore paterno, - amore interruptus – quando ripenso ai miei rapporti di sesso con i miei ' amici ' sento dentro di me un vero disagio. Una vera sconfitta. Una vera vergogna.

Io li cercavo. Io li adescavo. Io me li facevo.

Avrei dovuto essere soddisfatta di esercitare questo potere su di loro, prenderli e mollarli a mio piacimento. E loro ad implorarmi.

Che mi concedessi a loro.

E invece mi sentivo solo una puttana.

Avevo voglia di colorire il tutto con belle parole.

Il sugo era sempre e solo quello.

 

Sono stanchissima, questa sera.

Tu sei via a cena con quella gente.

Non hai risposto ai miei ultimi due messaggi.

La poesia si è esaurita, questa sera, sulla ultima produzione.

Ma voglio sentire la tua voce. Devo sentire la tua voce.

Domani è troppo lontano se non fai un ponte di parole per traghettarmici sopra.. fino al mattino.

 

Finita la poesia?

Ma dove..... Tu sei una fonte inesauribile di poesia, per giunta mia, privata. Tutta mia.

Nessuno potrà mai inquinare questa dolcissima acqua di fonte alla quale ci disseteremo, tenendoci per mano.

E, sai.... sono sempre più gelosa di Jenny. Gelosa, gelosa.

Quando sento il tono con cui ne parli. Mi sembra che tu non parli così neppure di me. Anzi, ne sono sicura.

A livello mentale capisco tutto. Ma le emozioni........

Sono gelosa di tutti i minuti che ha passato vicino a te, delle parole che le hai rivolta, delle attenzioni.

Non voglio pensare ai nomignoli dolci che puoi averle dato. E se penso al resto...

Beh, è assolutamente intollerabile il pensiero di te e lei.....

Delle altre non mi importa. Anzi, sono curiosa che tu mi racconti di come le hai avute e come hai goduto con loro. Le vedo come uno strumenti di piacere nelle tue mani e questo mi eccita.

Marta, il tuo vero amore, quello di cui narri nel tuo bellissimo libro, non l'hai avuta mai.

Ma lei, Jenny, è la mia nemica mortale, la mia nemesi...

Devi lasciarla. Devi dimenticare quel sogno.

Se vuoi che io abbia pace.

 

8 luglio - 00,14

C.: Ci sono.

 

03;23

A.: Mi sono addormentata ma poi mi sono risvegliata improvvisamente. Quando avrò un po' di pace? Mi è lecito pensare che forse sabato prossimo la cercherò tra le tue braccia? Che mi stringerai a te?

 

07;42

A.: Buongiorno! Ho dormito poco e male ma eccomi qua. Ricomincio la mia vita normale, o almeno ci provo. Vediamo se mi riesce di arrivare incolume al nove agosto – ferie – Stasera ti vedrò. È l'unico pensiero che mi ha permesso di affrontare l'idea di alzarmi. Ti vedo addormentata nel tuo letto. Il soffio leggero del vento mattutino ti accarezza. È il mio bacio. Sssssst! Che nessuno svegli la mia amata. Nessun bacio d'amore è mai stato più silenzioso e leggero. Leggi e prendi questo amore grande, appena sveglia. Per tutto il giorno.

 

08,55

A.: Una grande e mozione si allarga dentro di me al pensiero che ti vedrò. Stasera mi pascolerò dei tuoi occhi. Vorrei che il giorno volasse ma questa attesa è più dolce di ogni miele che io abbia mai assaggiato.

 

Il primo giorno di lavoro dopo tanti, troppi di fermo totale.

Dopo tutto quel grande sconcertante sconvolgimento.

Ricevere Chiara nella mia vita. L'estasi la tenerezza l'esplosione d'amore, l'incertezza, la paura la collera la gelosia l'attesa. La malattia, la vergogna il dolore la debolezza, la febbre i brividi . L'accettazione della mia omosessualità, la gioia, lo sconvolgimento, il mutare di ogni orizzonte, di ogni metro di giudizio. L'aprirsi di nuove realtà.

Sentimenti mai provati, emozioni sconosciute.

Un futuro inatteso ed inedito.

Il mio veliero aveva mutato drasticamente e definitivamente la sua rotta.

Ma i clienti mi attendevano per la consueta visita, avevano bisogno di merce oppure avevano problematiche da risolvere.

Il mio capo mi attendeva al varco con il fatturato.

Faceva caldo ed io ero sfinita. Troppe notti insonni. Il medicinale, mio killer, in fuga libera per le mie vene a minare la mia attenzione.

Ma quel giorno mi tuffai, la maniglia del catalogo - pesantissimo – fatto a valigetta stretta in pugno, tutti i discorsi pronti per uscire, gli ordini e gli sconti, le offerte per acchiappare qualcosa ancora, prima della chiusura estiva. La macchina bollente sotto il sole, il pranzo veloce in un bar e relativo piccolo riposo, il pomeriggio di nuovo in tuffo e in apnea sotto il pelo dell'acqua.

Su tutto, in tutto per tutto sopra tutto dentro tutto il nostro appuntamento serale: sarei andata finalmente nel circolo dove Chiara lavorava, per passare la serata con lei e poi, si sperava, qualche ora da sole.....

 

09,45

A.: Sei sveglia? Ti devo assolutamente raccontare...

 

10;59

C.: Buongiorno, signora.... Sta lavorando, immagino e sarà da qualcuno che la guarderà negli occhi cercando magari di cogliere qualcosa.. ma di certo nessuno potrà giungere a quella profondità che è solo sua... e che incontro ogni volta che sento il suo sguardo penetrare il mio....

A.: Mi fai mancare le ginocchia. Devo parlarti, ti prego, cinque minuti, prima di entrare dal prossimo cliente. Ti prego devo sentire la tua voce. Devo raccontarti.

 

11;09

A.: In fondo ai tuoi occhi i miei incontrano la tua anima. Ed è un abbraccio frenetico. Ed è il bacio che non ci possiamo dare.

 

12;28

A.: Sono in pausa fino alle tredici e trenta. Se riesci ad avere qualche minuto prima di allora. Spero che tu non stia ancora bisticciando con pa e ma o con... tutti i miei pensieri più belli per te.

 

13;02

C.: Eccomi per te

 

13;46

A.: E' un gioco inedito. Mi sento sfrontata, inattaccabile. Ho raggiunto una posizione di rilievo nella mia tartassata autostima. Ma solo tu nei miei pensieri. Ti amo.

C.: Ti stavo per scrivere. Sai.. ti confesso che........ Ahah... Sono gelosa! Dei tuoi sguardi.. Delle tue parole... Comunque ti capisco perfettamente ed hai tutto il mio appoggio.

A.: Ho sentito che fa male, la gelosia. È una vera tortura cinese. Porta pazienza, fammi giocare un po'... E poi, dopo aver guardato una donna, ogni volta mi dico: ' Oh, ma quanto è più bella la mia!

C.: ….. Salvata in corner.... Sei fantastica......

A.: Sono innamorata. Per di più riamata. E tu sei una donna così giovane e bella e desiderabile che tutti gli uomini ti vorrebbero. E pure tutte le donne. Da questo traggo motivo di orgoglio per me e di rivincita!.

 

CAPITOLO SEDICESIMO

 

L'HO DETTO A MIA MADRE

 

8 luglio 18,30

A.: Amore sono felice! Ho detto tutto a mia madre. Questo è il giorno più felice dalla mia nascita. Sii felice con me.

C.: Quando possiamo sentirci?

A.: Quando vuoi!

C.: Adesso?

 

Andai da mia madre.

Senza nessuna intenzione, solo per farle una visita, come spesso facevo. Quando avevo un minuto, cinque minuti, passavo di lì, per vedere come stava, se le servisse qualche cosa, per farmi raccontare un po' i suoi pensieri, se avesse avuto voglia di sfogarsi un po'.

La sua salute era già definitivamente compromessa e soffriva da troppi anni. Parlare con me le faceva bene.

 

Non ricordo più come venne il discorso..

Solo so che la mia felicità era talmente grande che avevo bisogno di dirglielo.

Di certo il rapporto con mia madre è stato sempre molto complesso e difficile. Di certo siamo state reciprocamente fonte di sofferenza più che di gioia, ma allo stesso modo e nella stessa misura, siamo state un referente l'una per l'altra.

Siamo state una fonte di confronto e di contestazione, un metro per rapportarci con la realtà, uno spunto per superare le nostre rispettive debolezze e fragilità.

Ed io le ho detto sempre tutto di me, o quasi...

Certo, tutto è molto e il mio tutto anche piuttosto ingombrante, per una madre.

Ma io non so tenere per me le mie emozioni, le mie esperienze.

Spesso dicevo tra me e me: questo a mamma non lo dico, perché magari sapevo che lei non sarebbe stata d'accordo, invece finiva regolarmente che le raccontavo tutto.

Poi mi prendevo i rimbrotti e i rimproveri, magari portavo avanti le mie ragioni ad oltranza.

Avevamo bisticciato, litigato. Ci eravamo detestate.

Ci eravamo anche rifiutate.

Ma alla fine c'eravamo sempre state. Lei per me, io per lei, esattamente come è ora. Fino in fondo.

Così, anche quella volta, che era così importante, che era così forte, le parlai.

Avevo già deciso che lo avrei fatto, ma mi ero data una scadenza indefinita nel tempo. Temevo la sua reazione ed il suo giudizio, eppure fu così facile dirglielo.

' Come stai oggi? Meglio? '

' Si, mamma, un po' meglio. Oggi ho ricominciato a lavorare. Sono ancora piuttosto debole e poi fa molto caldo, ma dovevo fare l'ultimo giro prima delle ferie. '

' Si vede che stai meglio, hai un aspetto migliore...'

' E' che, sai mamma, sono tanto felice.....'

' Davvero? E che ti è successo? '

' Sono innamorata, mamma! '

' Oh che bello! Come sono contenta, era ora, non ne posso più di vederti così sola! E dimmi, chi è, è un bravo ragazzo? Sarebbe proprio ora, questa volta..... '

' Beh, mamma, c'è un piccolo particolare.. non è un ragazzo, sai.... è una ragazza! '

' UNA RAGAZZA????????? '

' Si, mamma, una ragazza. Ti ricordi di Chiara, quella mia amica che mi ha accompagnato qui a fare l'iniezione la settimana scorsa, quella che tu mi hai chiesto come facevo ad avere delle amiche così giovani e belle? Ecco... è lei..... siamo innamoratissime. Ed io sono così felice come non lo sono mai stata. '

Mia madre era in piedi e mi guardava a bocca aperta.

Poi si sedette, per qualche secondo senza parole. Alla fine sbottò, guardandomi negli occhi:

' Ma se gli uomini ti piacevano tanto! '

Parlammo a lungo. Cercai di farle capire quello che io stessa ancora faticavo a capire.

Ovviamente evitai di raccontarle troppi particolari sulla mia condotta piuttosto sbandata degli ultimi mesi, ma qualcosa lei aveva già capito, qualcos'altro le avevo narrato via via. Sapeva ovviamente tutto di Rodolfo e di Renato. Ed aveva persino conosciuto Corrado.

Le avevo parlato di Luciano e tempo prima di Giovanni, con il quale avevo avuto una frequentazione durata qualche mese. Non avevo mai specificato il tipo diciamo ' ludico ' di quelle frequentazioni, ma mia madre non dormiva assolutamente in piedi.....

Magari aveva pure immaginato che io facessi giochi erotici anche con donne, ma ora io stavo parlando di amore, di amare una giovanissima ragazza.

Le si inumidirono gli occhi. Mi chiese:

' Dove ho sbagliato? '

Mi commossi e l'abbracciai. Aveva 77 anni.

Uno dei suoi fratelli era omosessuale e lei aveva vissuto il suo calvario fino al suo dover abbandonare la nostra cittadina e poi fare la scelta di andare a lavorare all'estero.

Di certo tutti questi pensieri le attraversarono la mente.

' Non hai sbagliato in nulla, mamma. Omosessuali ci si nasce. Ho cercato di conformarmi alla figura di donna che mi è stata presentata. Di certo l'ho fatto con tenacia e anche senza neppure sapere bene quello che io stessi facendo. Ma so che l'ho fatto. Ho cercato di essere una donna ' normale ', una brava moglie e madre. Ce l'ho messa tutta. Ma..... ma dentro di me vi era una grande lotta. Vi era una sofferenza. Vi era tutto un mondo che io percepivo ma non conoscevo né vivevo. Innamorandomi di Chiara ora ho capito. E, dopo essermi negata una vita vera e felice fino ad ora, non ho nessuna intenzione di nascondermi, di fingere. Non temo il giudizio di nessuno. Io voglio essere libera. Voglio vivere il mio amore alla luce del sole. Non faccio del male a nessuno. A nessuno. Io sono nata così, mamma, tu non hai sbagliato in nulla. '

' Hai intenzione di dirlo ai ragazzi? '

' Si, ho intenzione di dirlo soprattutto a loro, ad Antonio e a Carlo. L'ho già detto a diversi amici ed amiche. Non vedo nessuna ragione per cui dovrei nascondermi. I ragazzi capiranno, accetteranno. Non faccio del male a nessuno, non li amerò meno. '

Lei mi guardava preoccupata.

Solo col tempo capii che aveva ragione, a preoccuparsi.

Ma quel giorno io ero troppo felice.

Avrei visto Chiara, quella sera.

Come poteva esserci qualcosa di sbagliato, di pericoloso in quella immensa infinita felicità?

Sono passati dieci anni e rifarei quello che ho fatto.

La mia scelta mi è costata cara, come vi racconterò man mano, ma non sono pentita: la ripeterei.

Quello che pensavo e che sentivo quel giorno è l'unica cosa in cui credo: non vi è nulla di sbagliato nell'amore e nella sincerità.

Non amare, è sbagliato.

Mentire, è sbagliato.

E la vita me lo ha confermato sempre.

 

 

DI DUE, UNO -  2011 olio su tela 13 x 18
DI DUE, UNO - 2011 olio su tela 13 x 18

 

CAPITOLO DICIASSETTESIMO

 

UNA PARTITA A POKER

 

 

9 luglio – 01;28

C.: Tra cinque minuti sono da te..

A.: Saranno cinque minuti molto lunghi...

 

04;28

A.: Sono nel mio letto. Stordita. Percorsa continuamente da brividi devastanti. Stento a tenere gli occhi aperti. Non ho mai provato un piacere così forte. Avevo tanta paura. Ti amo.

 

09;26

A.: Il viso di una donna felice – stanchissima – mi ha salutato dallo specchio, stamattina. Visto ben poche volte. Per te. Per il tuo piacere sotto le mie mani. La mia prima volta. Amore.

 

09;47

A.: Solo te, solo te. Come posso lavorare? Come posso stare lontana da te? Hai preso il mio infelicissimo cuore e l'hai trasformato in un inno alla vita. Che si alza dolce e fortissimo.

 

10;35

C.: Sono frastornata.... Incredula... Annidata in una sensazione esaltante.....

A.: Perché incredula? Si, lo so. Non avevi creduto alla forza del mio amore....

C.: No, perché non sapevo dove arrivava il mio.

A.: E dove arriva?

C.: ….....................................................................................................

C.: I puntini stanno ad indicare solo una infinitesima parte del mio pensiero...

A.: Sei una specialista nel dire senza dire! Ti adoro e mi fai dannare... Chiara...ma si può amare così? Dimmi che è vero! Dimmi che non è un sogno! Chiara.... Chiara.......

A.: Ricomincio a lavorare anche se oggi mi sembra impossibile posare il mio pensiero su qualcosa che non sia tu. Ci proverò, comunque. È che questi miei pensieri sono così profondi e vitali che avrei bisogno di raccogliermi intorno a loro e guardarli, accarezzarli, farli miei. Come ieri ho fatto delle tue amate sembianze. Il tuo viso e i miei pensieri stretti indissolubilmente dentro e intorno al mio cuore nel momento più prezioso ed emozionante della mia vita. Sono conscia di tutto e ti dono la mia rinascita come pegno d'amore.

 

13;50

A.: Per Francesco. ' L'amore di Chiara mi ha fatto capire quanto lerciume mi sia buttata addosso. Quanto mi sia voluta male in tutti i modi. Partecipa al giorno della mai rinascita di cui tu sei stato catalizzatore e fiero sostenitore. Si è accesa una gran luce dentro di me il giorno in cui ti ho incontrato. Prego per te, mio angelo. '

 

16;12

A.: Sai che un falegname mi ha regalato una rosa?

C.: Sai dove gliela metterei, compresa di spine?

 

17;20

C.: Mi hai telefonato?

 

18;20

C.: Scusami tesoro, ma sto parlando con Max

A.: E' tutto il pomeriggio che ci rincorriamo: quando ci sono io non ci sei tu, e viceversa... ce la faranno i nostri eroi?.. O meglio, le nostre eroine????!!!

C.: Si...... A dopo....

 

18;45

C.: Parlami di te, bella signora....

 

20;10

A.: Mi sono spogliata per fare la doccia. Lo sai.... mi hai fatto un livido sulla spalla dove mi hai morso ieri sera... Cosa ho provato, vedendolo.. Indescrivibile! Ma l'ho baciato come farei con le tue labbra, che agogno....

 

20;39

C.: E cosa hai pensato?? Ti ho fatto male?... Mi piace........

A.: Ho pensato che voglio sempre avere i tuoi segni sulla mia pelle. Ho ricordato il piacevolissimo dolore mentre me lo facevi... e le tue labbra su di me.... Ancora......

C.: … E brividi attraversano la mia pelle.. e i fremiti si convergono là, dove è magia.....

A.: Dove io, prestissimo, mi stordirò d'amore, perduta nei tuoi profumi stordenti, catturata dal calore magnetico tra le tue gambe, sotto le tue mani, tra le mie dita..

 

21;41

C.: Vorrei morire di piacere come non ho mai neppure sognato di provare, come neppure tu hai osato mai sognare. Vorrei fare mio il vero piacere che sgorga da oasi cristalline …. e morire di te, con te....

A.: Amore mio, tu mi stai facendo provare il più grande sconvolgimento dei sensi, del cuore e della mente che io abbia mai sentito dentro di me. Sei esplosa in me e sono tua.

 

23;39

C.: Dorme, bella signora?

A.: No, sto scrivendo. Ti stavo aspettando... Mi vuoi?

C.: Si........

 

22;50

E sono venuta da te.

Ti ho portato in dono rose ed il mio cuore innamorato.

Tu hai stretto tra le tue mani le une e l'altro.

Per strada, in viaggio verso te, ho corso, corso al massimo, facendo lo slalom fra auto e camion, come se arrivare anche un solo secondo prima fosse il premio della mia vita.

Quando sono entrata nel salone del circolo il mio cuore era un formicolio sommesso e continuo.

Come sei bella, Chiara.

Se tu ti vedessi con i miei occhi no potresti mai più staccarti dal tuo specchio.

 

Tu, dietro al banco, io di qua, con il provvidenziale cucciolo di quella signora tra le nostre mani. Pretesto per toccarcele, per accarezzarcele. Felice cuccioletto che ha riposato appoggiato al tuo tenero sena, cullato dal tuo respiro, suono di conchiglia.

Difficili ore ubriache di contrastanti emozioni tra gli avventori e poi, all'arrivo di lui.

Ebbrezza di guardarti e respirare il tuo odore.

Gelosia e disagio profondo agli sguardi sguaiati e lubrici dei clienti.

Senso di protezione frustrato nel vedere quale squallida e persa umanità di giocatori incalliti ed alcolisti devi frequentare per lavoro.

Ma che la loro povertà non sfiori neppure l'infinita purezza della tua mente! Porta presto lontano da te, ti prego, i loro pensieri infimi e sudici!

 

Poi arriva lui, Max, l'uomo che ci ha fatto incontrare.

Solo per questo scopo sua madre l'ha partorito.

Tu dici che lui non ha capito niente di noi. Tu lo conosci bene e sarà senz'altro così. Ma io ho ingaggiato subito con lui e con tutti gli altri avventori una silenziosa ed aspra lotta per te. Per averti. Tu sei mia. Loro non meritano il più sfuggevole dei tuoi sguardi. Io ti difenderò. Ti sottrarrò alla cattiva influenza che il loro squallore ha sulla tua giovane e preziosissima vita.

Perdonami se dico questo.

So che sei forte, che sei estremamente intelligente ed analitica, so che niente e nessuno può corrompere il tuo valore e la tua integrità.

Ma l'istinto materno è un animale e ringhia sordamente dentro di me contro tutto quello che potrebbe farti del male.

È un animale femmina.

 

Poi la partita a poker.

Ricordo le interminabili partite notturne con i compagni di liceo: intessute di amicizia e cameratismo. E la nostra cultura classica la faceva da padrone sulle regole pragmatiche di questo gioco affascinante. La filosofia del rischio.

Cosa può essere una partita di rischio contro gente che ha già perso tutto?

E lui, che mi guardava interrogativo dall'altra parte del tavolo, con quella faccia da cane bastonato e quella paura camuffata da blandizie negli occhi.

Sempre più forte, la sfida tra di noi.

Non mi importa di vincere una sfida contro una così ben misera creatura.

E così misera mi appare proprio perché si paragona a te.

Ma lui non ah niente a che spartire con te! E neppure con me.

Accetto nel mio pensiero il ricordo di quello che c'è stato tra di noi solo ed esclusivamente perché mi ah portato a te.

E questo mi rinnova l'ammirazione per l'intreccio del nostro destino.

Dentro quale profonda fossa di letame ho trovato la luce della mia vita!?

Esco da quella sala fermamente convinta di non tornarvi più se non per venirti a prendere, per accompagnarti da qualche parte, per portarti con me.

Ti aspetto in macchina qualche minuto, in preda ad un presentimento di uno sconvolgimento totale.

E quando apri la portiera della mia ' vecchia signora ' che dignitosamente ti accoglie tra i suoi comodi cuscini, mi sono sentita fuggire via ogni pensiero logico.

Non so come sono riuscita a guidare ma la lunga abitudine a farlo h messo quello che è servito allo scopo.

Qualche chilometro di incertezza, mentre le nostre mani si facevano sempre più avide di noi. Poi, finalmente, ferme nel grande parcheggio solitario in collina, buio ed addormentato tra gli alberi, fruscianti fantasmi nel buio. L'una di notte passata.

E siamo state noi.

Chiara, col tuo bel viso vicino al mio, con i tuoi capelli tra le mie dita.

Il tuo alito caldo e profumato sulla mia pelle.

I tuoi baci sul mio seno che hai scoperto con dolcissima avidità.

Il tuo collo teso sotto il mio respiro ed il tuo piccolo conturbante seno che sta tutto dentro il palmo della mia mano.

E mi sembra di cogliere un segreto.

I tuoi fianchi fasciati dai leggeri pantaloni bianchi di cotone ed il mistero del tuo pube che si schiude sotto la mia mano che, fremendo, si spinge tra le tue gambe.

E la tua mano che, ugualmente, tra le mie, mi sconvolge totalmente.

Chiara che mi vuole, che mi cerca, che mi morde una spalla e lascia il marchio del suo amore e del suo possesso.

Che si abbandona al piacere e poi se ne sottrae e poi ci si rituffa come dalla piattaforma dei dieci metri in perfetto stile olimpionico.

Chiara che mi succhia via i pensieri con le sue labbra di miele e limatura di ferro sui miei capezzoli.

Chiara che non mi concede che un affamato famelico dolcissimo sconvolgente contatto con la sua intimità da sopra i suoi calzoni.

E pulsa e gode tra le mie dita e le mie parole e i miei profondi tremiti.

Chiara, non ricordo più quello che ti ho detto. Ma ricordo perfettamente quello che hai provato sulla mai mano.

Perché l'hai provato per me.

Come io ho sentito solo te scorrere nel mio sangue e pulsare nelle mei tempie e sussurrare alle mie orecchie ed esplodere tra le mie gambe.

Nella tua mano saggia ed istintiva.

 

Come abbiamo potuto slacciarci?

Il telefono ti cercava. La vita è riuscita a riappropriarsi di noi.

A stento è riemersa dallo strappo terribile e struggente delle nostre labbra che si cercavano disperatamente e non si possono trovare.

 

Poi, ho veleggiato fino a casa e nel mio letto senza che nessun pensiero di nessun'altra cosa mi scostasse da te.

In effetti sono ancora con te.

Non ti ho lasciato per un attimo da ieri sera. Non ti lascerò più per tutta la vita che mi resta.

Chiara, tienimi con te.

Prendimi.

 

 

Il circolo nel quale Chiara lavorava era una grande sala con un banco da bar, qualche tavolino quadrato con il panno verde per il gioco d'azzardo, sedie, un paio di frigoriferi e , contro le pareti, svariate macchinette a gettone, slot machine e poker.

Me ne aveva parlato molte volte, di quella gente così misera ed asservita, abbruttita dal demone del gioco.

Ma solo quando fui lì, in mezzo a loro, tra quegli sguardi vuoti, quei visi sfatti, mi accorsi e mi resi conto di quanto fosse inferma quella realtà.

Mentre io ero infiammata della luce del nostro amore.

Il contrasto fu forte e stridente.

Intollerabile, per me.

Cercai di stare tranquilla, godendomi la sua presenza, guardandola muoversi tra i tavolini dei giocatori, servendo da bere e i caffè, lesta e solerte ai loro cenni, ma la gelosia si alzò imperiosa.

Come poteva essere che così tante ore della sua preziosa vita sottratte a noi, le sciupasse in un posto simile? Cosa c'entrava quello squallore con la sua intelligenza e la sua pura bellezza?

Quando arrivò Max, poi, che non sapeva io fossi lì e vedendomi sussultò, la tensione si alzò.

Si avvicinò a me, mostrando un meravigliato piacere di vedermi che di certo non provava. Come erano lontani i giorni in cui io e lui eravamo stati amanti. Mi sembrava persino impossibile che io fossi stata sua.

Scambiammo qualche parola di cortesia mentre i suoi occhi indagavano, un po' allarmati, dentro i miei. Certo avrebbe voluto chiedermi il perché della mia presenza lì. Gli fornii io, di mia spontanea volontà, la versione dei fatti che avevamo concordato con Chiara: io e lei ci eravamo sentite casualmente qualche settimana prima ed io ero passata a trovarla, dato che mi trovavo a transitare da quelle parti, di ritorno da una cena di lavoro con colleghi.

Lui finse di credere alle mie parole e dimostrò ancora la sua artefatta felicità offrendomi da bere.

Seduti al bancone, uno di fianco all'altro, toccammo i bicchieri anche con Chiara, che dissimulò assai bene ogni emozione di ansia.

La sua presenza si stagliò tra di noi e fu in quel momento che accadde.

Io e Max ominciammo a lottare come due maschi di cervo, testa contro testa, cocciuti, caparbi, inferociti.

- Chiara è mia! -

- No, mia!!!!!! -

Entrambi non volevamo cedere di un millimetro, in quella lotta silenziosa, fatta di nulla.

Lui mi invitò ad una partita a poker.

Accettai. Era una sfida a singolar tenzone, non potevo rifiutarmi.

Accettai.

Di certo io non avevo mai giocato in quel modo. Io, fino ad allora avevo giocato per giocare, lui, per vincere.

Per diverse mani le sorti restarono in equilibrio: le carte, quella sera, mi giravano abbastanza bene, vinsi un paio di piatti, nulla di speciale, ma abbastanza per rimanere in pari .

Proprio all'ultima mano mi entrò una scala.

Mi lasciai prendere dal desiderio di stracciarlo. Lui aveva cambiato tre carte, difficile che avesse più di una doppia coppia.

Il giocatore di mano puntò una piccola cifra.

Rilanciai.

Avevo una smania di vendetta per tutta quella parte di Chiara che era sua e non era, non sarebbe mai stata mia.

Che dirgli, non potevo dirgli altro che quello che i miei occhi sfrontati stavano martellando dentro i suoi: io l'amo, lei mi ama. Lei è MIA!

Avevo discusso a lungo con Chiara, perché io desideravo che lei dicesse a Max quello che stava accadendo tra di noi, ma lei, adduceva scusa piuttosto indefinite, esprimendo la paura di farlo ingelosire, di metterlo in allarme.

Io ribadivo: - Ma ingelosire di cosa? -

Mi sembrava che lei stessa avrebbe dovuto avere il desiderio di parlargli di noi, esattamente come io avevo fatto con i miei amici più cari, ma lei era stata irremovibile.

Il mio desiderio di rivincita era forte.

Le carte mi bruciavano in mano: una scala massima non era male.. no, non era male.

Gli altri giocatori si ritirarono uno ad uno. Lui mi guardava fisso ed era impenetrabile, certo molto di più di me, che fremevo.

Non sono una buona giocatrice di poker, davvero, non so bluffare, non l'ho mai saputo fare.

Quando venne il suo turno, rilanciò lui pure.

Il piatto aveva superato di poco i cento euro .

Non avevo quasi mai giocato di soldi, se si eccettua la tombola a Natale con gli zii e i cugini o il sette e mezzo il poker, il maraffone o il mah-jong tra amici con poche lire di posta.

Non sono di certo avara, tutt'altro, piuttosto il contrario: per me i soldi è bello spenderli. Ma buttarli nel gioco non mi piace affatto, neppure vincerli: mi sembra un furto, una cosa contro il giusto.

Ma ormai ero in ballo e dovevo andare avanti.

Cento euro a quei tempi per me erano una cifra notevole. Buttarli via così era una follia. Ma ritirandomi ne avrei perduti già tanti, non potevo far altro che vedere e lui lo sapeva.

Nel fondo dei suoi occhi un sogghigno mi face capire che avevo perso: io avevo cambiato una carta, rilanciando mi ero scoperta, se non era un bluff, allora voleva dire che il punto mi era entrato.

Sapevo che avrei dovuto accettare e rilanciare molto forte, dato che il limite era fissato sui 500 euro: se l'avessi fatto forse lui si sarebbe ritirato, ma non me la sentii.

Così misi la posta del suo rilancio e vidi.

Lui poggiò sul tavolo una doppia coppia di nove con jack.

Io – e mi batteva forte il cuore – cercando di tenere saldo il respiro, misi giù la mia bella scala, senza parlare.

Sembrò un film di pessimo gusto, un western – maccheroni: il sogghigno si allargò sulle sue labbra e calò il terzo jack. Aveva vinto.

Io sorrisi e gli dissi: - Hai vinto... - e lo guardavo negli occhi.

Lui fece finta di scusarsi: - Mi spiace, non sei stata fortunata. -

Io rimarcai: - Il poker è fatto così, come la vita: si vince, si perde. -

E le mie parole avevano un'acredine aspra.

Ma dissimulai, non volevo assolutamente dargli la soddisfazione di godere ulteriormente della sua vittoria.

Avevo già annunciato che quella che avevamo appena giocato era la mia ultima mano, così raccolsi le fiches che mi erano rimaste, - assai poche, invero – e mi alzai dal tavolo da gioco, tra i sorrisi di circostanza di tutti e saluti a mezza voce.

Cercando di darmi un tono attraversai quella siepe di sguardi e mi recai a sedere al banco.

Chiara mi stava osservando dispiaciuta: - Hai perso.. - mi sussurrò.

- Si – risposi – ma non mi importa. Volevo dargli una lezione e lui l'ha data a me: ben mi sta. Cosa sta bevendo? -

- Whisky – e la voce di lei era un'isola felice in una nebbia di gas rancido.

- Vuoi portargliene un altro, alla mia salute? -

Lei annuì e mi sorrise.

I suoi occhi erano il cielo in quella stanza, come la vecchia canzone di Mina.

 

Restai dentro quella sala fumosa ancora un po', appollaiata sullo sgabello, col gomito appoggiato al bancone, guardando Chiara parlare, sorridere, servire da bere, sparecchiare i tavoli, vuotare i posacenere.

Il suo passo era così leggero, la sua presenza così lucente che sembrava sfondasse i muri.

Ma cosa ci fai, qui dentro?

La mia voce si alzava imperiosa nella mia testa: Cosa ci fai qui, cosa ci fai qui?

La rabbia saliva.

In un momento in cui lei si fermò ad asciugare una lavastoviglie di bicchieri io le sussurrai: - Ora vado, esco. Dato che non vuoi che lui veda che io e te usciamo insieme, questo è il momento. Ti aspetto nel parcheggio. Ma davvero questo non è il tuo posto. -

Lei annuì, con un sorriso tenue, quasi di scusa.

Facemmo finta di salutarci, come io andassi via davvero, come non ci fosse nessun altro appuntamento tra noi.

- Torna, ogni tanto, se ti va, è stato bello rivederti! - esclamò con un finto entusiasmo.

- Certo, senz'altro, tornerò presto.. -

I miei occhi incrociarono quelli di Max che, seduto al suo tavolo, li staccava dalle carte per seguire e controllare i miei movimenti.

Lo salutai con un sorriso cordiale che sapeva d'aceto:

- Mi darai la rivincita, un giorno a l'altro, mi auguro! -

- Quando vuoi! - ronfò trionfante, ma il retrogusto delle sue parole era acido.

Uscii, finalmente uscii.

La notte mi accolse con il suo profumo d'estate.

Le colline erano vicinissime, se ne scorgevano i bordi più scuri dietro li tetti delle case.

Nella piazzetta adiacente, dove avevo parcheggiato la macchina, qualche ragazzo passava parlando ad alta voce. I lampioni pennellavano una luce gialla tra le ombre delle case già addormentate, con gli occhi delle finestre aperti per il caldo ma spenti di ogni luce.

Le brave persone riposavano le fatiche della giornata.

Mi sedetti nell'auto, cercando di farmi passare quella rabbia sorda ma accesa.

Lasciai che il pensiero di lei mi invadesse, mi sommergesse. Appena finito il turno di lavoro mi avrebbe raggiunto e sarebbe stata solo mia.

Volevo farle dimenticare tutto, tra le mie braccia, Max compreso.

Volevo diventare il suo tutto, così come lei era per me.

Accesi la radio sulla mia stazione preferita di vecchi classici.

Chiara era in ogni nota.

Chiara era nel mio sangue.

L'aspettavo.

Sarebbe stata mia, era mia.

Che importava Max, il poker, il mondo intero?

La notte si allargava, mi inghiottiva.

Chiara, sono qui, ti aspetto.

Sono tua.

 

CAPITOLO DICIOTTESIMO

 

GELOSIA

 

10 LUGLIO – 20;10

A.: Mi sono spogliata per fare la doccia. Lo sai: mi hai fatto un livido sulla spalla, ieri sera. Cosa ho provato, vedendolo.... indescrivibile! Ma l'ho baciato come farei con le tue labbra, che agogno....

C.: E cosa hai pensato? Ti ho fatto male? Mi piace.....

A.: Ho pensato che voglio sempre avere i tuoi segni sulla mia pelle. Ho ricordato il piacevolissimo dolore mentre i tuoi denti imprimevano il tuo marchio d'amore su di me... Le tue labbra su di me: ancora.....

C.:..... E brividi attraversano la mia pelle. E fremiti si convergono là, dove è magia...

A.: Dove io, prestissimo, mi stordirò d'amore, perduta nei tuoi profumi struggenti, catturata dal calore magnetico tra le tue gambe sotto le mie mani, tra le mie dita....

 

21;41

C.: Vorrei farti morire di piacere come mai neppure hai osato sognare, vorrei farti catturare dall'estasi che sgorga da oasi cristalline.. e morire con te.

A.: Amore mio, tu mi stai facendo provare il più grande sconvolgimento dei sensi e del cuore e della mente che io abbia mai sentito dentro di me. Sei esplosa in me e sono tua....

 

23;39

C.: Dorme, bella signora?

A.: No, stavo scrivendo. Ti stavo aspettando. Mi vuoi?

C.: Si.....

 

10 luglio – 08;07

A.: Buongiorno, amore mio! Ma ti sei accorta che era così tardi, stanotte, quando abbiamo chiuso la telefonata? Io assolutamente no: il tempo è passato senza che io me ne accorgessi e, guardando l'orologio, poi, mi sono stupita. Come potremo stare lontane, con questa fame che abbiamo l'una dell'altra? Perché è troppo bello amarsi così. Sono incredibilmente infelice, mentre, prima del tuo arrivo nella mia vita, ero così disperata! Oh... qualsiasi cosa potrò fare per te non sarà mai abbastanza! Ma ora ho un sonno!! Dormire sta continuando sempre di più ad essere un pio desiderio! Ma, avanti! Ora finisco di prepararmi ed esco, sono in ritardo: non sono riuscita ad alzarmi prima. Ma è lo stesso. Recupererò la mezz'ora persa. Quando ti svegli, avvisami, che appena posso ti chiamo: la tua voce? Un'esigenza. Ti amo!

 

09;06

A.: Sto facendo metano. Ma ti rendi conto di come soffrirei ora, se non ci fossi tu per me, ora? Con quello che mi è successo?E quante poche possibilità avevo? Beh, ora comincio a lavorare. Ti penserò comunque intensamente: la mia testa è...... tra le tue gambe!!!

A.: La tua bellezza è il compendio della mia fin qui difficile vita. Corona al mio desidero. Panacea delle mie ore vuote. Il tuo amore è la riparazione dei torti subiti.

 

10;36

C.: Buongiorno! Non mi ero accorta dell'ora così tarda, questa notte, o sarebbe meglio dire, questa mattina prima dell'alba. Tu come stai? Starai di certo intraprendendo relazioni interpersonali con qualcuno che magari cerca di rapire il tuo magnetico sguardo... o, magari.. il tuo profondo pensiero. Ma, quel gioco intessuto di sguardi carichi di emozioni, nessuno saprà che è solo mio...

A.: Dimmi un po': mi sa che ti eccita l'idea che io vada in giro provocando.. Bene, lo farò pensando a come maliziosamente coglieresti i miei sguardi.... Ma tu, il mio solo bene!

C.: Non mi eccita... Affatto... Anzi... vengo lì e... altro che morsi!

A.: Ti do l'indirizzo: sono a Castrocaro.. Oh, i tuoi candidi denti che che stringono la mia carne! Solo tu, amore mio, solo tu nei miei sensi sconvolti. Tu in questo innamoramento pazzo.

C.: Ma se i tuoi pensieri ed i tuoi languidi sguardi fossero solo per me... Allora si che potrei vederlo come un ' gioco malizioso '.

 

12;23

C.: Vorrei incontrarti in un caffè tipico del centro di una grande città. E magari, davanti ad un tea con il fumo della mia sigaretta che appanna le nostre emozioni, potremmo scambiarci le nostre intensità. Le nostre profondità..

A.: Ti guarderei arrivare da lontano e sentirei quel tuffo al cuore di predestinazione della nostra prima volta.... E, dietro la tazzina, i nostri sguardi si scambierebbero muti avviluppanti dialoghi di passione... E sotto la cortina discreta della tovaglia la mia mano incontrerebbe la tua gamba in un lungo brivido di complicità....

 

13;23

A.: Tu mi lascerai. Quando giovani e tumide labbra vermiglie e seni sodi ti faranno innamorare della giovinezza che io non ti avrò mai potuto dare. La mia vita, quel giorno, incontrerà la mia morte. Ma capirò e ti lascerò andare. Ti seguirò con il mio amore e il mio affetto fino al mio ultimo respiro. Che avrà il tuo nome, sulle mie labbra...

 

14;13

C.: Tumide labbra vermiglie? Seni sodi, giovinezza che non hai mai potuto donarmi... Ti sei mai chiesta perché non ami molto la giovinezza e le persone giovani. E ti sei mai chiesta perché continuo su questo filone di pensieri e nella scelta di donne più grandi di me?

A.: Si, me lo sono chiesto e mi sono data tante risposte. Adesso so che è così ed io ti sono complementare. Sento perfettamente questa nostra intensa affinità. Ma cambierà. Certo, non domani. Lo farà lentamente, con lo scorrere del tempo....

C.: Questo è perché solo menti profondamente eccelse e di infinita saggezza sconvolgono e sconvolgeranno i miei sensi e solleticano la mia sete mai esausta di conoscenza. E solo esse provocano gli stimoli dell'anima ed intrecciano le oscure trame del desiderio, sconfinando in verità ineluttabili. Come potrebbe cambiare, tutto ciò? Se accadesse questo segnerebbe un gigantesco mutamento della mia mente. E non so quanto mi potresti amare dopo un così eclatante avvenimento...

A.: Le tue parole discendono nel mio cuore e lo confortano... e lo dissetano. Grazie per l'apprezzamento. Adoro sentire di piacerti... ma.... Era così anche con Jenny?

C.: Mi sentivo molto affine a lei. Dopo una lunga ricerca trovai lei. Ma alla fine capii che non c'era davvero quella profondità, quella vera comprensione. Era solo una sua facciata. Un bellissimo fatuo sogno.

C.: Che con te, è verità.

A.: Mi sono fermata all'ombra di scuri ed austeri cipressi. Davanti a me verdi colline e campi di grano appena mietuti accesi d'oro che il vento leggermente accarezza.

Vieni dal sogno alle mie braccia senza svegliarti, senza soffrire. E, quando aprirai gli occhi, troverai i miei ad attenderti dalla soglia del nostro futuro insieme, amor mio.

Io ti amerò sempre. Accompagnerò i tuoi mutamenti percorrendoli, perché in essi rivivrò i miei, ormai passati. Crescere è sconvolgente, piccola mia. Ma vivremo ogni passaggio con il nostro grande Amore.

 

15;23

C.: Ciao bella, come va? Quando hai finito il lavoro? Sono al mare da solo e devo mettere la abbronzante soluzione su mio spalle. Vuoi aiutare me?

C.: Hai letto cosa mi scrive James, il mio insegnante di inglese?

A.: Io e James abbiamo gli stessi pensieri. Anche io, stanotte, quando ti parlavo di andare al mare insieme, ho avuto la visione delle tue mani che.... ma dimmi: a quale dei due lo farai?

C.: Ma... volendo potrei fare fifty fifty.....

A.: Mi stai proponendo un triangolo misto? Se questa è la tua volontà potrei proporti qualche valido volontario... basta chiedere....

C.: Non mi interessano i suoi elementi validi..... decisamente no.

C.: A lei piacerebbe vedermi con un uomo????? Aborro......................

A.: Non potrei mai sopportare di vedere le avide mani di un uomo sulla tua tenera pelle. Mi viene da vomitare. Smettiamo di stuzzicarci. Queste visioni mi sconvolgono....

C.: Ma se ci tieni potrei fare un duo... E poi, raccontarti.....

A.: Brutta troia! Non farmi questo! Non dirlo neppure! Smetti, smetti! Tu sei mia! Io non ti dividerò mai con nessuno. Io ti amo. Amo la tua omosessualità!

C.: …................. Ti bacio …..........................

A.: Ti amo.

 

20;58

C.: Portami con te......

A.: Sempre, amore mio. Continuamente... perdutamente.....

C.: Scrivimi quando vuoi... leggerò con l'intensità che ci lega profondamente.

A.: Il mio cuore ti parla.

La mia voce sullo

spazio e sul tempo

ha facile vittoria.

Il tuo amore

ha intessuto

di sé ogni mio respiro.

Allungo la mia mano

e ti sfioro.

Ovunque tu sia.

 

21:43

 

A.: Tu, voce

di conchiglia.

Fiato di nebulosa.

Luce di quarzo opalino.

Io orecchio.

Io bocca.

Io occhio.

Noi

armonia di creazione.

 

22;26

A.: Hai ricevuto i miei messaggi? Non mi dici niente? Ma quanto dura questa cena? Voglio parlare con te....!

 

23;42

C.: …............. Si, eccomi qui.................. Avevo il cellulare dentro la borsa...... Tra una mezz'ora al massimo veniamo via.... Non vedo l'ora di sentirti.............. E tu? Sei la mia unica poetessa..............

 

11 luglio – 00,08

C.: Eccomi a casa. Ora mi metto in desabijè e poi.......

C.: ….........................................

 

00,24

A.: Che lunga toeletta.......

 

Le attese di Chiara.

Il tempo, lontano da lei, era fermo, eterno.

Mi coglieva una mancanza come dell'aria stessa.

Ogni minuto mi correva, asfittico, lungo le derivazioni nervose della schiena e si impennava, rallentava fino allo spasimo, fino a quasi fermarsi, stirando e allungando i bordi delle ore come fossero voragini imperscrutabili nelle quali io mi ci perdevo dentro.

Ogni certezza veniva a mancare, allora, ogni sorta di dubbio cresceva come un improvviso fungo malefico e velenoso dopo una abbondante pioggia di primavera.

Tutti i pensieri si diramavano in miriadi di alienazioni e paure.

Il mio passato tornava alla carica come un rinoceronte impazzito e mi incornava all'angolo con la forza della predestinazione.

Ero come un neonato. Ero senza autonomia, senza indipendenza.

Senza forza di me, di condurre la mia vita da sola, se non avevo l' amore.

Amare per vivere o vivere per amare?

È sempre stato il dilemma attorno al quale si è avvitata e dilaniata la mia vita.

Fin dalla più tenera infanzia ho sempre sentito questo vuoto in me, questa fame di amore, di altre persone.

Di parlare, di essere ascoltata. Di ascoltare.

Gli altri mi sembravano dei semi-dei, dei miracoli naturali.

Erano più belli di me, più simpatici interessanti intelligenti.

Guardavo ad ogni persona amica come ad una fonte inesauribile di vita.

Stare sola, per me, è sempre stato difficilissimo.

E quando qualcuno si avvicinava a me con interesse, per amicizia o altro, per me era un'emozione che ancora ora non so descrivere.

Allora mi sentivo viva, bella come mai non ero, importante, preziosa.

Non era vanagloria, la mia, ma solo attraverso l'interesse di un'altra persona nei miei confronti io scoprivo il motivo di esistere. Solo l'affetto di un'altra persona accendeva la mia voglia di esistere ed il motore della mia gioia.

Sola, io sono sempre stata spenta.

Questa dipendenza affettiva è stata un ostacolo difficilissimo da superare e mi ha portato al suicidio diverse volte, perché la perdita dell'amore di alcune persone da me amate divenne intollerabile, insopportabile.

Senza di loro io non ero, non trovavo un motivo per continuare a vivere.

Questo è di certo il nocciolo delle mie problematiche, la catena del karma che dovevo spezzare.

Ed ho spezzato.

Non da molto qualcosa è cambiato profondamente in me.

Avevo individuato da tempo questo zoccolo duro del mio destino, avevo capito già che era quella la causa di tutti i miei problemi ma dal capirlo al cambiarlo energeticamente il passo non è stato breve.

Credo siano state tutte le mie sofferenze a riuscire a spaccare quel vincolo: ora sto bene da sola.

Ora non mi sento più sola.

Certo l'amore di coppia resta il valore terreno più grande per me ma ho capito che amare è un miracolo che non si ripete facilmente.

Ma è anche una sofferenza interiore perché l'amore vero spacca le nostre illusioni, è come ci chiedesse una crescita personale che comunque ha un costo importante.

Si può amare anche senza essere corrisposti come si può essere sereni senza essere amati ed amare.

L'amore vero non muore mai. I veri legami si rinovellano da una vita all'altra.

Dunque ogni addio è solo un arrivederci.

Nulla di quello che abbiamo, qui sulla terra, è nostro. È solo in prestito. È dominio di tutta la creazione.

È qualcosa che ci viene dato in ordine al nostro karma e che noi renderemo, dissolvendoci e ritornando energia pura nel momento della nostra morte.

Questo mio capire non è stato un processo mentale ma un cammino della mia anima.

Ora so sopportare serenamente una assenza, una attesa, ma allora, ai tempi della storia di Chiara fino a pochissimo tempo fa, assolutamente non lo potevo fare.

Tutto il mio amore per lei mi ruggiva dentro con la voglia di vivere, l'erotismo, la poesia e l'incertezza del mio passato.

E tutto questo era un cocktail micidiale.

 

08;43

A.: Apro gli occhi ed ecco che tu esplodi nel mio pensiero cosciente. Non sei un sogno. Sei davvero nella mia vita. Sei il mio amore. Sono felice!..... pur se morta di sonno! Ma, tutto, pur di parlare con te..

 

10;57

C.: Un velo di malinconia contorna questa mattinata così ventilata. È un vento strano, un vento che ha il potere di trasportare avidamente i miei pensieri. Buongiorno a te, dolcezza.

A.: La malinconia è un dolore sottile... Penso al tuo bellissimo viso e decido che tu non devi sentirti triste. Ci sono io, per te, ora. Sorridi, amore! Stasera ti farò il solletico! Posso chiamarti un attimo?

C.: Si...

 

12;33

A.: Bijou, preferisci che ti chiami adesso o tra un po'? Sono a tua disposizione.

C.: Fra una ventina di minuti, ti va bene?

A.: Certo, amore mio, li conterò, quei minuti...

 

12;53

A.: Telefonata: ' Salve signor Foschi, sono Arianna della ditta VIBER. Come sta? ' posso passare in giornata da lei per l'ordine? ' - ' Rientrerò solo verso le 20. se per lei va bene, ceniamo insieme e poi facciamo mattina.... ' E diceva sul serio......

 

L'amore è uno stato che si avverte.

Non è solo dentro di noi ma si espande con la nostra aura ed è una vibrazione che colpisce profondamente chi si avvicina a noi, come farebbe un carico elettrico molto intenso.

Quando si ama si è più belli, più desiderabili e si richiama amore, attenzioni, pulsioni sessuali.

L'amore richiama amore e tutto quello che gli assomiglia...

Durante quei mesi fu comune per me ricevere inviti, offerte di relazioni, dichiarazione di interessi.

Anche successe che un mio cliente, un falegname, fosse piuttosto preso di me e si dichiarasse, chiedendomi di corrisponderlo, dopo qualche mese durante i quali io vidi ed immaginai qualcosa del genere di quanto gli stesse accadendo. Gli spiegai perché non avrei mai potuto farlo ed egli rimase molto deluso ed addolorato. Ma restò sempre mio amico. Anche quel signor Foschi, che era un uomo più giovane di me, di notevole fascino e grande donnaiolo, forte anche della sua più che solida posizione economica, mi si propose più volte.

Fu un bel momento per me, un bel gioco.

Mi sentivo bellissima.

Ed amavo far ingelosire la piccola Chiara, esattamente come lei soleva farlo con me.....

13;35

A.: Sono in un ristorante frequentato da operai ed impiegati. Siedo ad un tavolo lungo, semivuoto: di fianco a me, un ragazzo. Ho sostenuto tutta la nostra telefonata con un tono di voce perfettamente udibile per lui. Ed ho detto il tuo nome molte volte. Lui ha ascoltato tutto, attentamente. Alla fine un breve sguardo di sospensione, tra di noi. Eccitante!!! Ma cosa mi hai fatto???

 

14;23

A.: Hai ricevuto i miei messaggi? Non mi rispondi? Tutto bene, piccola?

 

15;26

C.: Si... Ho avuto qui la ragazza, - amica mia – che ho dovuto istruire perché forse viene qui al circolo a fare delle ore. E quando sono arrivata, era già qui... ! È andata via ora....

A.: Che genere di amica?? Non è che l'hai istruita troppo bene?!?

C.: Sono stata solo esaudiente. E quel tipo a pranzo, oltre a quel mistico sguardo, non ti ha detto più nulla?

A.: Non vedo l'ora di testare di persona le tue ottime qualità di insegnante e scoprire quanto sai essere esaudiente.... Nient'altro tra il tipo e me, ma è stato divertente...

C.: Sarò lieta di mostrarle ' certe ' qualità...

 

17;27

A.: Tu hai un rapporto di odio – amore con il tuo telefono, dato che non lo tieni mai dove deve stare e cioè vicino a te, per rispondere alle mie telefonate!!??!!!

 

!9;15

A.: Sono al supermercato e ad un tratto ti ho sentita qui, vicino a me, mettere nel carrello tante buone cose per noi......

 

20;26

A.: Che brutto quando non rispondi ai miei messaggi! Sei con lei, vero? Sigh... parto adesso: a tra poco, amor mio....

 

FEMMINA - 2011 olio su tela 13 x 18
FEMMINA - 2011 olio su tela 13 x 18

 

CAPITOLO DICIANNOVESIMO

 

UNA ATTESA

 

12 LUGLIO

 

Durante il pomeriggio appena trascorso io e Chiara ci eravamo messe d'accordo per vederci, quella sera.

Ma lei era sparita.

Non avrebbe dovuto lavorare, dato che la ragazza appena assunta avrebbe fatto il turno di chiusura e quindi avevamo pensato di andare a bere una cosa e poi fuori a cena insieme, a vivere un po' il nostro amore.

Avevamo parlato di una corsa in macchina fino al litorale, poco lontano da lì, di una cena di pesce n una qualche piccola trattoria con cucina casalinga, come io ne conoscevo e poi il bagno, a mezzanotte.

Durante le ore antecedenti il nostro appuntamento le avevo mandato qualche messaggio telefonico, al quale lei non rispose.

Ma il suo silenzio non mi fermò.

Tutta la mia vita era proiettata in quella serata, tutto il mio amore per lei, tutti i miei desideri.

Così, dopo il lavoro e gli impegni famigliari, feci la doccia, mi preparai, mi misi in viaggio e, arrivata vicino a casa sua, mi fermai a lato in una strada per la quale sapevo sarebbe passata, spensi il motore dell'auto, ansimante per l'ennesima quanto ingiustificata folle corsa sull'autostrada a pistoni spiegati, accesi la radio ed attesi.

Non avevo cenato e avevo anche appetito.

L'idea di farlo con lei mi piaceva immensamente: le avrei fatto assaggiare qualche specialità, come i passatelli al brodo di pesce, che erano assai prelibati, sempre che non avesse preferito gli strozzapreti o i garganelli che, nel posticino in cui avevo deciso di portarla, confezionavano rigorosamente in casa a mano come una volta, esaltandoli con condimenti vari, saporiti ed originali.

Le avrei suggerito il vino giusto, un traminer aromatico o una ribolla gialla, oppure un vermentino o un verdicchio, se avesse preferito sapori più freschi.

Le avrei versato il prezioso liquido giallo chiaro, fresco e profumato, nei scintillanti grandi calici da vino.

E l'avrei guardata mangiare, assaggiare i sapori deliziosi, mescolandoli alle nostre parole ed agli sguardi maliziosi e felici.

Avevo fame, ma di lei.

Così, nel silenzio di quella viuzza semi deserta aspettavo.

Ma il tempo passava, i minuti si fecero mezz'ora, un'ora e poi due e di Chiara, nessuna traccia...

Preoccupata, stranita pensierosa feci un giro in macchina per vedere se l'avessi per caso vista. Passai davanti al circolo ed in altri due o tre posti nei quali lei avrebbe potuto trovarsi: da sua sorella o forse in palestra, ma la sua auto non era parcheggiata da nessuna parte.

Non sapevo dove stesse di casa Jenny. Non glielo avevo chiesto mai ed avevo fatto bene, perché quella sera di certo non avrei saputo resistere alla tentazione di andare pure lì e, trovando la macchina, suonare al campanello, bussare forte, se non mi avessero aperto e fare una scenata.

Perché io lo sapevo: Chiara era con lei.

E lo stomaco mi si strizzava di gelosia.

Mi immaginavo una lite, vedevo Jenny adirata gridarle addosso, spintonarla, magari schiaffeggiarla.

Se lo avesse fatto io non avrei certo lasciato passare la cosa senza una mia azione e allora sarebbero stati momenti molto indigesti, per la mia rivale...

Ma molto peggio mi faceva stare il pensiero di un loro riavvicinamento, di un abbraccio... di un bacio......

Il sangue mi si raggricciava nelle vene.

No, Dio non avrebbe permesso quello!!!!

Tornai a parcheggiare vicino a casa sua, spensi il motore e riaccesi la radio.

Almeno avessi saputo fumare, avrei avuto qualcosa da fare.....

La musica mi dava noia: le canzoni troppo dolci mi strizzavano il cuore, facendomi scendere lacrime di commozione. Quelle in cui si parlava di amanti traditi o lasciati mi gettavano in una sconforto difficile da sostenere. Quella allegre mi facevano venire stizza.

Spensi la radio.

In macchina tenevo sempre qualche libro da leggere nelle pause del lavoro, così ne presi uno che era appena iniziato e provai a tuffarmici dentro.

Era un horror di Stephen King, che a quei tempi era uno dei miei autori preferiti: leggerlo mi trasportava fuori dalla mia realtà di ogni giorno che, prima di conoscere Chiara era assai triste e solitaria, mi proiettavano in una mondo assolutamente inesistente o almeno fortemente improbabile e questo mi faceva volare con tutta la mia fantasia. Inoltre lui è un ottimo scrittore e le sue trovate fantastiche mi affascinavano tantissimo.

Ma quella sera neppure i mostri di altri mondi sapevano distogliere il mio pensiero da Chiara.

Era quasi mezzanotte e la carrozza stava per trasformarsi in una zucca.

Feci di nuovo il giro per vedere se l'avessi incrociata: nulla.

Volatilizzata.

Il crescente disagio era diventato una sottomessa rabbia: possibile che, dovunque fosse, non avesse potuto trovare un attimo per un messaggio, almeno per quello?

Inoltre stavo davvero cominciando a preoccuparmi e stavo pensando di telefonare a Max per sapere se avesse notizie della nostra comune amica, dato che lui era il mio unico contatto indiretto con lei ma proprio in quel momento il cellulare, posato sul sedile accanto, gridò l'arrivo di un messaggio.

Una fucilata al cuore mi avrebbe scosso meno.

Presi freneticamente l'apparecchio tra le mani e lessi

 

00;27

C.: Sono qui, dolce e bella signora

 

Mille pensieri mi attraversarono contemporaneamente, mille sensazioni: sollievo meraviglia, rabbia, gelosia, delusione felicità, paura, incertezza, eccitazione euforia e ancora un immenso sollievo.

Mi misi a battere sui tasti una risposta interlocutoria, cercando di mantenermi gentile e meno acida possibile, ma non feci tempo a scrivere qualche parola che mi sentii sfiorare il braccio appoggiato sul finestrino abbassato.

Trasalii ancora violentemente ed il mio cuore si prese la seconda fucilata della serata.

La terza fu immediatamente dopo, quando volsi la testa e vidi lei, in piedi di fianco a me: bella bellissima, meravigliosa e con i segni evidenti del pianto sul suo viso.

La feci salire in macchina, misi in moto e sgommai via di lì.

Senza chiederle nulla mi diressi al nostro posto, al silente e deserto parcheggio tra le colline.

Lei cominciò a parlare cercando di chiedermi scusa, ma io le presi la sua tenera mano e fermai quelle parole.

Avevo visto nei suoi occhi una tristezza così grande che le sue scuse non erano necessarie.

Le chiesi molto dolcemente se avesse voluto raccontarmi e lei cercò di descrivermi una discussione cominciata davanti ad un aperitivo dopo un incontro casuale con Jenny in centro, proseguita nella macchina di lei e poi divenuto litigio a casa sua, dove la mia rivale aveva insistito per portarla, per togliersi dalla strada: un alterco del genere non sarebbe passato di certo inosservato e loro erano molto conosciute, in quella piccola cittadina di provincia.

Jenny l'aveva quindi accusata di avere un'altra donna e Chiara aveva negato, a suo dire per non ferirla ulteriormente.

Jenny le aveva rinfacciato la sua freddezza, la sua mancanza d'amore.

L'aveva apostrofata gridando, con parole rabbiose ed amare, l'aveva aggredita con tutta la violenza della sua delusione.

Poi, trasformando la sua ira e gelosia in dolore, aveva pianto, l'aveva supplicata di tornare con lei, aveva minacciato di togliersi la vita.

' Ed eccone un'altra!! ' - pensai e poi dissi - ' Povera Chiara, due vite nelle tue mani, due donne mature che dovrebbero entrambe insegnarti con il loro esempio come affrontare le difficoltà della vita e che invece sono come neonate orfane e moribonde, senza di te! '

E nel frattempo eravamo arrivate al parcheggio e lei volò tra le mie braccia, con le lacrime agli occhi ed io bevvi quelle lacrime ed io accarezzai quelle guance stanche, baciai quei bellissimi occhi arrossati.

E io presi le sue mani ancora tremanti e le strinsi tra le mie per fermare quel dolore, per accoglierlo dentro di me e portarlo via dal suo cuore.

E di nuovo ascoltai il suo racconto, di come lei avesse aiutato Jenny, che si era trovata anche in notevoli problemi economici, prestandole persino del denaro - e non certo piccole cifre, - aiutandola a trovare un nuovo lavoro. Di quanto Chiara ci fosse stata, per l'altra, l'avesse supportata, confortata ed ora non capisse come lei potesse essere così violenta.

Mi disse che comprendeva il terribile dolore del suo cuore, che si rendeva conto che Jenny era assolutamente dipendente da lei e per quello non riusciva a dare un taglio netto al rapporto, ma ugualmente la loro storia era finita e Chiara si stupiva di quanto male le stesse facendo l'altra, in cambio di tanto bene ricevuto.

Di nuovo pianse ed io l'accolsi tra le mie braccia, cullandola teneramente, calmando il suo pianto.

Poi stemmo abbracciate così a lungo, in silenzio, il suo viso affondato nell'incavo della mia spalla ed io quasi avvolgendola.

La notte si era fatta materna e profonda.

Il silenzio era intenso e i grilli e i radi canti degli uccelli notturni non lo interrompevano affatto.

Gli alberi ci si erano stretti intorno con le loro chiome fruscianti al leggero vento notturno.

La cena era sfumata, con tutti i progetti: le mie aspettative stavano sciogliendosi, sfrigolando lentamente, in una triste accoglienza della sua stessa tristezza.

Avrei voluto lasciarmi andare all'impetuoso desiderio di lei che mi ruggiva dentro, ma sentii che davvero non era la sera giusta, quella.

Inoltre sapevo che l'indomani mattina Chiara avrebbe dovuto recarsi a sostenere un colloquio per un nuovo lavoro e quindi, dato che era già piuttosto tardi e la mia amata dimostrava di essere alquanto stanca, tanto che stava per addormentarsi così, appoggiata contro di me, seduta nell'auto, le dissi che sarebbe certo stato meglio se io l'avessi riaccompagnata a casa perché lei avesse potuto rinfrancarsi con un buon sonno ristoratore ed essere in una forma migliore all'importante appuntamento del giorno dopo.

E così, dopo tanti piccolissimi lievi baci sulle sue tempie la fronte il naso le gote, ci staccammo, anche se a fatica e a malincuore, accesi il motore dell'auto e guidai fin sotto casa sua.

La vidi quindi scendere, venire verso di me e chinarsi a darmi un dolce bacio appena sfiorato sulla fronte e, dopo un'ultima stretta di mano, voltarsi ed entrare in casa sua.

Eravamo d'accordo che non ci saremmo più messaggiate né telefonate: era troppo tardi e Chiara doveva assolutamente dormire un numero congruo di ore, quindi io lentamente, con il finestrino abbassato, guidai nella notte piena di luci dell'autostrada, varcai la porta di casa mia al buio, senza accendere la luce, mi spogliai, mi misi a letto e, stanchissima per la difficile giornata sostenuta, attraversata dalle più contrastanti emozioni, cedetti finalmente al sonno, quasi senza accorgermene e mi addormentai...

 

04;44

A.: Mi sono svegliata con il solito spasmo. Chissà cos'è. Ho mangiato una fetta di melone. C'era Gabriele, in cucina. È proprio in questi momenti che sei ancora più preziosa. Sono così stanca. Mi rimetto a dormire......

 

07;28

A.: Buongiorno! Ecco il venerdì! Attendendo di essere vicino a te, queste ore saranno lunghe, oggi, senza poterci sentire spesso. Pensami. Mandami il tuo amore. Prendi il mio. Quanto ti amo!!

 

08;09

A.: Aspettando il capo... ma ti rendi conto di quale fortissima emozione io provi vicino a te? Non negarmi, ti prego, neppure un minuto del tempo che potremo trascorrere insieme! Quanta felicità ci daremo! Quanto sarà bello!

 

10;42

C.: Buongiorno! Che notte...consumata tra gli albori di una storia d'amore.. Ti bacio ed attendo la tua voce...

 

Essere agente di commercio aveva i suoi lati positivi.. Il capo, dopo averci dato le ultime nuove e le ultime raccomandazione per la giornata, ritirato gli ordini di quelle precedente, se ne andava con uno di noi a turno, - eravamo sei, - lasciando gli altri con la possibilità di gestire autonomamente il proprio tempo. Quello che contava era il fatturato. Se c'era quello, - e per il momento non mancava – nessuno aveva nulla da ridire se io mi fossi presa una mezz'ora per me, a metà mattina, per parlare con l'essere che amavo e mi rendeva così felice.....

Così, era agevole sentirci quando Chiara era disponibile, qualche minuto tra un cliente e l'altro e io, piazzola di sosta dopo piazzola, autogrill dopo autogrill, capannone artigianale dopo capannone artigianale, mi ritagliavo minuti di felicità per poi riprendere il lavoro, più innamorata e sognante di prima.

14;26

A.: Mi mandi un bacio, che ne ho un estremo bisogno? Mi ami?

C.: Si..... Ti sta arrivando....

C.: L'hai sentito? È come quello che stanotte avrei voluto darti...

A.: L'ho preso e l'ho messo nel fondo del mio cuore. Come cuscino per i miei sogni. E pane per i miei giorni.. ma non hai risposto alla seconda domanda...

C.: Si....... e avevo risposto.

 

16;38

C.: Ho scritto. Ho prodotto di te, di noi...

A.: Davvero? Mi leggerai? Stasera? Mi emozioni! Sono dall'ultimo cliente, che sta per arrivare. Appena mi sono liberata ti chiamo. Amore, mi manca il tocco balsamico dei tuoi occhi!

C.: Si... leggerò di te, leggerò per te....

 

19;22

C.: Sto per entrare in doccia. Quindi, se mi telefonerai, non potrò risponderti. A tra poco, tesoro.

A.: Io ne sono appena uscita. Mi sto asciugando. Vorrei lo facessi tu. Vorrei lavarti.

Teneramente massaggiare la schiuma profumata sulle tue spalle, le natiche, tra le gambe.....

 

19;43

A.: L'oracolo ti risponde con grande chiarezza ed affetto. Tu sei una figlia prediletta di Dio. Avvisami quando vuoi che ti chiami. Quale onore il destino mi ha rivolto, dandomi a te!

 

L'oracolo è il millenario cinese I Ching, un libro di consultazione e vaticini basato sulla filosofia taoista, che io leggo e consulto da quando avevo poco più si venti anni.

Chiara mi chiese di consultarlo a riguardo del colloquio avuto durante il mattino.

 

21;21

A.: Piccola, oh, è troppo duro stare lontano da te! Fammi venire là... farò l'abitudine a quella gente. È il tuo lavoro, è la tua scelta. Ed io la rispetterò. Ma DEVO stare con te!

 

22;10

A.: Che smania...... Mi ero addormentata e mi sono svegliata con quella assurda sensazione addosso. Cosa sarà? Mi alzo.

 

Allora erano le prime notti che avvertivo distintamente quel sintomo in maniera netta.

Fino ad allora avevo avuto manifestazioni meno aggressive, che erano state confuse dai medici a cui ne avevo parlato, con stanchezza, problemi di circolazioni, ansia e varie.

Ci vollero altri tre o quattro anni di continue torture notturne sempre più frequenti e di più lunga durata prima che, finalmente, ad un medico venne in mente di farmi fare una visita neurologica.

E così seppi che quella assurda smania che mi prendeva la sera quando mi coricavo e non passava con nulla, costringendomi ad alzarmi dal letto e camminare per casa per ore, al buio, in silenzio, mentre i miei figli dormivano, cercando di non far rumore per non svegliarli, mangiando qualsiasi cosa trovassi in frigo o nella dispensa e che solo dopo molte tribolazioni, a volte era quasi l'alba, mi si attenuava e riuscivo finalmente a crollare a letto ed addormentarmi, era la semi sconosciuta malattia denominata Sindrome delle Gambe Senza Riposo.

Ebbi finalmente una cura, anche se ci vollero diversi anni per aggiustare la dose giusta e fare in modo che io non avessi più crisi.

È una malattia dalla quale non si guarisce e della quale non si sa nulla, i cui sintomi vengono curati con il medicinale usato per il morbo di Parkinson.

Ora riesco bene a gestire il medicinale, ma quando non ho potuto prenderlo, per vari problemi, è stato proprio terribile.

Senza quella sostanza io non potrei sopravvivere.

 

 

13 luglio 00;56

A.: La reciprocità del tuo amore mi travolge.

 

01;13

A.: Sono qui al parcheggio che ti aspetto.

C.: Cinque minuti.....

 


A.: Sono qui. Ti aspetterei una vita....


CAPITOLO VENTESIMO

 

L'AMORE E' UN

 

PENTAGRAMMA

 

13 luglio -05;25

 

A.: Ho il tuo odore nelle mie mani. Mi fa impazzire. Mi fa felice. Mi fa mortalmente triste. Buonanotte, unico significato della mia vita.

C.: perché triste? Ma ti piace davvero? Me lo diresti, se così non fosse?

A.: Triste perché vorrei che non ci fosse più nulla che ci impedisse di amarci totalmente., né da parte mia, né da parte tua. Il tuo profumo intimo mi inebria. Credici. Mi porta via la mente.

 

06;41

A.: Sono a letto. Sfinita ma ancora sconvolto da quello che abbiamo vissuto. Mi hai posseduto. Ora dormirò lì, abbracciata a te. Con il mio fiato tra i tuoi capelli, amore.

 

Quante volte ero stata posseduta, fino a quella notte? E da quante persone, uomini e donne?

Molte, direi.

Per un anno e mezzo avevo fatto del sesso disinvolto e multiforme la mia religione e la mia espressione.

E prima vi erano stati due matrimoni e amanti vari.

Avevo molto amato e molto ero stata amata.

Così pensavo.

 

Conosci te stesso - gnozis seautòn – dicevano i greci.

 

È una massima della quale non si considera mai abbastanza l'importanza e la profondità.

A diciannove anni ero madre, sposata e con una vita già preordinata fino alla sua fine, se io non avessi avuto la forza, la caparbietà, la ribellione, il coraggio, l'incoscienza, la follia di sconvolgerla, ancora ed ancora, soffrendo, facendo soffrire, pagando a caro prezzo ogni mia scelta.

Quanto avevo dovuto cercare, vagare, provare rifiutare, essere rifiutata, rischiare, vegliare insonne, attendere, per trovare infine la matrice di me stessa?

Il 13 luglio 2002 io avevo 47 anni ed avevo scoperto solo in quella notte cosa fosse l'amore, per me, quale emozione composita ed iperbolica suscitasse in me il suo possedermi, quale specchio della mia anima fosse quella bambina che aveva abbattuto con una spallata improvvisa tutte le mie certezze, aprendomi a me stessa.

 

Di nuovo al parcheggio silenzioso e deserto.

Chiara, quella volta, era interamente vestita di bianco e nel buio della notte splendeva come una falce di luna che fosse venuta a posarsi sul sedile della mia auto.

Ma gli abiti furono tolti e fu la sua pelle ad essere più luminosa di quella luna.

L'amore è un pentagramma. Il piacere sono le note, le loro altezze, i ritmi, le durate, il colore il timbro. L'intensità.

Ma è anche altro.

È rincorrere la propria ombra e riuscire finalmente a prenderla tra le mani ed accarezzarla o possederla.

È scavare un pozzo nella propria carne fino allo sgorgare delle acque dell'anima.

È accendere una luce nelle profonde grotte della nostra mente e vedere i relitti dei nostri pensieri, scoprirne la sorgente ed abbeverarsi, assetati, a quelle acque gelide e cristalline.

È scrivere una canone che collima e rimeggia con quello che siamo, vogliamo, aspiriamo, inseguiamo, abbiamo.

È sparare una salva di cannone contro il muro che ci è prigione e rifugio, farlo inondare di acque eterne, farsi prendere dai mulinelli della corrente, uscire, vorticando nel flusso, dalla galera delle nostre paure ed inerpicarsi per le pareti del Grand Canion della nostra vita fino a raggiungere la verde prateria che ci è stata promessa e correre, da allora correre, a perdifiato, cogliendo ad ogni respiro acceso, la felicità dell'estasi.

Così le mani di Chiara su di me, in me. Il suo corpo di giunco a scivolare sul mio, il suo respiro, i suoi gemiti, le sue grida e le mie.

Avevo amato, fino a quella notte?

No.

Era stata tutta un illusione, la mia vita, così grande che si infranse in un attimo come un bicchiere di fragile vetro caduto a terra da grande altezza.

Si infranse, si disintegrò in una miriade di cocci taglienti sui quali mi rotolai, ferendomi ogni lembo di pelle che lei toccò, lacerandomi ad ogni sospiro, ad ogni anelito di piacere, sanguinando come una vena aperta.

Chiara mi prese ed io presi lei: mi si donò con la grazia di farfalla.

Io mi donai a lei come il fiore che l'accoglie.

 

Ma staccarmi da lei fu uno strappo formidabile.

Di nuovo il destino, la vita, mi mostrava una via senza darmi l'occasione di percorrerla liberamente e fino in fondo.

Cosa che è accaduta fino a questi giorni.

Che il compito di questa mia vita sia la rinuncia?

Sono passati 10 anni quasi esatti da quella notte.

Ora, mentre scrivo, sono le 06;25 del 26 giugno 2012.

Oggi so cosa sono e cosa voglio.

Ma non mi è dato né di essere né di avere.

Ho affinato in questi dieci anni trascorsi l'arte della rinuncia, sperimentandomi fino allo stremo delle mie forze.

Mi sono strappata brano a brano tramite questo esercizio estremo.

Amare senza poter vivere l'amore se non a piccolissimi sorsi interrotti.

Amare senza essere riamata.

Amare riamata ed essere comunque rifiutata.

Dieci anni fa ho trovato la mia strada. L'ho percorsa fino ad oggi, con grande slancio.

Ho di nuovo amato.

Sono di nuovo, definitivamente, sola

 

Oggi penso che l'amore sia qualcosa che l'essere umano non sa conoscere, al quale può accedere solo in maniera marginale, perché se l'amore entrasse ad un tratto in ognuno di noi, ci disintegrerebbe.

L'amore ci viene dato in maniera omeopatica.

Rinunciarvi è riuscire a berne successivamente un sorso ancora un po' più concentrato.

Così io vivo. Questo io faccio. Ogni giorno.

Ogni giorno più rinuncio all'amore.

Ogni giorno più amo.

11;56

A.: Buongiorno, ninfea! Che notte! Penso e ripenso alle ore passate con te. Ho ancora miriadi di sensazioni addosso. Spero che tu stia dormendo e che stia bene. Un bacio.

 

13;40

A.: Vieni giù, questa sera per cena. Andiamo al mare, mangiamo una pizza o quello che desideri. Facciamo il bagno di notte e poi dormiamo insieme. Quando ci alziamo, andiamo in montagna. Facciamo un picnic. A sera ceniamo fuori.. penso a tutto io.

 

13;40

A.: La vita non dura all'infinito, le occasioni, neppure. Non sprechiamo un attimo della nostra felicità. Ho fame di te. Dammi tutta la vita che mi è stata portata via. Ripara qualche torto che io ho subito. Tu puoi...

 

14;43

C.: Punto della situazione: per il pomeriggio, niente di buono. Ho finito ora di lavarmi, mangiare qualcosa. Sai, ho voglia di sentirti! Tra un po' forse vedo lei. O stasera o domani voglio vederti.

 

( Come puoi, Chiara, oggi, vedere lei? Perché io non ho altro che te, ovunque in me e tu........ )

 

C.: Ogni tanto rileggi quello che ti ho scritto?

A.: Ormai l'ho imparato a memoria. Sono ancora a letto. Ho dormito un po', il tuo foglio piegato sotto al cuscino. L'ho letto e riletto. Mi commuove ogni volta sempre di più. È proprio come dici tu, amore. Ti voglio. Questa notte. Dimmi di si, ti prego. Facciamo come ho detto io. So che vuoi vedermi. Ieri sera mi hai mangiato. Nessuno mi aveva mai desiderata così.....

 

  •  

    Ed ecco lo scritto di Chiara. Mai nessuno mi aveva dedicato parole così belle.


  •  

    Sono stata catturata.

    Hai messo un lazzo al mio cuore trascinandolo verso il tuo, complementare.

    Hai allacciato quel nodo scorsoio ben unto al mio respiro che è diventato lento e affannoso quando si è scontrato con il tuo.

    Hai fatto scorrere la tua mano eterosessuale e medita fra i miei capelli e la loro radice così sensibile ai tuoi polpastrelli. E la mia pelle è stata violentemente scaraventata in un getto bollente di brividi e di scosse che credevo fossero tramontati e precipitati con le mie storie affogate.

    Hai permesso ai tuoi sentimenti di farsi largo in un oceano di nuove ed esilaranti emozioni, reduci di una vita trascorsa in un’ infelicità dilagante.

    Ieri ho baciato le tue ferite.

    Ho toccato e ho sentito quei segni fremere e gemere sotto la mia bocca, liberarsi dì quello che gli è stato inflitto. Cercare un rifugio in quella cavità così avida di te, del tuo sapore, che nella mia fantasia ha già un odore meraviglioso. Ho voluto avvertire, sentirli parlare del dolore che hai dovuto soffocare in ungesto tanto distruttivo, che non avrebbe mai permesso alla mia livida cornea di incontrare il riflesso accecante e cristallino dei tuoi occhi.

    Ma quelle cicatrici aspettavano il mio arrivo.

    Aspettavano quell’oasi di sensazioni che le avrebbe scagionate dalla loro colpa mortale.

    Dicevano di me che ero un’ anima libera, raccontavano che ero indomabile, una selvaggia con il viso angelico; parlavano di me come anima impossibile da fermare, da catturare, da possedere.

    Nessuno si sbagliava.

    Ma ora mi ritrovo nuda davanti a te. Spogliata di questo nome. Intrappolata in una morsa infinitamente dolce e perversa, pudica e sfrontata.

    Sono con te quando non ci sei.

    I miei pensieri diventano ombra sul tuo spirito innamorato.

    E sento che sei qui.

    Che percorri un filo conduttore nelle mie profondità.

    Che dai voce, con la tua calda, al mio Amore.

       Aspettavo te.


15;22

A.: Sta piovendo. Sento l'odore ferroso della pioggia che si spegne sulla calura pomeridiana. Il suo suono è un chiacchierio confidente. Se tu fossi qui, correremo ridendo sotto la pioggia.....

A.: Per un po', tacerò. Abbandonati al nostro amore. Ti aspetto stasera, stanotte, a qualsiasi ora. Vieni tra le mie braccia amorose e lascia dietro te tutte queste genti aliene. I loro veleni...

dimentica nel mio amore queste sudice piccinerie e lascia che la tua vita si riempia di tutte le cariche positive che emanano dal nostro bene, rispetto, comprensione...

 

Ogni giorno i racconti di Chiara si arricchivano di aneddoti per me inquietanti e fastidiosi.

La clientela squallida del posto in cui lavorava, le ire malcelate di Jenny, le manovre melliflue e subdole di Max, i litigi reiterati con la sorella per i più futili motivi, altre amiche ed amici che contribuivano a colorare questo già composito mosaico che era la vita di Chiara, di tinte non proprio esaltanti.

Io ascoltavo con la maggior pazienza che mi riusciva di trovare. Se lei mi chiedeva qualche consiglio, cercavo di esprimerle concetti saggi ed equilibrati. Ma il fastidio di tutte queste cose così infime ed inutili che si intromettevano tra lei e me, cresceva sempre di più. Come la consapevolezza che io non ero che una piccolissima parte della sua giornata. Cosa che mi rattristava moltissimo.

Ed anche quel giorno, per me così intenso ed emozionato, lei stava imprigionata in quella trama di mucillagini soffocanti, gettandomi in un grande sconforto e senso di impotenza.

 

16;14

A.:  Sento ancora sotto le mie dita il tuo bocciolo turgido che freme ed il tuo calore che mi risucchia come un buco nero. E ancora la mia lei aprirsi sotto le tua mani. Ti voglio.

 

17;36

A.: Ti amo da impazzire. Sei ancora con lei?

C.: Sta tuonando: è bellissimo. Il cielo plumbeo e nero mi riempie di eccitazione.

 

18;39

A.: Sono uscita. Piove fortissimo: saette e tuoni si disciolgono nel mio sangue. Sto male quando sei con lei. È più forte di me. L'amore vero non può venire a patti. Ti dono il mio dolore.

C.: Qui non ha nemmeno piovuto, sigh!! Lì piove ancora? Sono stata al circolo. Max è un idiota. Ho parlato con la mia amica. Alle 20 dovrei essere libera. Ci sentiamo a quell'ora o poco dopo?

A.: Sta diluviando. I nostri messaggi si sono incrociati. Ti chiamo alle venti, allora. Ho una cosa dentro che mi consuma. Lontana da te sono inutile come una candela spenta. Max....lo odio. Vivo per te.

C.: Mi mancano le tue avvolgenti mani. Le tue parole.

 

20;56

A.: Il dolore, in due è una faccenda molto più affrontabile. Io non posso stare lontana da te, questa sera. Io devo vedere questo tuo dolore e stringerlo tra le mani. Ti amo. Sai cos'è?

C.: No. Cos'è?

A.: E' la vita vigliacca presa per le corna e sbattuta a terra. È il mio piede vittorioso che vi calca sopra. È l'orecchio sul vassoio, porto a te, luce della mia vita orba.

 

14 luglio – 02;51

 

A.: Eccola a casa. Triste e spaventata questa matura signora perdutamente innamorata di quella giovane donna bellissima ed inafferrabile che le si concede e le si nega in un'alternanza di emozioni stroncanti. Si sdraierà ancora nel suo letto, orfano di lei e del suo amore nella notte che avrebbe potuto essere loro e non troverà pace.

C.: Non spaventare la tua anima. Lei è forte ed ora ha trovato la sua via. Lei non si spaventa. Aspetta ed amerà.

A.: Il cielo ascolti le sue preghiere.

 

Avevamo fantasticato di dormire insieme.

 

Sono stata sposata a lungo.

Da bambina fino al mio primo matrimonio, che avvenne quando avevo poco meno di 19 anni, ogni notte fu un inferno di paure.

Se spegnevo la luce, restavo immobile per un tempo che mi sembrava infinito, gelata da un terrore immenso, in attesa che due viscide e fredde mani sorgessero da sotto il mio letto e mi afferrassero, portandomi in un luogo di inenarrabili torture e sofferenze.

Se tenevo la luce accesa, i miei avidi fantasmi non giungevano ad assalirmi, ma ugualmente la mia solitudine veniva ingigantita dallo spazio dilatato della notte. Solo il mio orsetto, il mio cuscino a cui stringermi, solo i miei libri, a parlare con me.

E poi, una volta addormentata, l'incubo dell'enuresi....

Il primo matrimonio con Carlo segnò la fine di tutto quello. Mi appoggiavo di schiena al suo petto accogliente e mi addormentavo tra le sue braccia come tra quelle di un fratello affettuoso.

Tutta quella solitudine, quel terrore, trovarono un rifugio.

Certo non amavo Carlo, ma gli volevo un bene immenso e quello fu abbastanza per tanti anni. Ci conoscevamo da quando io avevo 12 anni e lui 15.

Poi, dopo la separazione da lui, vissi un momento di esaltazione.

Avevo seguito una dieta ed ero finalmente dimagrita moltissimo. Ero bella, avevo tutto. Ero libera finalmente dalle maglie di quel matrimonio che alla fine mi andava troppo stretto.

Mi divertivo. Lavoravo nel mio negozio, avevo spasimanti, amici, amanti.

Ero talmente euforica che non sentivo la solitudine.

Poi conobbi Antonio e me ne innamorai. Dopo tre anni andammo a convivere e per dieci anni durò la nostra unione.

Di nuovo dormivo con un uomo a fianco: pur se lui non mi abbracciava, la notte, schiena contro schiena , appoggiati, sentivo il suo calore confortarmi.

Fu quello un matrimonio molto burrascoso e difficile.

Soffrii moltissimo. La solitudine venne a visitarmi pur se il mio letto era occupato dall'uomo che amavo e che era il padre dei miei figli.

Proprio dopo la nascita del secondo, che venne immediatamente dopo quella della prima, egli si raffreddò totalmente con me.

Antonio non era mai stato molto affettuoso. Al contrario di Carlo, non era incline agli abbracci, alle coccole, ai vezzeggiativi ma era stato un amante passionale ed impetuoso.

Improvvisamente tutto finì, neppure tre anni dopo il nostro unire le nostre vite.

Quelle notti, mentre lui dormiva i suoi sonni profondi ma smaniosi ed agitati, io vegliavo, chiedendomi perché, interrogandomi su quale fosse la mia colpa che l'aveva allontanato da me.

Lui, interrogato, non mi diede mai risposta.

Semplicemente era così.

Il terrore delle notti della mia infanzia, dato che al posto dei vampiri ora la vita aveva messo i bancari, nella classifica delle persone da temere, si trasformò in laghi di dolore, lacrime silenziose e solitarie, smanie, rabbia e poi, qualche anno dopo, in tradimento.

Se Antonio non mi voleva, vi era Stefano che lo faceva.

Ed anche se i miei incontri con lui erano allora diurni, per forza di cose, eppure avevano il potere di riscaldare le mie notti con il sapore della rivalsa, di affermazione del mio io femminile che si sentiva rifiutato e calpestato dalla mancanza di desiderio del mio legittimo sposo.

Non avevo mai tradito, fino ad allora. Ma lo feci senza sensi di colpa: se Antonio avesse continuato ad amarmi, non ci sarebbe stato mai alcun altro uomo a possedere il mio corpo.

Ma, dilaniata, dall'amore non corrisposto, dalla solitudine, dalla rabbia, dalla disperazione, dalla necessità di aggrapparmi a qualche cosa, dal bisogno impellente che vi fosse ancora amore per me, per affermare che ero degna di vivere, mi arrendevo alle voglie del mio amico – amante.

Lo facevo per non morire.

Come si può, se si ama qualcuno, congiungersi carnalmente ad un altro?

Non so. Io lo posso fare. Anzi. È, nel momento del più acuto dolore del rifiuto, l'unico modo che trova la mia vita per continuare a scorrere, l'unico appiglio per non cadere nel baratro.

Poi anche il matrimonio con Antonio ebbe termine, nel 1996.

Seguirono cinque anni di totale solitudine, durante i quali pensai solo al lavoro ed ai figli, lasciando solo qualche radissima serata alle fantasie erotiche del mio amante che, nel frattempo, forse per timore che io gli chiedessi qualcosa di più, si era notevolmente allontanato, lui pure, da me.

Durante quei lunghissimi anni lavoravo fino a tarda notte, fino alle due, alle tre, per poi addormentarmi sfinita e risvegliarmi alle sei e mezza ancora più sfinita, ma agguerrita contro la vita, tutto e tutti, così che mi alzavo ed affrontavo un'altra dura giornata di lavoro: le necessità dei miei ragazzi crescevano sempre di più, i problemi economici lasciati dalla gestione fallimentare del matrimonio con Antonio erano ingenti e non vi era posto per altro che non fosse duro costante impegno.

Durante quei sonni stremati mi abbracciavo ai miei cani e gatti che si accucciavano contro di me, attorniandomi, come per sostenermi, scaldare il mio cuore gelato. E piangevo.

La solitudine era diventata un mostro assai peggiore di quello infantile: il suo nome era FALLIMENTO ed è, credetemi, il peggior compagno di letto che possa esistere.

Rodolfo portò una nuova, meravigliosa, inattesa speranza nel 2001, che però durò solo pochi mesi.

Dopo avermi promesso una nuova vita, la sua fuga vigliacca mi condusse ai miei primi tentativi di suicidio.

Avevo riaperto il mio cuore ed il mio corpo all'amore, dopo aver giurato a me stessa che mai più nessuno mi avrebbe indotto a farlo ed il suo improvviso abbandono - senza che io avessi nessuna colpa ma solo per la sua scelta di mantenere intatto il suo notevole patrimonio, dato che la moglie gli aveva imposto delle dure condizioni, per concedergli la separazione, che lo avrebbero portato alla perdita di una parte notevole di esso – ed il suo rifiuto mi prostrarono.

Recuperare una vita, dopo che in quella crisi persi anche il mio lavoro ed i miei ultimi beni, minata dalle cure psichiatriche e da una disperazione assoluta, fu difficilissimo. Furono quelli i mesi in cui, dato che avevo capito che nessuno poteva amarmi, cercai nel sesso il modo di riempire quel vuoto assoluto che era dentro di me.

E le mie notti divennero orgiastiche.

Ma, quando mi rannicchiavo nel mio letto ancora e sempre più solitario, neppure le lacrime mi potevano consolare.

La solitudine, quindi, da tantissimi anni, addirittura dall'inizio della mia vita, era stata, pur se in alterne vicende, la mia compagna e sposa, colei con cui dividevo il talamo.

Quando arrivò Chiara nella mia vita, tutto questo ed altro ancora, urgevano nell'immenso esplosivo amore per lei che mi scossa fin dalle fondamenta.

Tutte le mie notti solitarie chiedevano di essere annullate e riempite dal dormire con lei.

Quella notte avremmo potuto farlo.

La mia casa era vuota, i ragazzi erano dal padre, i suoi genitori erano via, nulla e nessuno si poneva tra noi e quel progetto. Solo lei avrebbe potuto farlo.

E così accadde.

Quando arrivai da lei, così bruciate d'amore, di passione di felicità, fremente nell'attesa delle scorse ore, io ero una esplosione nucleare.

Ma lei, aveva passato il giorno a bisticciare.

Prima in casa con la sorella, poi con la madre. Poi con Max e Jenny.

Sarebbe stato logico che avesse cercato riparo tra le mie braccia. Che avesse cercato di dimenticare tutte le amarezze sciogliendole nel nostro amore. La mia camera era pronta per accoglierla con le lenzuola fresche di bucato e persino i fiori in un vaso.

Ma Chiara si negò.

Salì in macchina che pioveva che Dio la mandava.

In tutta la mia vita non ho mai più visto una pioggia come quella notte.

L'acqua era come un tendaggio traslucido e semi – vivo che si stendeva sul parabrezza dell'auto, impedendomi quasi totalmente di vedere dove stessi andando.

Le chiesi cosa volesse fare, dato che non voleva venire a casa da me e lei mi chiese di girare un po' senza meta.

Le strade erano deserte, per fortuna: con un tempo simile si erano tutti chiusi in casa.

Solo la mia auto spingeva i suoi fari gialli francesi oltre quella cortina liquida.

Io guidavo con la mano sinistra, mentre con la destra la accarezzavo.

Lei non parlava, contrariata, stranita. Cercai di farmi raccontare quello che era veramente accaduto, ma lei non acconsentì.

Quella sera indossava una cortissima mini che lasciava vedere per intero le sue bellissime lunghe gambe, con sopra una magliettina assai aderente e fine.

Era talmente bella che spezzava il fiato.

Io, gli occhi perduti nel buio quasi surreale di quello stagno di pioggia nel quale eravamo prigioniere, pure non potevo non guardare lei.

La desideravo immensamente.

L'amore della notte precedente mi aveva lasciato accesa come un incendio.

Accarezzandola, la mia mano scese sul suo piccolo seno. Chiara tradì un sospiro, che bastò a farmi perdere la testa.

Pur continuando a guidare – e davvero non seppi mai come potei farlo e come riuscii a non schiantarmi contro qualcosa – continuai a percorrere il suo corpo con la mia mano con carezze avvolgenti e frementi, fino ad arrivare al suo ventre, ad intrufolarmi nelle sue mutandine che, data la gonna cortissima, erano persino troppo facilmente raggiungibili.

Il piacere di Chiara si sparse sulle mie dita, riempì l'abitacolo della mia auto con il suo profumo stordente.

Lei godeva intensamente mentre io guidavo, impazzita io stessa di desiderio ma mantenendo quella freddezza necessaria per manovrare i comandi dell'auto.

Le chiesi di nuovo di venire a casa con me.

Ma lei di nuovo si rifiutò, respingendo la mia mano, adducendo la scusa di essere troppo stanca e di cattivo umore.

Io, ferita ed offesa da quel rifiuto, scostai la mia mano dal suo corpo che, invece, continuava a gridare il suo desiderio ed a chiamarmi a gran voce.

Continuai a navigare in quell'oceano di pioggia ancora per qualche minuto, in silenzio, fin quando fu Chiara a prendere la mia mano e spingerla ancora tra le sue gambe aperte.

Senza fermarmi io continuai ad accarezzarla così, non so per quanto tempo, pascendomi del suo piacere, dei suoi sospiri, dei gemiti, delle grida., impazzita e gelata allo stesso tempo.

Poi, quando lei fu sazia del mio amore, la riaccompagnai a casa e, sotto quel diluvio che non cessava minimamente di venir giù, percorsi, ancora non so come, i 50 chilometri di autostrada che separavano le nostre rispettive case.

E quando fui nel mio letto, che avevo sognato essere pieno di lei ed invece era tragicamente vuoto di lei, con i sensi scossi dal quel piacere rubato alla notte e a lei medesima ma con il cuore ammaccato di delusione, lasciai alle lenzuola il compito di abbracciarmi.

E di nuovo, guardando fissa nel buio, mi chiedevo perché il mio destino mi porgesse il cibo d'amore a cui tanto agognavo ma, come nel supplizio di Tantalo, me lo sottraesse repentinamente appena io vi posavo sopra le mie labbra riarse ed impazienti.

Ma la risposta a quella domanda non la trovai mai, nè quella notte, né mai.

 

 

CAPITOLO

 

VENTUNESIMO


 

PUNTO DI NON

 

RITORNO


 

14 luglio – 11;34

C.: Piove. L'odore della pioggia sul legno delle tapparelle mi fa impazzire. Vorrei condividere con te questa sensazione, vorrei che ti fossi qui ad ascoltare con me. Buongiorno!

A.: Che gioia sentirti!non ne potevo più. Non sai cosa darei per essere lì. Posso chiamarti?

 

12;34

C.: Ho fatto quello che dovevo. Ora mi preparo, che sono già in ritardo. Ci sentiamo più tardi, dolcezza?

A.: Brava! Ma, accidenti, avevo un così grande bisogno di parlare con te... dove vai, ora, già a Bologna? Appena puoi, avvisami che ti chiamo. Sono completamente persa, senza di te. Ti amo.

A.: Casa nostra, domenica mattina, d'estate. Fuori piove, le gocce cantano sulle tapparelle. Penombra. Pigre, abbracciate sul letto ad occhi chiusi, senza parlare. L'amore ci scorre addosso come fuori la pioggia sulle foglie lucide e tese, ci disseta, ci sazia, ci culla teneramente. Noi sole. Tutto il mondo lontano....

 

14;38

C.: che visione idilliaca!

A.: E' così forte, nel mio cuore. Posso chiamarti?

 

15;52

A.: Comincio la lettura del libro che mi hai dato ieri percorsa da profondi brividi alle braccia ed al viso. Leggere le parole : ' amore lesbico ' mi chiama in causa personalmente. Ti cercherò e ti troverò tra le pagine di questo libro.

 

16;46

C.: Sarò con te in questa inedita immersione che farai.

A.: Il mio cuore è inchiodato a te...

A.: …..' E' come se fosse stato sempre ' così ', la vita che aveva condotto prima di incontrare Felice ( Chiara ) è ormai qualcosa di lontano e confuso.

 

Per una donna eterosessuale il mondo omosessuale non esiste.

Ora le cose stanno cambiando, di omosessualità se ne parla, di diritti, di famiglie, di personaggi importanti omosessuali.

Ora le giovani che nutrono qualche dubbio sul loro orientamento sessuale hanno un referente al quale rivolgersi.

Quando ero bimba ed adolescente io, a parte che l'omosessualità era un tabù, comunque veniva considerata una devianza satanica, una malattia grave.

Ancora oggi è molto difficile per una persona ammettere a se stesso e agli altri di essere omosessuale, anche se molte lotte e molto cammino sono stati fatti ma allora si trattava di una tragedia.

Io conobbi ufficialmente il significato della parola omosessualità al liceo, incontrando Saffo è i liberi costumi sessuali dei greci e dei latini.

Ma la cosa ci venne spiegata in modo tangenziale: Saffo e le sue amiche ci vennero descritte come un gruppo di donne particolari, vedove e quindi libere che si isolavano dal mondo in questo gineceo dove si avvalevano dalla compagnia reciproca per esercitare le belle arti, che altrimenti alle donne erano vietate.

Insomma, a loro dire era praticamente un circolo culturale.

Per quanto riguardava il rivolgersi dei grandi filosofi e maestri a giovanetti, appunto si metteva in risalto il fatto che le donne erano escluse da ogni tipo di vita pubblica.

Tutto qui.

Per il resto le parole ' finocchio ' e ' lesbica ' erano usate dai bambini e dai giovani per offendersi.

Quindi così io ho vissuto, fino ad incontrare Chiara, ignara di una realtà omosessuale, esattamente come lo ero della mia.

Il fatto che ero già andata a letto con donne rientrava nella sfera dei giochi erotici, degli ' sfizi ', se non si volevano chiamare ' vizi '.

Il mio sentire interiore mi diceva che vi era molto altro che io non avevo ancora conosciuto, - e quello fu il motivo che mi spinse a lasciare Carlo - ma me lo comunicava in modo confuso.

Quando, nel 1977, incontrai Sheila e me ne innamorai, io sapevo cosa stavo provando e la sera scrivevo poesie d'amore per lei, ma la mattina correggevo il genere femminile con quello maschile, tanto mi suonava strano ed impossibile il tutto.

Era come due persone vivessero in me.

Ed il fatto che lei fosse etero e non poté accettare il mio amore, che peraltro non fu mai dichiarato, mi portò a cercare un altro uomo, dato che non mi fu possibile così fare il passo da: ' Carlo non era l'uomo giusto per me ' a : ' l'uomo non era giusto per me' .

Ma essere omosessuali non è solo con chi si va a letto.

È un intero modo di essere, di sentire, di porsi nei confronti degli altri, della società, ma soprattutto di se stessi.

Affermare ed esercitare la propria omosessualità è nel 2012 un potente esercizio di libertà individuale, nel 2002 lo era ancora di più e per me fu un passo importantissimo che mi cambiò radicalmente.

Leggere quella frase nelle prime pagine di quel libro, mi emozionò moltissimo: scoprire che io non ero una aliena, uno strano animale che non aveva precedenti, fu di una dolcezza incredibile

Fin da bambina mi veniva insegnato che una ' brava signorina ' non stava a gambe larghe, non indossava i pantaloni, non giocava a pallone o ai soldatini, non cantava a voce alte, non andava in bicicletta senza mani ecc ecc ecc.

Sembrava che tutte le cose che mi piacevano di più e nelle quali riuscivo meglio mi fossero precluse.

Ma, per quanti sforzi facessi, io davvero non potevo rispettare quelle regole, perché io non ero così.

Quindi eterni rimbrotti ed occhi torvi, quindi io non ero una ' brava signorina' .

Quindi non valevo nulla.

I begli abitini che mi metteva mia madre mi stavano come un sacco di patate ed il suo sguardo nel rimirarmi era sempre di disapprovazione e delusione.

Poi li sporcavo subito ed erano altri rimbrotti.

I calzini traforati se ne stavano sempre uno su ed uno giù, le camicette uscivano dalle gonne, le gonne se ne andavano per i fatti loro: ero davvero un disastro...

Avevo undici dodici anni e, sebbene per uno sviluppo precoce, avessi già il seno ben visibile, le persone mi chiedevano se fossi un maschio od una femmina.

Non vi fu nessuno mai che mi avvicinasse dicendomi che io non ero sbagliata, ma semplicemente ' diversa '.

Fino all'incontro con Chiara io vissi i miei primi 47 anni sentendomi una brutta copia di un essere umano di valore.

Scoprire che non era così, scoprire che non solo i miei modi esteriori di pormi, ma i miei sentimenti più intimi, il mio modo più profondo di essere, e cioè uno strano connubio tra un cavaliere dei tempi andati ed una tenera madre, poteva essere considerato ' normale ', anzi, era da considerarsi ' normale ' perché condiviso da tutta una fascia di altri esseri umani, fu per me meraviglioso.

Non ero una bambina cattiva, no. Ero solo una bambina omosessuale.

E tutto quello che avevo vissuto fino ad allora, che conteneva dentro di sé una totale e perdente lotta contro me stessa e la certezza di essere qualcosa meno di nulla, all'improvviso divenne inutile, divenne indesiderabile, divenne, esso si, sbagliato.

Frutto di una strada imboccata che non era la mia.

Mentre il mio presente, che si apriva dinanzi a me pieno di cose da fare, scoprire, provare, denso di felicità di naturalità, di emozioni era l'unica cosa che avevo e volevo avere.

Il passato era dolore allo stato puro.

Di fronte a me avevo Chiara e la felicità e questo mi commuoveva profondamente, cancellando tutto il resto.


14;46

A.: Chiara, mi sento così debole, oggi. Come una bambina ammalata. Dopo tutte queste emozioni... Anche ieri sera... Sembra che questo libro sia scritto con quello che provo e non ho più una goccia di sangue nelle vene che non sia amore per te...

 

17;52

C.: Cosa provi? Voglio che tu mi descriva ogni singola emozione! A che punto di quella attenta lettura sei giunta?

A.: Quando L. scopre che F. è ebrea. Ma ora sono in bagno: il mio sangue, le mie prime mestruazioni da lesbica. È come vedermi a undici anni. Sorrido piangendo. Quanto tempo passato senza di me! Per merito tuo ho trovato me stessa!

C.: Non ti è arrivato il mio messaggio?

A.: Ho ricevuto una telefonata, per quello ho risposto in ritardo. Faccio la doccia mi preparo, vado a fare l'iniezione e poi vengo da te. Mi piace stare dove tu vivi.. aspettarti... verrai.

 

Non so se ci avete fatto caso, ma molto spesso, troppo spesso, tra il mio messaggio e quello di risposta di Chiara, trascorreva molto tempo, a volte qualche ora.

Io me ne stavo in attesa tutto quel tempo. Magari mandavo altri messaggi. I pensieri e le domande si accavallavano, ma tutto veniva forzato in quella attesa.

Mentre, quando lei mi scriveva, io subito le rispondevo, tanto che, per una volta che non lo feci, lei pensò che io non avessi ricevuto il suo messaggio.

Io disponibile a tutto in tutto e per tutto e lei..... come voleva.

E questa è la storia delle mie storie d'amore............

 

18;35

C.: Io alle sette e mezza – quarantacinque sono libera......

A.: Ci sarò! Sarò con te!

 

19;27

C.: Dove sei?

A.: Non ci posso credere!!! Ho forato una gomma! Adesso arriva Gabriele che mi aiuta a cambiarla. Temo che stasera non sarò puntuale... scusami! Ti faccio sapere....

 

19;57

A.: Faccio metano e poi parto. A fra poco, amore....

 

 

15 luglio – 08;03

C.: Sono in macchina... ferma... in una fila interminabile. Piove. L'acqua scorre tra le macchine insofferenti ed un traffico lento e squallido. La pioggia è sprecata, per questa gente....

A.: Buongiorno! Sono appena riuscita ad alzarmi! Ho molto sonno... La pioggia lava i peccati del mondo: qualcun altro la meriterà. Stringiti forte a me, amor mio, dammi i baci del tuo amore.

C.: …. è uno spettacolo di tenui colori, poveri di sfumature sgargianti ma carichi di intensità, capaci di trasmettere così forti sensazioni! Buongiorno, dolce signora! Mi penserà?

A.: Potessi non pensarti! Almeno qualche minuto. Forse potrei ricominciare a vivere.. Ma la mia vita è entrata nei tuoi occhi e non potrà più uscirne. E tu, mi penserai, dolce?

C.: Ricominciare a vivere????? Tu hai già, ricominciato a vivere!!! Ed ora la tua vita è follemente intensa, piena di Amore Vero!!

A.: Scusami, piccola, non mi sono spiegata bene! Volevo dire: ricominciare ad affrontare la quotidianità! Lontano da te tutto mi sembra vacuo ed inutile. Il resto, per me, ha perso i suoi contorni. Solo te, nella testa...

E non è affrontabile ogni giornata senza poter intingere la mia anima nei tuoi occhi, appena sveglia e annegare i miei pensieri nei tuoi gemiti, ogni notte...

Mi hai sbalzata in questo oceano di labbra fianchi seni gambe ed il mio desiderio si riaccende e si rintuzza nelle tue parole e in quello che non dici. Nel pensiero di....

Ciò che non abbiamo ancora avuto ma che mi ha già così potentemente avvelenato il sangue. Devo entrare dentro di te! Devi penetrarmi fino a spezzarmi il respiro!

Oh, Chiara, guarda alle mie pene con occhio pietoso! Dammi un po' di pace con le tue mani fatate, tra le tue gambe di sirena, evocatrici di paradisi di perdizioni. Droga della mia anima! Mi ami? Dimmelo! Dimmelo, dimmelo dimmelo!!!!

 

Chiara non mi diceva mai: ti amo.

A volte rispondeva : Si... se glielo chiedevo. Più spesso restava evasiva.

Io glielo ripetevo spesso, ogni volta con l'intenzione di donarle la mia vita, di porgerle qualcosa di molto prezioso. Di rinnovarle una promessa che sentivo di mantenere con ogni mio respiro.

Avrei tanto voluto che lei pure mi esprimesse il suo amore per me.

Ma non lo faceva.

Ed anche questa è la storia delle mie storie d'amore....

 

10;52

C.: Con il mio primo biglietto aereo tra le mani, completamente avvolta da emozioni contrastanti, penso a quando penetreremo le nostre anime fradice d'amore. Sto tornando...

A.: Volerai. Ali di acciaio fortissime sosterranno le tue, candide di piume. Ed io sarò con te. Sempre. Indissolubilmente avvinta a te. Perché contrastanti? Cosa vorresti dal mio amore?

A.: Io ti esigo per me! Spazza via, ti prego, tutto ciò che ti tiene lontana da me. Io non posso tollerare che tu nutra dubbi. Aiutala, se vuoi, ma togli Jenny di tra di noi!!

 

Chiara aveva fatto la domanda per diventare assistente di volo.

Era il suo sogno fin da bambina. Per quello stava perfezionando l'inglese ed altre materie.

Aveva ottenuto un secondo colloquio a Roma ed era molto emozionata di volare.

Aveva ventun anni, allora. Era poco più che una bambina che cercava di far avverare i suoi sogni.

Ora è diventata pilota: una regina dei cieli.

Io sempre le dissi che era un angelo e volare era la sua natura..

Così è, ora.

Per quanto riguarda Jenny, la sua presenza tra di noi era effettiva e per me era una mina vagante.

Una grande insicurezza mi sfilacciava il cuore: tutte le sue esitazioni io le conducevo all'altra.

Chiara protestava che Jenny aveva bisogno di lei.

Per me era difficile accettare quello, ma capivo che un rapporto del genere era molto difficile da interrompere e quindi non ponevo nessun veto a che lei l'aiutasse.

Ma quello che non riuscivo a capire era come Chiara potesse anteporre le emozioni che provava per Jenny a quelle che provava per me.

Due sere prima, per esempio, era triste e di cattivo umore a causa dell'altra...

Ma come poteva essere se a me, vedere Chiara o anche solo pensarla faceva svanire come neve al sole ogni difficoltà e tristezza?

Quante volte ancora ho rivissuto questa situazione.

Stasera io mi chiedo, ancora di più, che strano animale io sia.

Mi chiedo perché le gioie ed i dolori legati all'amore per me siano i sentimenti più forti di tutti.

Perché io per amore non esiti ad affrontare qualsiasi prova ad eccezione di perdere la donna che avevo amato, la qualcosa mi ha sempre e ripetutamente fatto impazzire di dolore. Nell'accezione letterale del termine.

Non so cosa sia l'amore.

Mi dicono in molti, in troppi, che io non sappia amare.

Cosa sono allora queste forti emozioni che provo e che vanno ben oltre il desiderio ed il coinvolgimento fisico?

Ed ancora mi chiedo perché non sia mai stata ricambiata.

Sono anni ed anni che mi pongo questa domanda.

Di certo ho trovato mille risposte, ma nessuna arriva a quietare il mio dolore.

Di certo, non merito quello che non ho, non ne sono pronta.

Per fortuna la mia vita volge al declino e alla sua fine, che io spero avvenga prima possibile.

Pur se ho raggiunto una notevole serenità, rispetto agli anni passati, ugualmente restano grandi rimpianti.

E il senso di non aver condotto a buon fine il mio compito..

Il tempo dell'amore è finito, per me.

Chi doveva giungere, è giunto.

Ed andato.


13;08

C.: Sta diluviando. Che spreco, stare qua da sola....

A.: Piove forte anche qui. Posso chiamarti?

C.: Si........

 

E leggere quel si mi faceva girare la testa e piegare le ginocchia.

 

14;56

A.: Sono a letto. Mi sento sfinita. Un po' mi vergogno di questa mia fragilità ma è da tanto tempo che soffro. Oggi proprio l'unica cosa che potrei fare è stare tra le tue braccia a ricevere le tue carezze ed ascoltare le tue parole d'amore. Ma non provi tenerezza per me? Per il mio amore così forte e spaventato? Per il mio cuore malato. Tu sei la più forte, tra di noi!

C.: Sono a lezione. Con il pensiero sono lì.

 

16;29

C.: Ok... another girl in my hands! ( Bene! Un'altra ragazza in mano mia... )

A.: How did i say to you! Poor baby. I think i tell her how many hard and deep is your love! ( Cosa devo dirti? Povera bambina! Credo che potrei dirle quando duro e profondo sia il tuo amore! )

A.: I need you, honey! I need your voice! Can i phone you? Can you stop my love's troubles? ( Ho bisogno di te, dolce! Ho bisogno della tua voce! Posso telefonarti? Puoi mettere fine alle mie pene d'amore?

C.: Yes, but can you call me for six seven minutes? ( Certo, ma puoi chiamarmi fra sei sette minuti? )

A.: Of course! ( Ma certo! )

 

17;20

A.: Penso di essere seriamente ammalata.

Se l'amore è una malattia, ebbene, io l'ho presa tutta.

Senza fare facili ironie sulla mia sifilide...

Certo, c'è la penicillina che corre libera nel mio sangue che attacca ed uccide i nemici invisibili. Ed anche le mie povere difese....

Ma cos'è questo vuoto cosmico che mi stringe nel non sapere quando ti rivedrò?

Cos'è questo smarrimento, quando accetti il mio sguardo?

Sai che sento di annegare dietro l'orlo dei tuoi occhi? Nei gorghi della tua voce?

Tu l'hai detto, oggi, mentre ero al supermercato, appoggiata contro una colonna, tra pile di birra e succhi di frutta, parlavo con te al telefono e sentivo le tue parole succhiarmi via l'ormai ultimo bagliore di sanità mentale. Tu l'hai detto:

' Punto di non ritorno. '

Ben oltre io sono, piccola mia, ben oltre...

E questa infinita spossatezza, questo languore generale e generalizzato suggella la mia resa.

Mi hai presa.

Tu l'hai scritto a me: ' Mi hai catturato. '

Io lo dico a te. E non c'è altro modo per dirlo.

Ma ci sono cento modi per farlo.

Nella notte tra venerdì e sabato, così tardi, dentro la mia macchina, al parcheggio, con i finestrini appannati.

Se quello è l'amore, ebbene, io non l'avevo provato mai.

Tu dentro di me, senza esserci fisicamente.

Senza fare niente, quasi senza toccarmi, solo lì, premuta contro di me, mentre mi guardavi con un così ardente sguardo. Con gli occhi tuoi così dolci, accesi di ombre scure e cangianti, vorticose.

Dentro di me, nella mia parte più nascosta ed irraggiungibile, alla quale nessuno si era neppur lontanamente avvicinato.

Ma tu, tu l'hai avuta, si, senza neppure prenderla. Hai spezzato il mio fiato ed i miei pensieri. Hai rotto tutto ciò che vi hai trovato, sbriciolato, frantumato, disperso.

Prendimi ancora così, Chiara, amor mio. Fallo ancora. Fallo sempre.

Che mi sento come un bambino appena nato. Nuova. Verginea. Pura.

Lavata dall'onta della vita.

 

 

IN RINCORSA PERENNE - 2011 olio su tela 13 x 18
IN RINCORSA PERENNE - 2011 olio su tela 13 x 18

 

CAPITOLO VENTIDUESIMO

 

ATTESE SU ATTESE

 

15 luglio – 17;58

C.: Oh my God!..... I have frame between my legs.... I'm very hot... I'm going to have an explosion! ( Oh mio Dio!....... Oh fremiti tra le mie gambe...... sono davvero bollente... Sto per esplodere!)

A.: Crazy baby! I will be your bang wave! ( Giovane pazzerella! Vorrei essere la tua onda d'urto! )

C.: Bang wave?????

A.: Quando non so le cose, me le invento. E funziona sempre, anche con gli inglesi! Onda d'urto.. Ecco quello che volevo dire.. Puoi parlare?

C.: Si....

 

18;00

A.: L'attesa che mi dai

è aspra come

salsedine

Amara

di cardo selvatico

Dolce come

lievito nel pane.

 

19;11

A.: Non posso assolutamente stare lontana da te. Il mio cuore si straccia. Non voglio che tu la veda, stasera. Ma ti rendi conto? Guarderai lei e non me. E lei ti vorrà baciare. NO!!!

C.: Voglio fare.....

A.: Cosa?

C.: …. L'amore con te.......!

C.: I fall in love with you...... ( Mi sono innamorata di te................)

A.: Questo sulla mia gelosia furibonda, sul mio amore assoluto, sul mio diderio disperato. Ti voglio Chiara. Mi avrai. Ti avrò.

C.: I.........

C.: …........... Love................

C.: You.....................

A.: Adesso mi hai sconvolto davvero.... Piango..

C.: Esco tra un po'. Quando rientro ci possiamo sentire? Non succederà nulla di quello che pensi. Credimi. Cercherò di parlare. Di capire. Di essere solo un aiuto.

A.: Aspetterò che tu torni a casa. Capisco. Ma soffro che tu sia con lei. Ti amo disperatamente. Nessuno ti ha mai amata così, prima. Neppure tua madre.

 

Perché avevo tutta quella insicurezza, tutta quella smania di vederla? Perché non potevo stare tranquilla, aspettare gli eventi, confidando nella forza dell'amore?

La risposta c'è, ma è molto complessa.

Nei suoi discorsi Chiara mi raccontava cosa succedeva tra lei e Jenny quando si vedevano: le lacrime, le offese, le liti ma anche che l'altra, ogni volta, cercava di risvegliare in lei l'amore, il desiderio, la tenerezza, accarezzandola, prendendole la mano, cercando di baciarla. E mi raccontava pure di quanto la facesse soffrire essere dura e distaccata con Jenny, di quanto il ricordo della loro intimità, che per lei era stato il sogno più bello della sua vita, fosse ancora vivo. Mi rassicurava, o almeno ci provava, dicendomi che lei si negava sempre. Io le credevo ma questo mi faceva tremare forte il cuore.

Non sono un carattere geloso, non lo sono mai stato. Ritengo la gelosia un sentimento di bassa levatura, che dipenda da una mancanza di fiducia in se stessi e sempre cerco ed ho cercato di non farmene divorare.

Sapevo, vedevo in altri i danni gravissimi che quel sentimento sapeva arrecare.

Durante la storia con Rodolfo io sopportai la presenza molto invasiva della moglie con una notevole non chalanche. Sapevo anche che tra di loro non vi era più intimità ed affettuosità da anni e questo mi metteva il cuore in pace.

Fu un venerdì sera. Non ricordo la data esatta, ma di certo era verso la fine di aprile. Al telefono lui mi disse che non ce la faceva più. Che non ne poteva più di vedermi lavorare come una negra, affrontare tutta quella mole di problemi da sola. Che non ne poteva più di saperci soli, io e i miei ragazzi, che lui aveva conosciuto e con i quali aveva stretto immediatamente un rapporto molto bello e dolce. Mi disse che sognava di viaggiare in camper con me, di andare in barca con me, con noi, di portare un po' di felicità nella nostra vita dopo tante difficoltà e privazioni. Mi annunciò che avrebbe parlato con la moglie, che tanto la loro storia era finita da anni, che lei, la moglie, era tutta per la figlia e loro due lo avevano messo fuori dalla loro vita da troppo tempo. Mi disse che voleva che io e i ragazzi fossimo andati a vivere con lui, in una nuova casa comprata appositamente per noi. Lui era benestante e poteva permetterselo.

Questa rivelazione mi scioccò.

Ci frequentavamo da pochi mesi soltanto - anche se sembravano anni - e davvero io non gli avevo chiesto nulla. Avevo sempre accettato di vederlo una volta alla settimana, quelle due o tre ore che aveva disponibili e di sentirlo quanto poteva. Ma il suo amore per me era una gioia così grande che riempiva la mia vita.

Mai mi permisi di pensare che avrei potuto avere di più: sapevo che era sposato e non avrei voluto lui soffrisse e facesse soffrire a causa mia. Ero abituata ad una così aspra solitudine e ad una così grave mancanza d'amore e di dolcezza che lui era solo un dono benedetto.

Ma certo la mia vita aveva grandi difficoltà. Sempre senza soldi, sempre in giro da sola per l'Italia a cercare di vendere i miei prodotti, tra una fiera e l'altra, sempre sola ad affrontare viaggi di centinaia di chilometri, imprevisti di ogni genere, fatiche immani nel montare e smontare il mio stand e poi le ore ed ore in piedi, a vendere, senza neppure poter andare in bagno fino a sera, senza mangiare, senza una pausa. E le piogge improvvise, il vento forte che scoperchiava tutto, i bagni di acqua piovana per salvare tutto e mettere via in fretta senza curarmi di me. Oppure il caldo torrido, il solleone, le zanzare. Nelle fiere si può trovare di tutto, può succedere tutto, quando si viaggia. Ed infatti di tutto mi è successo, mi hanno anche tirato un sasso da un cavalcavia che, per fortuna, colpì la lamiera e non il parabrezza, cagionandomi solo uno spavento memorabile ma non altro.

E poi, finito tutto, stanca, sfinita dopo aver ricaricato la notevole quantità di merce nel furgone, eccomi di nuovo al volante, nella notte, a lottare contro il sonno sgranocchiando schifezze e bevendo coca cola per tenermi sveglia ed essere a casa il prima possibile.

Era una vita avventurosa e lui si stupiva sempre di come io potessi affrontarla così, da sola. Sua moglie non si recava neppure a fare la spesa, senza di lui.

Ma lui mi era comunque accanto, almeno così io avvertivo, dato che potevo mandargli messaggi telefonici e raccontargli tutto, scrivergli mail che poi lui avrebbe letto la mattina dopo, sentirlo comunque abbastanza spesso al telefono dato che, appena aveva un attimo, mi chiamava. Ed era così dolce ed affettuoso che mi sentivo sciogliere di felicità.

Quel venerdì sera, quando lui mi annunciò le sue intenzioni, io rimasi stupita, stordita. Gli chiesi se fosse sicuro di quello che stava per fare e lui rincarò la dose degli aspetti positivi di quel passo, confermandomi la sua decisione.

Spaventatissima da tutto ciò, mi sentii comunque ubriaca di felicità e, quasi incredula, mi chiesi se stesse accadendo proprio a me, se davvero il mio amaro destino avesse voluto farsi perdonare di tutti i dolori vissuti fino a quel momento, regalandomi quel bel sogno.

Ci salutammo con l'accordo che mi avrebbe chiamato il prima possibile. Addirittura mi chiese, se la moglie lo avesse messo fuori di casa, di poter venire a dormire da me, cosa che io gli confermai, al colmo della felicità.

Poi ci salutammo.

Le ore passavano ed io attendevo con milioni di pensieri in mente.

Il venerdì passò, arrivò il sabato e di Rodolfo nessuna notizia. Il suo negozio era chiuso, il sabato e quindi era un giorno difficile per noi, comunemente.

In quella attesa smaniosa passò tutto il sabato e la domenica.

Ormai avevo capito che le cose non erano andate come io avrei desiderato ma dentro di me l'assurda speranza che lui mi avrebbe dato una spiegazione plausibile alla sua sparizione e mi avrebbe detto che tutto andava bene, resisteva forte in me tanto che io mi ci aggrappavo con tutte le mie forze.

Avevo anche pensato che lui, poi, non avesse trovato il coraggio di parlare con lei e che tutto sarebbe tornato come prima.

Come poté arrivò anche il lunedì mattina e lui, finalmente mi telefonò. Con poche asciutte parole mi disse che aveva parlato con la moglie, che si era accorto che si era sbagliato, che lui amava lei e che quindi fra noi era tutto finito. Che non ci daremmo più visti né sentiti, che avrei dovuto dimenticarlo completamente.

Mentre parlava io vidi aprirsi un profondissimo baratro, dentro di me. Mi sentii così male che quasi svenni. Per lunghi minuti non riuscii a proferire parola, poi, come in un sogno, gli dissi che capivo e lo salutai, chiudendo la comunicazione.

Come un automa mi diressi nella mia camera, mi spogliai e, invece di andare al lavoro, dato che stavo per uscire di casa, mi misi a letto.

Dopo pochi minuti una diga si fratturò in me e io fui travolta da un dolore che prima non avevo mai provato.

Piansi, gridai, mi graffiai viso braccia, mi picchiai violentemente con pugni feroci, incapace di fermarmi, senza capire cosa stessi facendo.

Un delirio che durò ore.

Appena ripresi un attimo il dominio su di me gli scrissi un messaggio, chiedendogli di parlargli. Appena questo fu possibile gli espressi il mio immenso dolore e gli chiesi di continuare almeno a volermi bene, a starmi accanto così, con le sue parole, la sua dolcezza, anche senza vederci più: lo implorai piangendo, singhiozzando disperatamente, chiedendogli dove avesse messo il suo amore per me, cosa ne avesse fatto, come potesse comportarsi così.

Lui si sentì in colpa o forse si spaventò, non so, quindi acconsentì a portare avanti un rapporto esclusivamente telefonico. Durò fino ad agosto e solo dopo capii che la sua fu tutta una tattica per allontanarsi da me gradatamente.

Infatti divenne sempre più freddo e distante, non mi disse più che mi amava ma anche non ammise mai di non amarmi più, nonostante gli chiesi molte volte di farlo, perché io sentivo ancora il suo amore e questo mi faceva impazzire di dolore. Se lui avesse affermato che non mi amava più, io sarei riuscita, prima o poi, a farmi una ragione. Furono mesi lunghissimi e strazianti, nei quali io gli scrissi centinaia di lettere per cercare di portare avanti il nostro amore, almeno quello platonico del cuore e dell'anima. Le conservo ancora, quelle lettere ma non le ho mai più rilette.

Forse, un giorno, lo farò.

Rodolfo, però rimase sulla sua posizione. Ci vedemmo ancora due o tre volte e lui si trovo stritolata tra la paura di essere scoperto dalla moglie, che gli aveva promesso di rovinarlo economicamente, se ciò fosse accaduto, e la forte passione che provava per me.

In pratica, alla sua richiesta di separazione, la consorte gliel'aveva messa giù dura e, dato che era comproprietaria di tutti i beni, l'avrebbe di certo lasciato molto molto meno ricco di quello che era.

Questo lo scoprii solo con il tempo, mettendo insieme mezze parole che a volte gli sfuggivano. Ma la verità era che Rodolfo aveva scelto il suo capitale a me.

Ad agosto partì senza avermi avvertito che il giorno prima, con la moglie e la figlia ed il camper, quello stesso che mi aveva portato a vedere con grande orgoglio e nel quale avevamo fatto l'amore, sognando viaggi in Norvegia, in Canada e chissà dove. Viaggi densi di meraviglie ed amore.

Con quello stesso mezzo lui partì per la Francia, per portare la figlia a Disneyland, dicendomi di non chiamarlo e di non scrivergli per un mese. Al suo ritorno avremmo visto come si erano messe le cose.

Da giorni io non riuscivo più ad alzarmi dal letto. Non andavo più a lavorare. Tutto stava implodendo dentro di me.

Non era neppure per la mancanza di lui che soffrivo così tanto ma per l'atroce beffa che mi aveva fatto il destino: aveva riaperto il mio cuore, che io avevo chiuso per il troppo dolore della fine del matrimonio con Antonio, aveva permesso che quell'uomo riversasse in me una speranza di poter avere una vita diversa, una vita come avevo sempre sognato e poi, crudelmente, mi aveva strappato via tutto, senza che io avessi commesso nessuna colpa, senza che io avessi chiesto nulla.

Non ressi.

Non vedevo più nulla di positivo, davanti a me, tutto era perduto.

Presi una ingente dose di psicofarmaci.

Il mio secondo tentativo di suicidio, - dopo quello perpetrato quando avevo 12 anni, - al quale seguì un ricovero ospedaliero in psichiatria, nel quale tentai altre due volte, con uno specchio rotto ed una busta di plastica sfuggiti al controllo degli infermieri, di togliermi al vita.

Volevo morire, nient'altro.

Mi bombardarono talmente di psicofarmaci da ridurmi ad un vegetale, persino all'ncontinenzq.

Dopo un mese mi mandarono a casa qualche giorno, in attesa di trasferirmi in un'altra clinica.

Ero spacciata.

Un pomeriggio mia madre e mio fratello ebbero una fortissima lite con Betta e Gabriele, perchè volevano mandarli dal padre, assolutamente contro la loro volontà. Io non riuscivo neppure a parlare ma ascoltai tutto.

Dentro di me qualcosa scattò: non potevo permettere che i miei figli soffrissero così.

Decisi che dovevo reagire. Finsi per qualche giorno di prendere le medicine che mi venivano somministrate e che mi portavano via ogni parvenza di umanità, sputandole nella piantina che stava sul mio comodino, - che ovviamente morì in pochissimo tempo, - e, appena recuperai un barlume di coscienza e di controllo sulle mie capacità motorie e di espressione, telefonai ad una amica che mi venne a prendere e mi accompagnò da Francesco, il mio maestro.

Con il suo aiuto mi ripresi.

A ottobre già ero tornata al lavoro.

Avevo cambiato casa, dato che avevo lo sfratto per morosità, con l'aiuto di Antonio.

Avevo perso tutto: l'attività non era poi così solida, tutt'altro, dato che portava sulle spalle i disastri finanziari precedenti e così il mio fermarmi aveva fatto crollare tutto. Ero stata protestata, avevano sequestrato la merce, il furgone.

Mia madre e mio fratello, dicendomi che non erano d'accordo che io sospendessi le cure psichiatriche, mi tolsero ogni aiuto ed appoggio economico ed io reagii staccandomi totalmente da loro.

La vita era la mia: le cure psichiatriche mi avevano distrutto, non era un aiuto, quello, ma un tenermi schiava nelle loro terribili maglie. Sapevo bene quale sarebbe stato il mio futuro, tra cliniche e follie varie, e volli ribellarmi. Se i miei non capivano questo, non poteva esserci alcun dialogo tra di noi.

Quindi mi feci assumere in una fabbrica e ricominciai a vivere.

Dopo pochi mesi trovai il lavoro di vendita di ferramenta che ancora portavo avanti.

Ma quello che avevo vissuto mi aveva segnato profondamente.

Per mesi e mesi, vittima di una brama d'amore sempre insoddisfatto, mi concessi rapporti di sesso, per quietare almeno un poco quel dolore immane che mi gridava dentro.

Non trovai un altro modo per sopravvivere.

Dato che non ero riuscita a morire e dovevo andare avanti, a qualcosa avevo assoluta necessità di aggrapparmi. Non credevo più nell'amore e mi accontentai del surrogato sessuale.

Poi, l'ennesimo colpo di scena del mio destino: Chiara.

Amando lei si era riaperto tutto un capitolo del mio cuore chiuso e richiuso ma in tutta quella felicità regnava però sovrana una paura terribile, una endemica patologica insicurezza.

Avevo raccontato tutto questo alla mia amata e lei di certo aveva capito i miei problemi ma... ma era troppo giovane e la mia pressione davvero molto forte.......

 

22;57

A.: Non soffrire, non è colpa tua. Ricordalo sempre. Ti amo.

 

Scrissi quel messaggio a Chiara con l'intenzione di chiederle scusa del mio comportamento ossessivo che, mi rendevo conto con dolore, causava sofferenza in lei e la metteva chiaramente in difficoltà, poi presi una piccola quantità di ansiolitico per trovare un po' di pace ai miei pensieri impazziti e mi addormentai.

Non ce la facevo più ad aspettare.

Giorni e giorni che non dormivo, che alternavo grandi emozioni, ero sfinita.

Chiara era con Jenny, il pensiero mi torturava: sarebbe finita come con Rodolfo. Ed il mio cuore deflagrava.

Mi addormentai profondamente e non sentii arrivare i messaggi di Chiara.

23;16

C.: Dorme, la signora?

C.:Ma, non mi vuoi più sentire?

C.: Che significa?

C.: Seduta nel mio garage su una confezione di birra, al buio più totale, continuo a rileggere quelle tue parole così chiare ma incomprensibili. Per la mia anima così coinvolta e così sbalordita.

C.: Non soffrire, non è colpa tua. Ricordalo sempre. Ti amo.

C.: Leggi quello che mi scrivi?????

 

Finalmente i continui squilli del mio telefono mi destarono e chiamai Chiara.

Parlammo. Le spiegai il senso delle mie parole, il mio stato d'animo.

Ma lei non aveva finito il suo colloquio con Jenny, l'aveva solo interrotto perché l'altra aveva non ricordo più quale cosa da fare. Così tornò da lei in una condizione psicologica certo difficile ed emotivamente forte.

23;56

A.: Perdonami dell'involontaria sofferenza che ti ho causato ma ti prego, impara ad avere più fiducia in me e nel mio amore. È grande e forte e non ti tradirà mai. Ti aspetto...

Attesa

che si allarga

in centri concentrici

e si nutre

di sé come

di una cena

insperata

in un giorno

di fame.

Sospesa

come un ponte

di barche

tra due rive lontane.

Arriverai...

 

16 luglio – 01;36

A.: Dormi? Che lunga attesa.... Ti voglio.

 

01;50

A.: Chiara.... Chiara!?... Ma dove sei finita? Non vuoi tu, ora, parlare con me? Non farmi aspettare oltre...

 

02;05

A.: tristissima perché non mi chiami, mi rassegno a sentirti domani. Faccio mille congetture. Vorrei chiamare io ma non voglio svegliarti, se dormi. Buonanotte, amor mio. Ma come è duro finire una giornata così! Ti amo.

 

02;36

A.: So che stai parlando al telefono con lei. Ho provato a chiamare, non resistendo più, ed ho trovato il tuo telefono occupato. Quando hai finito, chiamami, ti prego.....

 

04;55

C.: Tesoro, scusami! Mi sono messa sul letto, ho pensato: per qualche minuto - attività abituale – e sono caduta in un sonno profondo! Mi sono svegliata ora, all'improvviso, in una folle astinenza di te!

 

E naturalmente, svegliata io pure dal suono ormai inatteso del suo messaggio, la chiamai.

Era l'alba e ancora parlavamo, raccontandoci quanto ci amavamo....

09;46

A.: Sei sveglia? Buongiorno, mio amore! Cos'è stato questa notte.... E quel sogno angosciante! Ma ancora più strano, quando finalmente mi hai scritto, quel trasalimento fisico come dopo uno spavento mortale. È proprio vero che ti amo!

Ho proprio bisogno di vederti. Scusami se insisto ma non posso assolutamente arrivare a domani sera senza te. Continua quella sensazione di essere malata. Forse è solo psicologica. Ma è così che mi sento.

 

10;34

C.: Buongiorno! Ho ancora tanto sonno... Ma chissà come mai!?! Vedo di riprendermi un po' e poi ci sentiamo? Oh, cos'è stato, questa notte! … Scusami ancora...

A.: Anch'io dormo ancora un po... Ti aspetto.

 

11;43

A.: Sono sveglia. Posso chiamarti?

 

11;53

C.: Buon risveglio, madame! Possiamo sentirci fra un quarto d'ora?

A.: Va bene, amore. Ancora quindici minuti di vita inutile...

 

12;08

A.: I never fall in love this way again.. ( Non ho mai amato in questo modo, prima ad ora... )

E' giusto perché è una bellissima canzone, che te la dedico, ma la frase esatta sarebbe: Amo te. Non ho mai amato prima e non amerò dopo te. E, senza te, non ci sarà nessun dopo...

 

12;22

A.: Lo voglio scrivere per il nostro libro quello che ti ho detto stanotte:

' Avrei bisogno di dieci anni di luna di miele con te! '

e, mentre ti salutavo, ho capito chiaramente cos'è questa cosa che mi sento dentro: tutta la mia inutile e triste vita senza di me e senza di te. Passata a lavorare come una matta. E i figli. E la casa. E quel gran vuoto dentro che niente e nessuno ha mai potuto riempire. E la sorda disperazione a farla da padrona su tutto. Ora, tutto sparito. Tu e solo tu. Il resto? Annientato! Quarantasette anni utili solo se li vedi come ricerca di te.... E' ben chiaro che non ce ne saranno altri quarantasette. Che è una piccola porzione di felicità quella che mi spetta nella mia vita e che mi sfugge velocemente tra le dita.. Ecco perché! Chiara, ti voglio!

 

13;34

C.: Ho voglia di stare con te.....

A.: Non sai quanta ne abbiaio... Avevo creduto tu fossi libera di parlare con me. Per questo ti ho chiamato. Mi sembra una vita che aspetto. Aspetterò ancora un po'...

C.: Ho voglia di stare con te...... No, non aspettare....

 

Finalmente al telefono, parliamo. Volevo vederla e le chiesi un incontro, ma lei era troppo piena di impegni... mi disse che non ce la faceva a trovare il tempo per noi... Doveva andare con Max a comprare del vestiario per lui, che sempre desiderava farlo sotto il suo diretto consiglio. Poi, tornata a casa, avrebbe dovuto uscire con la madre per acquistare il regalo per sua sorella che nei giorni successiva faceva il compleanno...

E la sera il lavoro e poi Jenny.

Inoltre era così stanca....

Ma io avevo assoluto bisogno di vederla, anche per poco...

 

A.: E se ci vedessimo dalle 16 alle 17;30? Dici a Max che devi tornare il prima possibile, che devi uscire con tua madre.

C.: Ma.... così, all'incastro... Vorrei stare con te senza dover pensare che dopo mezz'ora dobbiamo salutarci..

A.: Meglio di niente! Ti prego....

 

15;23

C.: Scusami, ma ho davanti Max e Leo... Stiamo discutendo. Che palle! Odio la gente che crea grossi problemi reali basandosi su futili notizie. La tua voce è sempre avvolgente.

A.: Ti amo. Quanta gente e quante cose ti tengono lontana da me! Forse non ho ancora meritato un posto nella tua vita. Ma io ora, dopo averti incontrato, mi sento smarrita e non so più come governare le mie ore improvvisamente insostenibili.

 

15; 42

A.: Ti prego, parla con me! Ho ancora in me la grande paura di stanotte. Ed ora il dolore di non vederti. Un altro giorno perso. Buttato via. Parlami, Chiara, consolami. Dimmi che morirò di piacere tra le tue braccia.

 

Il senso del tempo che fugge, della vita che finisce e di qualcosa tra le mani che è così prezioso che ogni minuto senza di esso sia un minuto gettato via, sprecato.

Credo che queste emozioni e sensazioni si possano incominciare a provare dopo una certa età e dopo tutta una serie di dolori, fallimenti, rinunce.

Certo le persone più giovani sentono le possibilità della loro vita infinite.

Poi, vi è un momento per tutti in cui si guarda indietro, poi avanti e poi di nuovo indietro e ci si accorge che la vita non è un contenitore senza fine, tutt'altro; piuttosto è una grande inesorabile clessidra che sfila i grani di sabbia attraverso il sottile pertugio della scelta, ma che è inesorabile nel togliere tutto ciò che è stato già vissuto.

Ogni momento che passa è un momento in meno che ci resta da vivere.

Questa è una legge ineluttabile.

Ma non tutti sembrano rendersene conto o tenerne conto nella gestione delle loro giornate.

Per me era così chiaro che, dopo tanto dolore, avevo fame di quella felicità e non volevo privarmene di neppure un secondo.

Chiara, invece, aveva una realtà talmente caotica e composita, con tanti di quei legami, cose da fare di adire, persone da vedere, che accadeva che il tempo, i giorni, le fuggivano via senza neppure rendersene conto.

Mentre i miei, lontano da lei, erano diventati così lenti da essere insostenibili.

A.: Ho telefonato a Roberta, la mia amica lesbica ma lei è troppo occupata per parlare con me. Adesso come faccio a far passare queste ore? Proverò a telefonare ad Arianna. Magari ha voglia di fare due chiacchiere.

 

16;52

C.: Chi è Arianna?

A.: Quella del tipo che non ho voluto incontrare. Sto andando da lei. Mi farà un po' di compagnia.

C.: Pensami con la follia e l'ubriachezza dell'amore e non con la sofferenza che incupisce ed intristisce il tuo dolce viso...

A.: Ti penserò con tutta la forza che il nostro amore troverà per sbattere fuori tutto il resto. È Jenny che mi avvelena il sangue. Capiscimi e scusami. Ti amo, mia sirena. Canta per me.

 

19;50

A.: Scusami queste ore di vuoto ma ho sempre parlato di te. Ti amo. Scusa la mia scorsa tristezza. Appena puoi, chiamami....

A.: Come mi piace intortare le cassiere... e.... lo sai? La mia amica ha proprio delle belle gambe.....

C.: Allora le gambe della tua amica sono così accoglienti? Sai, mentre avevi una visione così paradisiaca io pure ero intenta. La commessa del negozio nel quale ho comprato questa sera, una signora sui quaranta, molto appariscente....

 

20;12

A.: Sono a tavola con i miei figli. Scusami qualche minuto ancora.. Ti adoro. Ho un sacco di cose da dirti.

 

21;30

A.: Betta ha capito tutto.

 

21;54

A.: Ehi, piccola, sei così tanto indaffarata da non poter rispondere ai miei messaggi?

 

22;16

A.: Amore, giochi al gioco di ieri sera? Ma a me non piace!....

C.: Adesso ho un attimo di calma. Cosa significa che Betta sa tutto?

A.: Discorso lungo. Quando avrà un po' di tempo anche per me....

C.: Sigh.......

 

22;59

C.: Mi puoi telefonare?

A.: Piccola, scusami ma sto impazzendo, qui, lontana da te. Tutti posso stare con te fuorché io! Come devo fare? Mi sto consumando di amore e gelosia.

 

23;13

A.: Devo cercare di spiegarti. E magari di capire anche io stessa.

Perché, giuro su Dio, è completamente inedito quello che sto provando per te e così tremendo.

Ti ho detto una frase cattiva. Sgarbata, ingiusta.

Stavi lavorando.

È importante il lavoro. E devi essere seria sul lavoro, impegnarti, qualsiasi lavoro esso sia.

Perché è così che si fa.

E poi, io non ho mai reagito così. Ed è già la terza volta in pochi giorni che ti faccio soffrire gratuitamente, senza un motivo valido. E non ci sono poi assolutamente motivi al mondo che giustifichino il fatto che tu debba soffrire.

Ma, amore mio, mi viene fuori.

E mi aborro, per questo, mi odio e mi disprezzo. Mi faccio rabbia. Mi picchierei.

Leggere il tuo dispiacere sui tuoi messaggi mi accappona la pelle.

E mi saeto una merda.

Eppure.... perché sento questo senso di possesso nei tuoi confronti?

Prima, mentre non rispondevi ai miei messaggi e alle mie chiamate, avevo una visione di me che venivo lì, ti strattonavo contro di me e ti baciavo con violenza e rabbia sulla bocca, profondamente come vorrei e non posso fare, davanti a tutta quella gente, Max compreso. E poi ti portavo via con me, sbattendo forte la porta, per non farti tornare più lì dentro.

Questa è la gelosia? Il sentimento che non ho mai provato prima d'ora e che ritenevo così basso ed inutile? Sinonimo di mancanza di fiducia in se stessi?

Beh, ora la provo per te. Eccome.

E mi tortura, mi cambia. Così tanto da diventare sgarbata e trista.

E non è che io non mi fidi di te! Non è che io pensi che tu faccia chissà che cosa!

Io credo a tutto quello che mi dici. Io so che tu sei meravigliosamente sincera e chiara, come il tuo nome...

Non penso che tu mi tradisca, né che tu voglia farlo.

Solo, ti vorrei per me, sempre e solo per me.

Solo, mi sembra che gli sguardi dell'altra gente ti sporchino. Ti sciupino.

Che le parole di lei ti traggano in inganno. Forzino la tua innocenza.

Vedo che Jenny e Max tessono una rete di inganni e disonestà attorno a te, da tanto tempo, ormai e ti traggono a loro con falsità, per usarti a loro piacere.

Loro non ti amano. Non ti hanno mai amata un secondo.

Lui si fregia di te per dare una luce ai suoi occhi, vuoti di bellezza.

Lei si appoggia a te e sfoga su di te i suoi paranoici dolori, come tu fossi un punching – ball vivente.

Oh come li odio, li detesto. E li disprezzo.

Sono vecchi e non hanno rispetto per la tua vita. Così preziosa.

Così mi torturo tra me e me e solo adesso che scrivo queste parole chiarificatrici capisco quanto a fondo mi stringo.

Metti tutto questo sulla sifilide, sulla penicillina, sulla mancanza che sento di te, sulla passione che mi divora in brividi improvvisi e lunghissimi, sullo struggimento alla tua voce, alle tue parole, ai tuoi messaggi; sulla certezza che ormai la mia vita sia diventata troppo breve per quello che desidero; sulla certezza che finirà, che mi lascerai, ahimè, troppo presto; sul mio animo contorto e romantico ed ecco che viene fuori una situazione potente ed inedita.

Ecco perché sono quindici giorni che non dormo, che non mangio, che non ho pace.

E poi tu ti dai e ti neghi, ti accosti e ti ritrai.

Da ieri no, da ieri mi dici il tuo amore. Da ieri sento che tu, davvero..... ci credi.

Ma solo da ieri.

Ed io ho sofferto i tuoi – tu non vuoi che li chiami rifiuti - … ecco... le tue incertezze, come tante pugnalate del mio destino. Ingrato. Alle spalle. Nel punto più sensibile e vulnerabile.

Il resto va tutto bene.

Continuo ad essere fiera di me, della mia diversità. Del mio coraggio che rasenta la sfrontatezza.

E sono felice di vivere, per la prima volta sono felice di vivere.

Giro per le strade ed il mondo mi sembra di nuovo mio. Ancora mio. Finalmente mio.

Piccola, ho bisogno di sentire le tue mani su di me. Le tue labbra che mi cercano. I tuoi occhi che mi frugano.

Ho bisogno di vedere che mi ami, perché nessuno mi ha amato mai.

Ed io non ho mai amato nessuno.

 

 

 

 

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Commenti: 3
  • #1

    mikaela (giovedì, 07 giugno 2012 04:05)

    Ciao mia cara Ari! Ho pensato di leggere la storia tua e di Chiara solo per un pò e poi riprendere (hai scritto tanto ^_^)... e invece sono ancora qui. Tutto il racconto mi ha presa e leggo da circa 2 ore. Ora ho tanto in testa per quanto ho letto e commentare tanti punti sarebbe impossibile! Ma già leggerti è stato davvero bello ... e, in alcuni momenti della tua sofferenza (fisica e amorosa) è stato meno bello. Ti ho sempre detto che riesci a descrivere persino le emozioni, le passioni con toni così fluidi e delicati che mi sembra di essere lì mentre ne parli a me! Mi piaci perchè hai coraggio ... hai coraggio in tutto Ari! hai coraggio nell'affermare chi sei, hai il coraggio della verità, hai il coraggio delle idee, hai il coraggio di amare e soffrire. Insomma, sei vera! Ti mostri senza veli ... e non stendi mai "veli di misericordia" su te (anzi, credo che tu sia fin troppo critica verso te stessa). Ari cara, spero che ora (oggi) tu sia serena. Quando scrivevi in bacheca sapevo subito come stavi :-) Se e quando puoi scrivimi in privato. Vorrei solo sapere come va. Come sempre ti mando tantissimi bacetti e un mega abbraccio. A presto!!!!
    P.S. ho scoperto che non so ancora vedere le tue eventuali risposte qui nel sito :O))

  • #2

    ariannaamaducci (giovedì, 07 giugno 2012 22:24)

    cara mikaela!!
    vedi, mi hai scritto giusto giusto...mi sono appena connessa per la prima volta dal 31 di giugno, giorno della mia partenza per la Romagna, ed ho trovato il tuo messaggio..sto per pubblicare due nuovi capitoli di questa storia di chiara, in modo che chi mi attende abbia finalmente di nuovo qualcosa da leggere. li ho scritti oggi.poi farò una apparizione su fb per salutare tutti.

    sono serena, si.
    una serenità nata da tanto dolore, tantissimo.
    una serenità che si chiama fede.
    fede nella vita, che io sono troppo piccola per capire.
    fede nell'amore, che, evidentemente io non ho meritato.
    tu dici che sopo troppo impietosa contro me stessa.
    a cosa serve guardare e sottolineare gli errori degli altri?
    a migliorarmi, non di certo.
    io vorrei migliorare me stessa e, almeno una volta, giungere dove ero diretta nelle mie intenzioni.
    finora non è mai successo.

    mia cara amica, le risposte fatichi a trovarle perchè forse confondi le pagine nelle quali mi scrivi i tuoi commenti.
    puoi averli postati nella pagina generale COMMENTA oppure in quella specifica che stavi leggendo, come in questo caso. io ti rispondo sempre sotto ogni tuo scritto..ti metterò in messaggio privato questo link per aiutarti a capire meglio come funziona..
    ti abbraccio forte..sei una amica straordinaria.. grazie del tuo grande affetto che ricambio con tutto il cuore...

  • #3

    Terry (venerdì, 02 giugno 2017 06:31)

    ...Che storia........ Ma questa Chiara ora dov'e` finita? Vi sentite ancora?

    Terry

CARISSIMI AMICI

inserisco da oggi, 17 agosto 2017, il tasto per ricevere vostre donazioni...

 

finora non vi ho mai chiesto nulla..

ho messo qui le mie opere perchè fossero a vostra disposizione e l'ho fatto come scelta politica e personale..

ma la mia vita è diventata durissima...

Mia madre non mi aiuta più in maniera costante ma solo molto saltuariamente.

i miei figli non mi parlano quasi...

il denaro che il mio ex marito mi diede in fase di divorzio, nel 2013, che mi ha permesso di sopravvivere fino ad ora, è terminato...

ricevo mensilmente 800 euro dallo stato ma 500 se ne vanno per l'affitto e le spese di casa..

capite che quel che resta non basta neppure per il cibo mio, per Brugola e per Stellina

 

Non vi chiedo un ingresso obbligatorio, chi non può o non vuole, continui pura a fruire dei contenuti del mio sito in maniera gratuita...

 

 

 

ma 

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grazie, sinceramente

 

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